Basta con le magliette rosse o le code per farsi i selfie con Salvini.

Thumbnail-by-url

Entrambe le posizioni ridicolizzano la complessità dei flussi dei migranti. Come spiega bene la lettera diventata virale nei giorni scorsi di un autore eritreo, Daniel Wedi Korbaria, che chiede aeroporti aperti ed è stato liquidato da alcuni attivisti come nostalgico del colonialismo fascista in Eritrea. Korbaria domanda agli occidentali come mai ci teniamo tanto alle navi negriere dei trafficanti, ai viaggi rischiosi, alla precarietà e allo sfruttamento dei migranti una volta accolti in Italia. La sua posizione fa riflettere, al netto di un’analisi un po’ grezza, sui limiti dell’accoglienza a prescindere, perché bisogna interrogarsi su cosa accade a molti migranti una volta sbarcati.

Anche se l’idea di delegare maggiormente il controllo degli attraversamenti del Mediterraneo alla Guardia costiera libica, che non ha gli strumenti per fermare gommoni (che fra l’altro spesso si sgonfiano a poche miglia dalle coste), non è sostenibile. Chi è rimasto intrappolato nell’infernale imbuto libico va aiutato, e chiedere aeroporti aperti può diventare una metafora per rivendicare la necessità di riaprire flussi regolari e ridurre quelli irregolari, che sono strutturali, certo, e c’entrano con la libertà della circolazione delle persone, ma possono essere governati in modo più efficace. (Ri)parliamone. Sui social, oltre a vedere l’amplificazione degli scontri a colpi di tuìt e di post, si può misurare anche l’insofferenza di molti afroitaliani che esigono di essere soggetto della narrazione mediatica e non più oggetto di una contesa strumentale fra maggioranza di governo e opposizione. Desiderano essere protagonisti ed è questo infatti l’impegno di Radici, che continua il suo viaggio fra i nuovi italiani.

 

L’odissea (professionale) di Cateluta Cuzuma che dopo due lauree è diventata sindacalista della Cisl

Cateluta Cuzuma, trentadue anni ad agosto, è di origine rumena. Dal 2007 ha fatto la spola fra l’Italia, dove ha fatto la cameriera e la donna delle pulizie, e la Romania, per laurearsi. Vive a Brescia, si è laureata nuovamente in Scienze giuridiche, è riuscita a diventare sindacalista della Cisl e a occuparsi nelle piccole aziende di lavoratori stranieri, che talvolta per inesperienza non sanno neanche leggere correttamente le voci in busta paga. Giulia Parini Bruno, dopo aver incontrato il medico originario del Burundi Polycarpe Majoro, racconta un’altra storia edificante. I sindacalisti con background migratorio in Italia vengono tirati in causa più che altro per sostenere o contrapporre una tesi, ma noi vogliamo raccontare le loro vite.

 

Passiamo la palla agli scrittori e cominciamo con il premio Strega Edoardo Albinati

«Se Dante riesci a leggerlo a slavi e africani e italiani in prigione, e la sua bellezza passa, riesce a passare, allora vuol dire che lo si può davvero leggere ovunque e a tutti!». Come si misurano gli intellettuali con il tema delle migrazioni? Fabio Poletti ha intervistato l’autore dello straordinario romanzo La scuola cattolica (Rizzoli, 2016). Ci racconta la sua esperienza di insegnante in carcere, a Rebibbia, riflette sulle migrazioni e torna sulla polemica suscitata dalle sue parole sui migranti intrappolati sulla nave Aquarius.

 

Gli immigrati e i nuovi italiani che lavorano. Un’analisi della giurista Vitalba Azzollini

La frase di Tito Boeri «gli immigrati pagano le pensioni agli italiani», un concetto che ha espresso anche in passato, mi era sembrata urticante. Una sorta di versione speculare di #primagliitaliani, che sembrava voler sottolineare che abbiamo bisogno di loro solo per ragioni economiche.

Vitalba Azzollini va oltre: parte dalle parole del presidente dell’Inps, per fare una riflessione, dati alla mano, sugli immigrati che lavorano e sulla necessità di una diversa narrazione. E sulla base di cifre certe, ipotizza di riaprire i flussi regolari, che possano contrastare quelli irregolari. Morale: aeroporti aperti. Perché i porti, al netto del controverso braccio di ferro fra il titolare del Viminale con l’Unione Europea (e ora anche con il ministro della Difesa) per arrivare a una maggiore condivisione dell’accoglienza e a un restringimento senza se e senza ma delle frontiere europee, hanno limitato gli accessi ma non sono chiusi.

 

Dona a chi ami ali per volare, radici per tornare e motivi per rimanere

(Dalai Lama Tenzin Gyatso)