Davanti al caos degli arrivi dei migranti a Lampedusa, 12mila in una sola settimana, la premier Giorgia Meloni sembra voler fare sul serio e dare una svolta ulteriormente securitaria per fermare un flusso che nessuno può fermare, ma semmai provare a governare. E punta sulle norme restrittive che sono destinate a fallire perché glielo ha detto pure il governatore Luca Zaia che i Cpr, i centri di permanenza e rimpatrio, sono fallaci oltre che insostenibili per via dei costi economici e sociali. Poi è andata a New York all’assemblea generale dell’Onu per dichiarare guerra ai trafficanti di esseri umani, ricorrendo allo stesso refrain usato da tutti i suoi predecessori. Fa sul serio? Sulla carta sì, anche se lo stile adottato dalla premier pare più sobrio rispetto a quello del leader della Lega che ha sempre puntato su gag piuttosto ridicole, sapendo che il lavoro sporco – quello di fare accordi con chi gestiva i trafficanti in Libia -, lo aveva già fatto l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti. Nel frattempo, i dieci punti della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, buttati lì durante una visita lampo con la premier a Lampedusa, non convincono nessuno perché sono dichiarazioni di intenti. E inoltre il nuovo Memorandum con la Tunisia è stato smentito da Josep Borrell, perché firmato senza il placet degli Stati membri e così il dittatore tunisino fa partire chiunque voglia con barchini e barche per ricattare tutti e prendere per i fondelli Italia ed Europa.

Morale: dopo trent’anni siamo sempre allo stesso punto. Le formule non cambiano, sebbene non funzionino. O meglio la Fortezza Europa alza nuovi muri che creano più allarmi e maggiore devianza ma non ferma gli arrivi. E allora la gara diventa di nuovo a chi la spara più grossa. Come ha fatto la senatrice Michaela Biancofiore che ha proposto un’isola artificiale nel Mediterraneo, confondendo l’idealista esperienza dell’Isola delle Rose con la politica australiana di respingimento sull’isola di Nauru. Ed è subito satira. O forse tragedia.

Insomma, nessun genio della politica nostrana ha una soluzione per governare i flussi. Infatti le quote regolari servono più che altro a sanare parzialmente la posizione dei lavoratori irregolari entrati in Italia, come abbiamo scritto più volte su NRW, perché nessuno ha il coraggio di superare la legge Bossi-Fini (col paradosso che persino Gianfranco Fini ha chiesto di abolirla) e in Europa non si riesce a riformare il trattato di Dublino, causa di attriti fra gli Stati membri. Ma la cosa più grave resta il piano di costruzione di nuovi Cpr con l’allungamento dei tempi di detenzione per chi dovrebbe essere espulso che Giorgia Meloni vorrebbe affidare al ministero della Difesa (aiuto!). Tutto questo per 127mila migranti arrivati da gennaio di cui solo una piccola parte vorrà restare in Italia perché anche i migranti sanno che, dopo aver attraversato il deserto e il Mediterraneo, non devono restare ostaggi nel limbo italiano se vogliono avere un futuro migliore. E intanto nel caos vanno a finire anche i minori, che invece di essere accolti e seguiti, finiscono in gabbia nei centri per adulti.

Mi pare più serio il lavoro già avviato da anni dalla Fondazione E4Impact presieduta da Letizia Moratti che, grazie a robuste partnership con aziende, enti religiosi, enti no profit e università, investe in diversi Paesi africani per formare mano d’opera e sviluppare economie locali. Anche in vista della crescita demografica in Africa: nel 2030 ci saranno 30 milioni di giovani che entreranno nel mercato del lavoro. Non sarà un Piano Mattei per l’Africa, tanto evocato dal Governo e persino da Mario Draghi, ma rappresenta una visione costruttiva e pragmatica per governare i flussi destinati a entrare nel cono d’ombra dell’irregolarità.