Quando leggerete queste poche righe, sarò in viaggio per il confine polacco, a Zosin. Ho accettato l’offerta di accompagnare una generosa coppia milanese: Simone Ferretti e Antonia Biscotti. Dopo essere andati a prendere un piccolo gruppo di profughe, aver accolto una madre e suo figlio a casa loro, non sono riusciti a fermarsi. E hanno organizzato un altro viaggio verso Zosin con il sostegno di imprese e di amici per andare a prendere altri profughi, coordinandosi con il Comune di Milano e la Caritas ortodossa ucraina.

Ho accolto il loro invito ad andare a Zosin perché mi sembrava giusto fare qualcosa di più. E di guardare con i miei occhi parte dell’esodo provocato dalla guerra che ha toccato le nostre vite. Ieri sera ero a teatro per svuotare la testa e quando si è aperto il sipario, sono suonate le sirene. Finte, ovviamente. Era un modo per ricordarci di chi fino a un mese fa andava a teatro e ora vive nei bunker.

Io e Simone ora sdrammatizziamo, ci chiediamo come faremo a fare un tragitto di 40 ore, con una sosta breve, e a sopravvivere. Ma siamo a un mese dall’inizio dell’invasione russa e sappiamo quanto forte sia la resistenza di un essere umano. Partiamo in 3 e torniamo in 52 da Zosin perché nelle persone ci sono più cose da ammirare che disprezzare. Ancora di più se scappano da una guerra e hanno bisogno di noi. Senza retorica (bellica), vi racconterò tutto nella prossima newsletter.

Un abbraccio a tutti

Cristina