Viva le donne che riescono a non dividersi anche sull’8 marzo. Viva le donne che invece di insultarsi sui social, si focalizzano sulla necessità di rafforzare strategie e visioni contro il patriarcato. Nulla di nuovo in un Paese che fa leva più sulla frustrazione che sulla propria forza e dove si sta alla finestra ad aspettare il prossimo, anzi la prossima che venga trascinata nella polvere. E non mi riferisco solo al dibattito idiota sull’influencer Chiara Ferragni che da icona del successo è stata trasformata in una nuova strega da mettere sul rogo con vile soddisfazione. Ora, le femministe si dividono su chi debba essere difesa e chi invece incarni lo stereotipo della colonialista (e chissenefrega se sia stata vittima di stupri di massa). Come se il corpo della donna potesse essere violato se israeliano e invece fosse sacro se vittima dei crimini di guerra dell’esercito israeliano. Come se il corpo della donna umiliato, torturato e stuprato in un carcere iraniano valesse meno di quello di una donna vittima del femminicidio in Europa.
Ho letto la polemica fra un’attivista colombiana che ha accusato l’associazione Non una di meno di averla censurata sulla drammatica vicenda delle donne palestinesi. Ho visto che la polemica è tracimata e le due fazioni si sono divise fra chi aveva il diritto ad essere più vittima rispetto all’altra e che alla fine le vittime più vittime sono quelle non europee, non bianche che possono accusare le privilegiate di essere eurocentriche. Vabbé.
E mi sono tristemente persa in una polemica che sembra dimenticare l’urgenza di un’alleanza internazionale, transculturale contro il patriarcato, in nome di tutte le donne. E mi sono molto rallegrata a vedere il filmato sulle scalatrici cholitas: indigene aymara che stanno cercando di sfondare il tetto di cristallo dell’Everest
Ho anche assistito per mesi all’indifferenza verso violenze barbariche contro le dissidenti iraniane in nome dell’antimperialismo occidentale che tifa per Putin e l’asse della resistenza guidata dall’Iran. E non si interroga su cosa facciano gli Houthi alle donne in Yemen perché se sono paladini della causa palestinese va tutto bene. Okkey.
Polemiche avvilenti perché non esistono donne di serie A e B, e neanche femministe che possano arrogarsi il diritto ad esserlo di più perché appartengono a delle minoranze. Dovrebbero invece esistere solo le ingiustizie che si consumano sul corpo delle donne ovunque, indipendentemente dal loro background. E bisognerebbe cambiare anche i termini perché le donne, per vincere la battaglia epocale contro il patriarcato, devono essere protagoniste, non vittime, e devono unirsi, invece di dividersi.
E per questo chiedo una standing ovation e una donazione per le scalatrici cholitas: indigene boliviane (aymaras) che stanno cercando di fare la storia, raggiungendo le vette dell’Everest per le loro sorelle, le montagne, la difesa della terra con tanti altri per e un solo contro: contro il maschilismo.
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