Li abbiamo incontrati, ascoltati, filmati. E ci hanno scritto storie che meritano di essere lette.

Dona a chi ami ali per volare, radici per tornare e motivi per rimanere

(Dalai Lama Tenzin Gyatso)

 

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Amelia Earhart. Wikimedia Commons/Library of Congress

A guardarli, mentre ci raccontavano le loro storie, gli studi universitari, i traguardi raggiunti con fatica, il supporto o le resistenze dei genitori, i sogni da realizzare, eravamo sbalordite. Perché affermare e ribadire che in Italia molti giovani immigrati di seconda generazione stanno correndo veloci e creando l’embrione di una futura classe dirigente resta un concetto un po’ astratto finché non lo si vede con i propri occhi. Perciò, quando domenica scorsa abbiamo incontrato un piccolo gruppo di laureati, membri di un’associazione studentesca, Moded (Mouvement des estudiants de la diaspora), ci siamo finalmente rese conto della portata del cambiamento sociale che Radici vuole raccontare. Ognuno di loro ci ha portato dritti dentro la trasformazione di una società multietnica, ma narrata purtroppo dai media a colpi di stereotipi. Tutti figli di operai, in qualche caso hanno dovuto combattere contro la resistenza delle famiglie e i pregiudizi dei coetanei senegalesi che li consideravano dei perditempo perché non si sono messi subito a lavorare. Ora sono destinati a diventare fisici, diplomatici, economisti, informatici, avvocati e magistrati. Sono ancora una minoranza all’interno della propria comunità, ma rappresentano un’avanguardia. E anche una visione concreta del nostro futuro. Si tratta di un primo esperimento in cui abbiamo voluto affrontare il tema dell’istruzione, intrecciando i loro racconti con dei video, girati da Andrea Micheli, in cui abbiamo chiesto loro di intervistarsi a vicenda, attraverso alcune parole chiave: successo, istruzione e luoghi dell’anima. Giudicherete voi se l’esperimento sia riuscito o meno, ma a noi è sembrato semplicemente fantastico.

 

Aminata Gueye, che vuole diventare magistrato

Aminata Gueye, 26 anni, nata in Brianza, si è laureata in Giurisprudenza all’università Bicocca nel luglio scorso e ora sta facendo un tirocinio con un magistrato al tribunale di Monza. Ha finito gli esami un anno prima di laurearsi: lei aveva fretta di concludere gli studi, ma il professore che la seguiva non aveva altrettanta premura. E così ha fatto una tesi di 400 pagine.

Chiamatemi solo Aicha, così la smettete di storpiare il mio nome

Mio padre mi ha sempre detto: «Se non studi e non permetti che i tuoi figli studino è come se tu non ti fossi mai pentito di non aver studiato». Questa frase, pronunciata da Aissata “Aicha” Niang, è la sintesi della filosofia di questi ragazzi di seconda generazione che hanno scelto una strada diversa dalla maggioranza dei loro coetanei, che invece hanno frequentato istituti tecnici per trovare un lavoro e contribuire al reddito familiare. Aissata Niang ha ventott’anni e da un villaggio del Senegal dove è nata è arrivata alla laurea in Mediazione linguistica e culturale all’università Bicocca.

Omar, il calciatore economista, che per non dimenticare l’italiano leggeva Topolino e Tex

Omar Sene, 26 anni, è nato a Milano, ma ha studiato un po’ ovunque. In Senegal, dove è stato riportato a 12 anni, si rifiutava di parlare francese perché voleva tornare in Italia. Anche se poi è andato in Inghilterra e ha giocato in una squadra di calcio finché sua madre lo ha obbligato ad andare all’università. Ora sta per finire un master in Cattolica e presto lavorerà in un’azienda veneta per occuparsi di export a Dubai.

Djimba Diouf: i genitori non hanno studiato, lui ha una doppia laurea

Djimba Diouf ha 26 anni, è nato in Senegal e vive a Bergamo. Suo padre lo ha costretto a lasciare il liceo scientifico per frequentare un istituto professionale turistico perché voleva che cominciasse a lavorare presto, ma lui è riuscito a (in)seguire le sue ambizioni. E ha studiato contemporaneamente in due università, a Bergamo e a Lione. Lavora nella cooperazione internazionale e sogna la carriera diplomatica. I suoi genitori, analfabeti, non sono mai andati a scuola. Nel 2013 si sono arresi davanti alla crisi economica e sono tornati in Senegal. Lui invece è rimasto e salta gli ostacoli. Chissà cosa penseranno ora di lui i suoi insegnanti che alle medie lo hanno inserito in una classe inferiore rispetto a quella che avrebbe dovuto frequentare perché, appena arrivato dal Senegal, non parlava quasi italiano.

Djibril Niang, il fisico secchione

Padre muratore, lui è un secchione e, alla Bicocca, il suo professore di Elettronica lo ha mandato a fare uno stage in Francia. Parla così veloce che la mente sembra faccia fatica ad acchiappare tutti i suoi pensieri. Per fare l’università, di notte lavorava. E sa già dove vuole essere fra 5 anni: a occuparsi di hardware design e ricerca in una delle società più all’avanguardia in Europa.

 

Il questionario di Radici sull’integrazione

Questa settimana, l’ingrato compito è toccato a Lia Quartapelle, deputata del Pd. Economista, ha lavorato come ricercatrice all’Ispi nel programma Africa. In parlamento si occupa di politica estera. E ha superato il nostro quiz. Lei è preparata sul tema dell’immigrazione e non l’abbiamo colta in fragrante a dire cose errate. Ma se pensate che così sia gioco facile, settimana prossima ricominciamo il tormentone con chi non ha studiato il compito a casa. Con chi? Sorpresa.