Ci prendiamo una pausa di riflessione dalla battaglia politica. Mi ha molto colpito però l’immagine di copertina dello scorso numero di Internazionale. Quello sguardo duro e al contempo sofferente di un africano con alle spalle il mare. Anzi quasi immerso nel mare. Un’immagine, ormai diventata convenzionale, che stride col titolo sui miti da sfatare sull’immigrazione. Nei molti mesi passati nei porti siciliani, io ho visto migliaia di persone sbarcare. Stremati, ma quasi sempre sorridenti e grati perché erano salvi. A meno che fossero superstiti di un naufragio. E mi chiedo come mai vengono usate sempre le stesse immagini per parlare dei migranti. Se non sono tapini, sfigurati, vittime, arrabbiati, non vanno bene? Perché il topos deve essere sempre identico? Non siete stufi? Per fare informazione bisogna per forza spaventare o denunciare? E invece chi ha attraversato un deserto e poi in Italia ha trovato il riscatto non ci interessa?
Presto vi racconteremo una storia incredibile di sofferenza e successo che scardinerà tutti i vostri schemi e vi porterà a volare alto. Col cuore, ci auguriamo, se non in aeroplano, come la mia icona Amelia Earhart. Scrivo e ribadisco questo concetto fino alla noia perché la narrazione che scorre sugli schermi televisivi o sulle copertine dei giornali è molto diversa sia da quella fatta da migranti appena arrivati sia dai nuovi cittadini cresciuti in Italia. E nessuno riesce a riconoscersi in questa facile e dannosa narrazione, come emerge dalle storie che vi raccontiamo. Perciò Radici continua a gettare il cuore oltre l’ostacolo e scava sempre più a fondo, senza prendere scorciatoie.
La destra mi teme, la sinistra non mi capisce
Questa settimana infatti pubblichiamo la storia e la riflessione di Efrem Antoniazzi, un ragazzo di venticinque anni, adottato e quindi italianissimo che, avendo origini etiopi, subisce suo malgrado la diffusa ostilità verso chiunque abbia la pelle nera. Non usa mezzi pubblici per non essere associato ai migranti e da giovane imprenditore ci ha detto: «Mi infurio quando mi dicono ma tu sei bianco, pensando di farmi un complimento, ma mi rifiuto di chiamarlo razzismo, semmai si tratta ignoranza e frustrazione». Ci avevate pensato? Il clima di scontro e polarizzazione oggi ha messo nel calderone pure i ragazzi adottati. Non sottovalutiamolo.
Trump è feroce, ma facciamo un ripassino perché chi è senza peccato scagli la prima pietra
La foto virale della bambina ha messo a tappeto Donald Trump, che sta ripensando, pare, le politiche sulle espulsioni che dividono le famiglie. Negli ultimi due secoli vari presidenti, democratici e repubblicani senza troppe distinzioni, hanno firmato provvedimenti per bloccare le migrazioni di massa. Il progressista Barack Obama? Ne ha espulsi 2 milioni e mezzo. Hillary Clinton? Nel 2006 al Senato votò a favore per il muro di cemento sulla frontiera con il Messico. George Bush padre? Nel 1990 fu il primo a pensare a una barriera di contenimento. Vi siete dimenticati di Elián González, che aveva cinque anni il 25 novembre 1999 quando attraversò insieme alla madre su una zattera di balsa il tratto di mare tra Cuba e la Florida affondando poi al largo di Miami? Allora alla Casa Bianca c’era Bill Clinton. Senza contare che oggi negli Usa su 300 milioni di abitanti, 41 milioni sono immigrati e 11 milioni irregolari. Il nostro polemista Sindbad il Marinaio fa una panoramica a volo d’uccello per aiutarci ad andare oltre alle immagini polaroid.
L’accord parfait tra le influencer 2.G e l’attivismo contro la discriminazione
Se avete meno di trent’anni, forse i loro nomi non vi dicono nulla, ma Graceonyourdash, Bellamy e Tia Taylor sono influencer di seconda generazione. Fra trucchi e parrucchi, cosmetici e musica, alle centinaia di migliaia di follower parlano anche di immigrazione. Quando hanno realizzato che il mercato italiano non aveva pensato alle loro tonalità, si sono mosse aprendo canali YouTube e pagine Instagram per sensibilizzare le case cosmetiche sul tema. E seguono rotte diverse da quelle tracciate nel Mediterraneo. Ne scrive Elisabetta Franchi.
Questionario/Tormentone 7
Anche questa settimana, abbiamo trovato la nostra preda. Ignazio La Russa risponde al questionario sull’integrazione. Inizia più o meno bene, senza boutade. Ma poi inciampa sui peggiori clichè. Della serie egiziani tutti pizzaioli, filippini tutti domestici e ovviamente tutti gli irregolari delinquenti. Non alcuni, tutti. Che dire? Ormai abbiamo persino smesso di dare i voti, ma andiamo avanti.
Dona a chi ami ali per volare, radici per tornare e motivi per rimanere
(Dalai Lama Tenzin Gyatso)
Dona a chi ami ali per volare, radici per tornare e motivi per rimanere
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