Editoriale NuoveRadici.world

Time out. Dalla attualità della cronaca, i porti chiusi, le aggressioni verso gli stranieri, le polemiche politiche, gli haters sui social. E proviamo a fare i conti con l’integrazione. In senso letterale.

Leggendo i dati Istat sulle acquisizioni di cittadinanza dal 2013 al 2017, sono da tenere a mente i numeri dei nuovi italiani provenienti da Paesi non comunitari sotto i 19 anni. Nel 2013, sono stati 40 mila. L’anno successivo sono stati 49 mila, 66 mila nel 2015, 76 mila nel 2016, con un calo a 59 mila nel 2017. Tutti sotto i 19 anni. Perché fornirvi questi numeri? Perché restare umani sul salvataggio e accoglienza dei migranti è una questione etica, ma poi bisogna guardare anche in altre direzioni per interrogarsi sull’Italia che cambia.

Ed è importante sapere quanti sono i nuovi cittadini che crescono, si inseriscono nel tessuto sociale e produttivo con cui ancora non vogliamo fare i conti, lo ribadisco, perché è più facile pensare che ci rubino il lavoro o vengano mantenuti. Soprattutto dopo aver saputo che siamo di nuovo entrati in una fase di recessione economica. Sapete qual è l’altra fascia di età più rilevante che ha acquisito la cittadinanza dal 2013 al 2017? Quella fra i 30 e i 39 anni, che hanno già finito gli studi e sono entrati nel mercato del lavoro. Oltre 50 mila solo nel biennio 2016/2017.

NuoveRadici.World racconta spesso le storie delle nuove generazioni di italiani, ma è arrivata l’ora anche di fare i conti con chi lavora e soprattutto capire dove e con che ruoli. Secondo i dati dell’ultimo report della fondazione Leone Moressa sull’economia dell’integrazione, il 10,2% degli occupati sono immigrati e producono l’8,7% del Pil. È arrivata l’ora di capire quanto e come le aziende abbiano intuito la potenzialità di una parte consistente della popolazione attiva davanti a una popolazione che invecchia (nel 2050 gli anziani saranno oltre un terzo della popolazione, rammentiamolo).

Quindi ora la nostra indagine dovrebbe indirizzarsi verso quanto accade all’interno delle aziende per capire meglio come può essere valorizzata la curva crescente dei giovani e meno giovani che producono una parte rilevante del Pil. Inoltre, nonostante gli ostacoli per ottenere la cittadinanza, la fetta di popolazione che nel frattempo è uscita dalle scuole e dalle università è cresciuta ulteriormente. Non è ora di confrontarsi con le risorse umane, oltre che con i numeri freddi da usare per le polemiche politiche?

Perdute certezze

Non siamo noi a volerli mandare a casa, come vuole la narrazione  mainstream, ma loro (talvolta) a non volerci più. Con questo apparente paradosso si è conclusa la prima serie del podcast Radici di storielibere.fm. Chiamato così perché ispirato ai contenuti del sito che abbiamo avuto fino al 6 dicembre del 2018, poi diventato NuoveRadici.World. Il podcast ha raccontato sia l’esperienza del commissario Carlo Parini, che ha guidato per 12 anni una task force creata per affrontare gli sbarchi e fare indagini su scafisti e trafficanti, sia il nostro storytelling sui nuovi italiani.

Avete già dimenticato l’immagine del corpo  rovesciato sulla spiaggia di Alan Kurdi?

Alan Kurdi aveva 3 anni. L’immagine del suo corpo trovato sulla spiaggia di Bodrun nel 2015 divenne virale. E poi? Fausto Colombo, docente della Cattolica, ha scritto un libro sulla famiglia Kurdi e l’impatto che l’immagine ha avuto sui media e sulle nostre coscienze: Imago pietatis (edizioni Vita e Pensiero). Fabio Poletti lo ha intervistato.

Basta coi paragoni fra la Shoah e il dramma dei barconi (e non solo)

Davide Romano, scrittore e già assessore alla Cultura della comunità ebraica milanese, ha sentito l’urgenza di spiegare perché bisogna smettere di banalizzare la Shoah e di fare sillogismi col dramma dei migranti. E perché farlo significa non avere capito cosa sia stato il nazifascismo. Senza nulla togliere al dramma di chi cerca di arrivare in Europa dopo anni di sevizie in Libia. 

Calma e gesso. Proviamo a fare chiarezza su Castelnuovo di Porto?

Vitalba Azzollini è tornata sulla vicenda della chiusura del Cara di Castelnuovo di Porto per fare chiarezza e distinguere fra gli effetti del decreto sicurezza e la necessità di un nuovo modello di accoglienza.

Haliti: Quando sono arrivati 20 mila albanesi l’Italia non è affondata. Ci si può fermare davanti a 47 profughi su una nave?

Eusebio Haliti, campione di atletica, nel 2009 non ha voluto partecipare ai campionati del mondo perché non aveva la cittadinanza e voleva gareggiare come italiano. E nell’intervista a Marco Lussemburgo ha voluto esprimere la sua opinione sui porti chiusi ai migranti.