Brevi cenni sulle cose infinite che non vorremmo più leggere (ed ascoltare) nel 2020. Per quanto ci riguarda, quello che non vogliamo più vedere, sentire o leggere in una società interculturale sono i monologhi, intesi come un’estensione degli slogan o, ancora peggio, del sentito dire. Nel 2019 c’è stata una vera e propria emergenza stereotipi.
Nell’anno che apre un nuovo decennio è ora di dire basta al vi-dico-io-come-stanno-le-cose. Nessuno ha mai la verità in tasca con V maiuscola. Ancora di più davanti a una società multiculturale che cresce ma viene raccontata a colpi di boutade.
L’idea mi è venuta in mente leggendo il saggio di un famoso sociologo che sull’immigrazione ha citato dati non aggiornati per dare fondamento alla propria tesi. Perciò, dopo un breve sondaggio interno alla redazione, ho fatto la sintesi dei nostri desiderata. Ne riporto solo otto perché non voglio stressarvi.
1. Quello che la redazione di NRW non vorrebbe più ascoltare nel 2020, ad esempio, è la retorica degli oppressi che ha rafforzato le contrapposizioni. Certo, ci sono i migranti che hanno vissuto in uno stato di schiavitù in Libia e i braccianti sfruttati, ma in Italia i residenti stranieri sono 6 milioni, in maggioranza ben radicati nella nostra società. Non sono ospiti: devono essere raccontati come protagonisti e non come vittime. Quando sento dire “poveretti”, mi saltano i nervi.
2. Vi sembrerà un’inezia ma non lo è. Come mai con un italiano si usa la forma di cortesia, mentre viene negata a chi ha origini straniere?
3. Quello che non vogliamo più leggere è che siamo tutti uguali. Non è vero, siamo tutti diversi. La diversità però presuppone un dialogo che cominci dalle stesse condizioni di opportunità perché quando inizia una maratona si parte dallo stesso punto di partenza e si cerca di arrivare allo stesso traguardo. E sono le capacità, la resistenza, il talento, l’allenamento, le condizioni fisiche a determinare chi vince.
4. In Italia ci sono circa due milioni di cittadini italiani figli di stranieri e di coppie miste. Anche i termini si devono adeguare ai mutamenti. Perciò definiamoli come sono realmente: cittadini italiani di origini straniere o con background migratorio. Quello che non vorremmo più leggere sui nuovi cittadini è la frase rituale “nigeriano o senegalese o latinoamericano (e così via) con cittadinanza italiana”.
È vero che sui social di una squadra un calciatore è stato definito italo-calabrese, ma questo episodio lo annovero nella casella strano ma vero e spero di dimenticarlo in fretta :_))
5. Quello che invece vorremmo ascoltare sono discorsi più informati e consapevoli da parte dei politici, a cui auguriamo nel 2020 di leggere più libri di quelli che scrivono.
6. Quello che non vorremmo più vedere è la strumentalizzazione della questione migratoria, da troppo tempo capro espiatorio dei guasti del nostro Paese.
7. Quello che non vorremmo più constatare è la diffusione del rozzismo: miscela di ignoranza e razzismo che istiga all’odio, ma al contempo vorremmo essere risparmiati da un eccesso di dosi di buonismo che non sa vedere le sfumature né interpretare i fatti.
8. Quello che non vorremmo più subire sono le fake news, che si moltiplicano grazie a un’informazione scorretta che non prevede verifiche e approfondimento.
Nel 2020 il nostro progetto pianterà tante altre nuove radici e vi auguriamo di farlo anche voi. Siamo tutti al punto di partenza, corriamo veloci ma senza paraocchi.
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