Se avesse avuto di dire la sua sul mondo dello streaming, Lev Tolstoj avrebbe probabilmente decretato che nelle serie tv, tutti gli adolescenti felici si somigliano; ma ogni adolescente infelice è invece infelice a modo suo.

La quindicenne Devi Vishwakumar, protagonista di “Non ho mai…”, non fa eccezione. Cresce nella californiana San Fernando Valley, sta ancora elaborando la morte di suo padre, mentre cerca disperatamente la sua strada verso la popolarità (e la scuola dei suoi sogni, Princeton).

Ha ben due fidanzati, una coppia di amiche strampalate e sua madre che sta cercando di farla trasferire con lei in India

Non ho mai

Riparte da qui la seconda stagione della serie Netflix Never Have I Ever (in italiano “Non ho mai…”), che si apre con la stessa confusione con la quale non solo avevamo lasciato la giovane Devi (Maitreyi Ramakrishnan), ma anche sua madre Nalini (Poorna Jagannathan) e la cugina Kamala (Richa Moorjani). Questa volta lo show nato dalla prodigiosa Mindy Kaling entra però più in profondità, analizza le complicazioni di vita che avvolgono in particolare le protagoniste femminili indiano-americane e complica opportunamente la trama: Devi cerca di bilanciare la sua identità indiano-americana, Nalini perde i tratti di “mamma tigre” della prima serie per diventare una donna che cerca di ricostruirsi dopo un lutto, infine Kamala esce del ruolo di bella e nerd per affrontare una serie di problemi sul lavoro, pericolosamente vicini alle questioni di sessualizzazione della donna asiatica denunciati quest’anno dal movimento Stop Asian Hate. Qualche scivolone resta, e proprio nella direzione che sarebbe stato auspicabile non prendere (uno su tutti, Nalini che racconta di aver abbracciato uno sconosciuto venditore, una volta, in preda all’emozione di poter comprare una stampante rovinata con l’80% di sconto, a rimarcare il trito stereotipo delle madri indiane scarsamente empatiche e avare).

Stereotipi da abbattere

Cadute di stile a parte, “Non ho mai…” è godibile per un pubblico ampio, il che è di per sé un ottimo risultato visto che parliamo pur sempre di un prodotto dichiaratamente teen, che prosegue il suo lavoro di abbattimento di ruoli precostituiti sulle minoranze (l’amica attrice cinese-americana questa volta è alle prese con un manipolatore, il belloccio giappo-americano lavora sulla percezione che gli altri hanno di lui, l’altra amica afro-americana, nerd innamorata di una compagna di scuola, inizia l’esplorazione della cultura queer). Ciliegina sulla torta è la comparsa di Aneesa Qureshi, interpretata da Megan Suri, che porta in scena un personaggio dichiaratamente musulmano indiano.

Su tutti vince ovviamente Devi: antipatica, sboccata, egoista, confusa e sbruffona, è il ruolo sfaccettato che distrugge silenziosamente gli stereotipi, semplicemente permettendo al suo personaggio di essere completamente umano, portatore di una narrativa forse complicata, ma decisamente più realistica.

 

Credit: Netflix