Editoriale NuoveRadici.world

Tutti insieme, ma per ora in ordine sparso. L’onda lunga emotiva per i ragazzini eroi che hanno aiutato i carabinieri a impedire la strage a San Donato ha risvegliato dal torpore molti gruppi e movimenti che vorrebbero riprovarci ad avere una legge sulla cittadinanza più congrua allo spirito dei tempi, anche se meno a quelli dell’attuale fase politica. E quindi su Facebook è nata l’idea di una manifestazione delle nuove generazioni che aspirano a far rinascere un dibattito sulla legge dello ius culturae/ius soli temperato mai approvata durante la legislatura guidata dal Partito democratico. Una manifestazione promossa dal gruppo NIBI: Neri italiani – Black italians e dalla Rete G2 per il 9 maggio a Roma. Per ora sui social poche adesioni e già alcune polemiche sull’invito ai due ragazzini-eroi, Rami e Adam, come testimonial. Per ora ognuno va in ordine sparso perché non esiste un partito che rappresenti le seconde generazioni, termine forse desueto poiché c’è chi è nato in Italia da figli immigrati, chi è arrivato fra i 6 e i 12 anni, chi prima, chi dopo e chi è già arrivato alla terza generazione. Tornando al tema, non si è capito ancora cosa vuole fare l’opposizione. Per ora si sono fatti sentire solo i comitati civici coordinati da Ivan Scalfarotto. Aderiranno a un’iniziativa nata da chi vive sulla propria pelle l’effetto dei paletti imposti dalla legge che rallenta l’acquisizione della cittadinanza? Andranno insieme, in ordine sparso? Sì, no, boh. Fatecelo sapere. Il combinato disposto dell’onda emotiva per la strage mancata e della crescita numerica dei figli dell’immigrazione impone di cambiare una legge pensata nel 1992, quando i figli degli immigrati rappresentavano il 2%. E infatti il protagonista del momento pare essere Stephen Ogongo, giornalista di stranieriinitalia.it che ha fondato il movimento politico Cara Italia, nella speranza di portare i nuovi italiani alle amministrative. Verrà riconosciuto come interlocutore rappresentativo dalle nuove generazioni? Sì, no, boh. Le associazioni di giovani attivisti con background migratorio che hanno fatto rete sono molte, ormai. Ed esiste un coordinamento delle giovani generazioni, ConGGI, che ne riunisce 31 e sta elaborando un proprio manifesto. Sono favorevoli alla marcia o preferiscono adottare un percorso più pragmatico per allargare la cittadinanza? Sì, no, probabile, stiamo a vedere. Quello che è certo, per ora è che i sondaggi sono tornati favorevoli allo ius soli. Dobbiamo crederci? Sì, no, poco. Dopo anni di realtà percepita, i sondaggi si sono trasformati in un termometro degli stati d’animo mutevoli degli italiani. Altrimenti non si spiegherebbe come mai siamo passati dai boati contro l’emergenza razzismo a un’improvvisa indulgenza sullo ius soli che, sebbene fosse temperato e vincolato a un percorso di integrazione, si è trasformato in una sola prima dell’arrivo della coalizione giallo-verde. Il premier Giuseppe Conte ha dichiarato che bisognerebbe riflettere, ma poi è stato smentito da Giggino. Ora, la massa critica ci sarebbe per una manifestazione che dimostri di avere un obiettivo comune: un milione di persone senza cittadinanza e una rete associativa molto estesa, motivata, dinamica. Chissà se questa volta la società civile — quella nuova nata nel terzo millennio e ignorata dai media delle nuove generazioni che ha una cifra più contemporanea e globale —  si metterà d’accordo con la politica tradizionale che può ascoltarla. Poiché al momento, sempre stando ai sondaggi, l’unico fronte su cui sembrano (quasi tutti) più compatti è quello dei porti chiusi. Anche se non sono chiusi, ma è come se.

Il messaggio di Mohamed Elsayed che a 22 anni è rimasto col cerino in mano, senza cittadinanza, a un passo del traguardo

Dopo aver avviato una campagna di sensibilizzazione sull’urgenza di riformare la legge sulla cittadinanza per i figli dell’immigrazione, ci ha scritto un ragazzo di 22 anni che aveva perso già un’occasione e ora ha visto la meta allontanarsi di nuovo a causa del decreto sicurezza.

Sono un ragazzo di 22 anni, nel 2002 (all’età di 5 anni) arrivo in italia con mia mamma (papà era in italia dai anni ’90), inizio il mio ciclo scolastico in Italia (a Milano), faccio le elementari, le medie e nel 2016 mi diplomo come geometra. Nel frattempo papà diventa italiano (2015) ma la legge Italiana permette di concedere la cittadinanza solo ai figli minori.

Dopo aver quindi aspettato ben 5 anni mi ritrovo escluso essendo ormai diciannovenne e quindi diventano cittadini italiani mio papà, mio fratello e mia sorella, ma non io. La delusione è tanta, vedo svanirmi il sogno di potermi sentire nel Paese che sento parte di me, in cui ho studiato, tifato e che amo, vedo i miei diritti calpestati, in altre parole mi sento (e lo sono) uno straniero dentro il mio Paese.

Metto da parte la delusione e nell’estate del 2017 dopo aver legalizzato i documenti necessari, presento la domanda con in testa che devo resistere solo altri due anni e coronerò il mio sogno, i mesi passano ed io ogni giorno come un bambino che sogna di diventare un calciatore, mi immagino il giorno del mio giuramento, in ogni minimo dettaglio e mi commuovo solo al pensarci. Passa un anno e ormai mancano solo 12 mesi ma succede l’impensabile, il Senato approva il ”decreto sicurezza” e i 12 mesi mancanti si trasformano in 36, a quel punto non c’è solo la delusione ma tanta rabbia per questo accanimento ed inizio a chiedermi: ma la mia italianità toglierebbe qualcosa a chi già lo è?

Qualcosa non torna nei sondaggi ora favorevoli allo ius soli?

Domanda da un milione di dollari: com’è possibile che per un sondaggio di AgenziaQuorum/Youtrend per Skytg24 il 62,8% degli italiani sia favorevole allo ius soli e per uno di Ipsos Italia per il Corriere della Sera il 61% gradisca o gradisca abbastanza la fermezza del Viminale? Ce lo spiega il nostro polemista Sindbad il Marinaio.

E in Europa? La normativa degli stati che hanno dato più cittadinanze negli ultimi 10 anni

Dal 2015 al 2017 (ultimo dato disponibile) l’Italia è stato il Paese europeo a dare un numero maggiore di cittadinanze ma, se si allarga la prospettiva agli ultimi dieci anni, sono quattro i Paesi ad averne concesse di più: Germania, Spagna, Francia e Regno Unito. Vitalba Azzollini ha analizzato le loro normative, confrontandole con quella italiana.

Massimo Carlotto: «L’unico aspetto positivo di questo periodo storico è che non è mai stato così semplice scegliere da che parte stare»

Secondo l’autore della saga dell’Alligatore, l’accoglienza è l’unica soluzione perché permette di controllare tensioni, emergenze e conflitti. Il problema è stato che in questi anni non si ha avuto la capacità di interpretare e analizzare i flussi migratori anche in termini di esportazioni di culture criminali, che vanno smantellate.

Maali Atila: «Ci definiscono immigrati di seconda generazione, ma io non sono emigrata da nessun Paese. Sono nata a Torino»

Maali Atila, 25 anni, torinese, genitori marocchini. Laureanda al Politecnico in Tecnologia e applicazioni nucleari. Musulmana, sta con un ragazzo cristiano. La sua storia è come una cartina di tornasole delle nuove generazioni difficili da catalogare.