Radici questa settimana si occupa di minori non accompagnati. Una legge all’avanguardia è stata approvata un anno fa in Parlamento, ma deve essere applicata completamente. Cresce il numero dei tutor o dei progetti che li aiutano a integrarsi.

Dona a chi ami ali per volare, radici per tornare e motivi per rimanere

(Dalai Lama Tenzin Gyatso)

 

Amelia earhart 1937

Amelia Earhart, 1937. Wikimedia Commons

Dopo aver cominciato ad affrontare il tema, per noi cruciale, dell’istruzione delle seconde generazioni che hanno fretta di emergere e dei talenti da valorizzare, questa settimana facciamo un passo indietro. E ci occupiamo di minori. Perché se parliamo di integrazione, di inclusione, di eccellenze, non possiamo dimenticare quanto accade ai minori non accompagnati che, una volta usciti dai centri di accoglienza compiuta la maggiore età, rischiano di restare ai margini della società. Allo sbando, se non hanno la possibilità di essere affiancati da adulti e inseriti nei progetti di formazione o nei percorsi educativi che permettano loro di avere le stesse opportunità di quelli nati o cresciuti in Italia. Si tratta di una questione urgente da affrontare perché il binomio sicurezza e legalità è una garanzia per tutti. Il tema dei minori non accompagnati, in gergo tecnico msna (sono 18 mila), è stato oggetto di furiose polemiche fra i diversi schieramenti politici durante la campagna elettorale o nei periodi in cui gli sbarchi hanno raggiunto numeri record. Ed è vero che molti minorenni, una volta arrivati illegalmente in Italia, sono svaniti. E finiti per strada, sfruttati dal racket della droga e della prostituzione. Ed è anche vero che un Paese civile deve accogliere un numero di migranti che può permettersi di integrare, altrimenti i conflitti sociali (e i reati) aumentano. Davanti a questo tema complesso, ci vuole come sempre un approccio laico. Perciò Radici ha chiesto a Sandra Zampa, già parlamentare del Pd, oggi consulente del Cidu (Comitato interministeriale diritti umani) e prima firmataria della legge 47, la normativa più all’avanguardia in Europa sui minori non accompagnati che fornisce gli strumenti adeguati per superare l’approccio emergenziale, di scrivere una sua riflessione. Una riflessione pragmatica, empatica, istruttiva per capire una questione delicata su cui è calato il sipario, ma che ha innescato, era ora, un circuito virtuoso.

 

Never alone

Giulia Parini Bruno racconta il Progetto Ragazzi Harraga, coordinato dal Ciai, il Centro italiano aiuti all’infanzia, e realizzato da un’alleanza di partner locali e nazionali nell’ambito dell’iniziativa “Never Alone, per un domani possibile”, che coinvolgerà complessivamente 400 ragazzi una volta usciti dai centri di accoglienza. Verranno inseriti in un percorso di integrazione che si ispira al modello di accoglienza diffusa che si sta gradualmente affermando per sottrarre (almeno i minori) allo sterile dibattito sui migranti, considerati solo come una minaccia e/o una risorsa.

 

La storia di Gando, che tutti chiamano Gandolfo

Francesca Mineo, autrice del libro Adozione, una famiglia che nasce (edizioni San Paolo, 2018) ci racconta la storia di un giovane migrante, richiedente asilo, arrivato dalla Libia due anni fa, che è stato scelto per fare tirocinio in un hotel. Gando, originario della Guinea, parla poco del suo viaggio per approdare a Palermo e delle molte frontiere, fisiche e psicologiche, oltrepassate per arrivare in Italia e alla maggiore età. Con un lavoro e molti sogni nel cassetto. Un esempio dell’accoglienza diffusa che ha l’obiettivo di superare l’approccio emergenziale che ha fatto molti, troppi danni. Di minori non accompagnati si parlerà anche sabato prossimo in un’iniziativa organizzata all’interno della maratona di un mese Insieme senza muri dedicata all’integrazione, promossa dall’assessorato al Welfare del comune di Milano: “Da soli? Immagini, voci, riflessioni, testimonianze sui “Minori Stranieri Non Accompagnati” è il titolo dell’iniziativa che servirà a parlare anche di una carta Europea sui loro diritti.

 

E le minori diventate europee?

Anche loro vanno aiutate, soprattutto se vivono all’interno di comunità arroccate in una fortezza di dogmi religiosi e di tradizioni arcaiche. Dopo il caso di Sana Cheema, strangolata dal padre, e quello di Farah portata via da Verona, in Pakistan, e costretta ad abortire il figlio che aveva concepito con il suo fidanzato italiano, dall’Inghilterra arriva la notizia di una donna britannica di origine pachistana, condannata per aver costretto la figlia a un matrimonio combinato. La vicenda è stata raccontata sul Times, e viene da chiedersi quando e se mai accadrà anche in Italia, dove nessun tribunale ha mai sanzionato i genitori responsabili di aver costretto le proprie figlie a matrimoni combinati. Si tratta di un tema scabroso che non può essere ignorato.

 

Questionario-tormentone di Radici

Questa settimana, abbiamo interrogato un parlamentare di Fratelli d’Italia, Alessio Butti, già senatore del Pdl e membro della commissione Vigilanza sulla Rai. Ha risposto in modo un po’ provocatorio ma non ha barato sulle sue conoscenze, scarse, sul tema dell’integrazione. Morale: il tema urgente e dirimente della trasformazione sociale dovuta alla crescita esponenziale di nuovi italiani, tranne per alcune eccezioni, ai politici sembra sanscrito. Quindi il mio alter ego, Amelia Earhart, deve risalire sul suo aeroplano per continuare a volare più alto. Arduo, ma necessario.