Il Natale si avvicina e ho una lieta novella da raccontarvi che mi permette di attraversare i confini, anzi gli oceani, e planare su San Paolo del Brasile, dove padre Júlio Lancellotti, l’incarnazione del bene, è stato premiato per i diritti umani. Un premio creato dalla città di San Paolo in memoria del cardinale Paulo Evaristo Arns. Sebbene padre Lancellotti sia concretamente e simbolicamente una spina nel fianco del Governo brasiliano. Mi auguro che questo riconoscimento lo metta al riparo dalle minacce di morte e dalle aggressioni che ha sempre subito, aumentate ora che a guidare il Paese c’è il teppista e negazionista Jair Bolsonaro mentre padre Lancellotti denuncia la catastrofe umanitaria a causa della pandemia. Questo premio mi scalda il cuore perché quando conobbi padre Júlio Lancellotti ero una giovane e incosciente cronista.
Era il dicembre del 1995 e lui, padre Júlio Lancellotti, definito un profeta dall’allora cardinale Paulo Evaristo Arns, per tutti divenne il Vescovo della strada. Gestiva una comunità per ragazzi di strada sieropositivi e ammalati di Aids, li sottraeva ai riformatori perennemente in fiamme, alle torture, alla morte nelle favelas. E li seppelliva con rabbia.
Ricordo ancora quel movimento inatteso del suo sguardo, il guizzo di gioia che si trasformava in ira e quegli occhi chiari che sapevano interpretare gli istanti che compongono la follia. Padre Júlio Lancellotti ha passato la vita a denunciare gli orrori degli squadroni della morte, a fare da scudo umano nelle sue lunghe marce nel centro della città a capo di un esercito di straccioni e banditi, senza mai giudicarli
Aveva giù subito un processo per aver accusato il capo della polizia di San Paolo di essere il mandante degli stermini dei meninos da rua, i bambini di strada. Ho passato molto tempo con lui, assorbendo come una spugna tutto il dolore che portava evangelicamente sulle spalle, lasciandomi trascinare nell’assillo che attraversava la sua fede. Cercandolo e perdendolo ogni volta, come succede quando si incontra, per fortuna o per caso, un profeta. E quando mi disse che ero finita nel mezzo di una guerra che non si poteva raccontare né vincere, decisi di scrivere la sua storia in un libro che si intitola, appunto, Il profeta della strada. Spiegare in un editoriale chi è padre Júlio Lancellotti, vicario episcopale della Pastorale dei senzatetto dell’Arcidiocesi di San Paolo, mi risulta complesso e un po’ doloroso. Ora che a 72 anni ha preso un premio, sapendo cosa ha passato, soprattutto in questi anni con l’arrivo di un governo reazionario, mi chiedo come abbia fatto a resistere se quando l’ho conosciuto nel quartiere di Belém era, come oggi, ritto come un fuso ma già piegato dalla troppa sofferenza che lo aveva attraversato. E, pensando al suo mistero, ricordo come mi trasmise la magia della strada, della penombra, in cui portava luce.
Angoscia e passione, eccitazione e paura. Con lui era sempre così, quando entrava in un riformatorio per far scendere giovani detenuti dai tetti durante una violenta rivolta e cercare di proteggerli
Dovevano passare molti anni per me, prima di conoscere quanto accade nei centri di detenzione in Libia o lungo la rotta balcanica. E guardavo estasiata padre Júlio con una croce nelle mani che riportava tutti i nomi dei martiri della strada. Dietro di lui, con lui, migliaia di piedi scalzi, corpi magri, occhi spalancati dalla droga e dalla paura in una megalopoli considerata all’avanguardia, la New York dell’America Latina. Oggi, quel prete che prese i voti in una favela ha ricevuto un premio per i diritti umani in una fase politica e sociale dilaniante per il Brasile. In un recente video su Istangram, dove è diventato influencer dei diritti umani, ha detto: «Prendo questo trofeo che porterò accanto alle tende del popolo della strada». Ora che la pandemia ha acuito povertà e violenza e il presidente Bolsonaro ha introdotto una norma per impedire che la polizia militare venga punita per le continue esecuzioni contro chiunque sia sospettato di violare la legge.
Il profeta della strada, come mi disse allora il cardinale Arns, non ha ancora mollato la presa. Come ha fatto? Se fossi religiosa, direi che è un mistero della fede e invece per me è solo il mistero di padre Júlio Lancellotti, 72 anni e una vita che si può forse solo tratteggiare.
Papa Francesco l’ha chiamato al telefono nell’ottobre scorso per esprimere la sua vicinanza alla popolazione brasiliana che vive senza una fissa dimora in questo periodo di pandemia. E di lui ha detto che ha bruciato la sua vita con i poveri
Torniamo all’anno funesto e bisesto del 2020. Oggi arriva il nuovo decreto immigrazione in Aula del Senato e doveva essere approvato con il voto di fiducia, ma come era prevedibile, mentre scriviamo si è scatenato il caos. Appena il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà ha tentato di pronunciare la formula per porre la fiducia sul decreto Immigrazione, sono partiti i cori da stadio delle opposizioni e diversi parlamentari del Carroccio si sono poi riversati sui banchi del Governo. La seduta è stata sospesa. E il tema migratorio resta quello che è: un nodo maledettamente intricato da risolvere. Il nuovo testo di legge è un compromesso all’interno della maggioranza, ma almeno ristabilisce e potenzia la protezione umanitaria abolita dai decreti sicurezza. Qui potete trovare la nostra analisi sul nuovo testo di legge, in attesa di capire quando verrà votato. Nel frattempo una rete di organizzazioni sempre più ampia si batte per impedire altre sevizie e respingimenti lungo la rotta balcanica. Per approfondire il tema potete guardare la diretta della conferenza organizzata da RiVolti ai Balcani e Altreconomie per capire quanto sia grave la situazione alle porte dell’Europa, fra la Croazia e la Bosnia, dove si annuncia una nuova catastrofe umanitaria. Ma il premio ricevuto da Júlio Lancellotti è una lieta novella. Arrivata dal Brasile che sotto la guida di Jair Bolsonaro è perennemente in fiamme.

Ma il 2020 è anche l’anno in cui sembra non si possa più fermare la diversity, almeno nella pubblicità. Il commento del nostro polemista Sindbad Il Marinaio Pubblicità: No diversity no party? Questa settimana NRW ha fatto anche una selezione dei film che trattano il tema del multiculturalismo per affrontare questo Natale irripetibile, si spera. Nella rubrica settimanale curata da Fabio Poletti, potete leggere il long read tratto da Non dire addio ai sogni di Gigi Riva: il calcio come nuovo oppio dei popoli fa presa anche tra i giovani migranti che guardano al futuro attraverso le parabole televisive. Mariarosa Porcelli, invece, ha recensito il Terraviva Film Festival che mette insieme i temi dell’inclusione, delle migrazioni e della sostenibilità ambientale. Si conclude il 20 dicembre e vi consigliamo di guardarlo. Fra le storie dei nuovi cittadini, c’è anche quella di Reina Gomez, originaria della Repubblica Dominicana, raccontata da Michela Fantozzi: Reina Gomez, da parrucchiera vagante a influencer, con un sogno per capello (afro).
ps. Il nostro giornale continua a fornire un’informazione gratuita e indipendente che vuole essere un vaccino, anch’esso necessario, all’irrazionalità della demagogia. Se ci apprezzate sosteneteci per aiutarci ad andare avanti.