Avevo deciso di proporvi l’ammirevole e certosino lavoro di analisi del professor Paolo Bonetti sui programmi elettorali dei partiti dopo che l’Asgi aveva avuto l’ardire di lanciare l’appello alla politica, nella vana speranza di ottenere una riforma sulle politiche migratorie, asilo e cittadinanza. E invece poi mi sono detta “Ma perché???” Perché annoiarvi con delle promesse discutibili che tanto non verranno realizzate? Perché in questa ultima coda di un’estate afosa e scandita da una vacua campagna elettorale, dovrei sottoporre a una tortura immeritata proprio voi che non perdete una puntata della mia newsletter? (grazie!) E così ho deciso di raccontarvi una storia diversa. Una bella storia sulle nuove generazioni di expat italiani che mi ha ricordato in parte il romanzo premiato allo Strega, Spatriati, di Mario Desiati. Claudia ha esordito così sul blog dedicato appunto agli spatriati, anzi alle spatriate: le donne che emigrano dall’Italia. «I sardi si dividono in due categorie: quelli che non si sposterebbero mai e quelli che fin da piccoli sentono un bisogno quasi violento di scappare. Io facevo parte del secondo gruppo». Claudia però non è scappata. E smonta tutti gli stereotipi sui cervelli in fuga. Quando aveva 17 anni, ha seguito suo padre a Roma con la famiglia. Nella capitale si è iscritta alla facoltà di Architettura per studiare grafica e progettazione multimediale e nel frattempo viaggiava. Presa la laurea, capisce che non è per niente interessata all’architettura né alla grafica. Cinefila, si dedica al montaggio video, entra a Sky, lavora come video editor al TG per tre anni. Poi torna quel sentore di inquietudine che è intergenerazionale.

E quando le scade il contratto non si lamenta, non scrive ai giornali per dire che questo non è un Paese per giovani. No, pensa solo che è arrivato il suo momento per prendere il volo e fare un’esperienza all’estero

Esce il bando del progetto Leonardo, lo vince e va in Germania per un lavoro legato al montaggio video. Doveva restare tre mesi e invece rimane due anni, facendo svariati lavori come cameriera in un ristorante, al mercatino di Natale; la babysitter, l’operatrice di un call center. Una giovane che ha studiato il classico, si è laureata in architettura e a un certo punto sente quello scatto che si chiama ispirazione. Si iscrive a Dietistica, in Germania dove è l’unica straniera del corso. E non solo. Fa il duales studium, un tipo di studio che prevede si lavori e si studi contemporaneamente, il rimborso spese non basta e fa ancora la babysitter fra le altre cose.

Claudia, l’expat che nel 2018 trova il punto di svolta e torna in Italia

Nel 2018 arriva la svolta o, come lo chiama lei, il baratro. Improvvisamente le manca l’Italia da far male. E così, quando nella clinica oncologica le dicono: «Appena ti laurei, a novembre, c’è un contratto di due anni pronto per te», lei risponde «No grazie, io torno in Italia». E quando oggi le chiedono se le manca la Germania, lei replica “Mai”.

 

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Perché vi sto raccontando questa storia? Per diverse ragioni. Vorrei smontare gli stereotipi sugli expat, come abbiamo fatto sulle nuove generazioni con background migratorio e perché -fatte salve le differenze culturali che rappresentano sempre un patrimonio inestimabile-, anche Claudia merita di entrare nel nostro storytelling. Soprattutto in questa fase in cui le “seconde generazioni” sentono di essere davvero stufe di questa etichetta che le imprigiona nel tema migratorio mentre loro stanno contribuendo a costruire il futuro dell’Italia. E poi anche perché le “seconde generazioni” amano le contaminazioni culturali e non fanno mai domande sceme tipo “Da dove vieni? Ti senti più italiano o…”

Le migrazioni, certo. Continueremo a parlarvene. Il razzismo, assolutamente. Soprattutto se nei confronti degli afrodiscendenti. Lanceremo o aderiremo a campagne nella nuova fase politica che ci aspetta dopo il 25 settembre. La diversity leadership, ça va sans dire. Infatti il 28 ottobre saremo alla Confindustria di Vicenza per parlare di diversity nelle aziende. Ma secondo voi, Claudia non è stata una ragazza con background migratorio in Germania ?

Ha studiato il doppio dei tedeschi, ha sofferto, ha faticato, è stata sola in una stanza mille volte anche se non è nera e soprattutto ha avuto la fame necessaria che l’ha spinta a farcela, a giocarsela come fanno tanti italiani senza cittadinanza

Potete leggere tutta la sua storia nel blog Donne che migrano all’estero. Ho scelto appositamente lei che non ha vinto una medaglia d’oro perché trovo giusto raccontare le nuove generazioni per i loro molteplici talenti, non perché vanno bene per un titolo di un giornale mainstream.

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