Il primo gennaio esce il nuovo film di Checco Zalone. Si chiama Tolo Tolo e batte su un nervo scoperto della società italiana, quello dei migranti, ultimi tra gli ultimi.
Il trailer contiene la canzone Immigrato che ha già suscitato accese e inutili polemiche. Checco Zalone, cantante e protagonista della clip, affronta gli immigrati con cui siamo a contatto ogni giorno, nella realtà e in stereotipate fantasie. Dal nordafricano che chiede una moneta all’uscita del supermercato, che si offre di lavare il parabrezza delle nostre auto o che infiamma i sogni erotici delle italiane, eccitate dal fascino esotico dello straniero, da misurare in centimetri.
Il testo è banale. Una serie di luoghi comuni con cui conviviamo da anni: «Immigrato quanti spiccioli ti avrò già dato… immigrato mi prosciughi il fatturato». La musica è volutamente orecchiabile e l’interpretazione è quella che è. Per questa breve clip c’è chi ha accusato Checco Zalone di razzismo.
A sentirla bene la canzone è in realtà double face. Può essere ascoltata come la presa in giro di tutti gli stereotipi o l’inno all’italiano medio che su raffronta con fastidio davanti al migrante che chiede una moneta.
Ce ne sono ancora, ce ne saranno sempre. Ma, come raccontiamo da tempo qui a NRW, i migranti e i nuovi italiani sono il medico che ci cura in ospedale, il professionista che contribuisce alla crescita del Paese, il docente universitario che insegnando trasmette sapere e promuove cultura, l’artista che con la musica e la letteratura racconta di sé e di noi accorciando le distanze, l’imprenditore che crea la ricchezza che fa muovere il Paese.
E allora si capisce che Checco Zalone non è sicuramente razzista. Né il protagonista dell’integrazione sociale di cui abbiamo tutti bisogno. Checco Zalone è solo un imprenditore furbo, interessato al botteghino. Che mette in vendita la sua merce artistica che noi stessi gli abbiamo fornito.