Susanna Yu Bai ha trent’anni, è nata in Italia i suoi genitori sono arrivati dalla Cina negli anni 80. A quattordici anni al liceo frequenta un corso pomeridiano di fotografia, «il mio insegnante mi ha dato la possibilità, attraverso progetti fotografici di vedere un mondo diverso, un mondo fuori dalla quotidianità, viaggiavo attraverso le immagini. La macchina fotografica era diventata un mezzo per esplorare il mondo. Ricordo ancora con commozione quando andai con mio padre alla FNAC a comprare la mia prima macchina fotografica, costava tantissimo, ma fu un grande atto d’affetto», spiega a NRW. Per Susanna Yu Bai, il mondo delle immagini è da esplorare, così attraverso vari corsi di video social, documentario e produzione cinematografica e una laurea la Politecnico in Design della Comunicazione intraprende la sua vita professionale.
In questo ultimo anno ha lavorato alla realizzazione del documentario Cinesi in Italia, prodotto dall’Istituto Confucio dell’Università di Torino, che racconta la comunità cinese in Italia, di cui NRW ha parlato recentemente.«È stata una bella opportunità conoscere e rivedere la propria storia nelle storie di quelli che molti chiamano i miei connazionali», racconta Susanna. «L’ultimo progetto è stato il laboratorio “Se non so più chi sono” organizzato dall’associazione Docucity università Statale di Milano, un laboratorio al femminile, dove abbiamo poi realizzato un video racconto di queste donne di provenienza dal mondo; visibile sul canale youtube del Mudec, il Museo delle Culture di Milano. I progetti del futuro sono ancora in working progress, sicuramente qualcuno inerente alla Cina, se ci sarà la possibilità e l’opportunità, altri saranno diversi, l’anno nuovo è appena iniziato e dovremo vedere come andrà anche con l’emergenza sanitaria».
Ma il 2020 è stato anche l’anno del lockdown, che secondo Susanna Yu Bai è stato un tempo sospeso, ma anche una rincorsa all’aggiornamento tecnologico, in cui sono nate tante possibilità: «Ho potuto seguire festival cui non sarei riuscita ad andare, ascoltare testimonianze di persone che stanno dall’altra parte del globo, imparare ad utilizzare gli strumenti offerti dalla rete. Ho dovuto imparare anche a fare il mio lavoro da remoto registrando online e facendo consulenza. Le soluzioni sono diverse, dall’aggiornamento tecnologico alla formazione continua dei mezzi da remoto. Entrare in gruppi di lavoro in cui insieme agli altri trovare delle idee creative e usare questi mezzi che purtroppo per ora saranno la nostra quotidianità».
Ma la sua quotidianità è quella di ogni giovane donna che in Italia cerca di affermarsi sul lavoro: «Sicuramente ci sono stereotipi di genere, ma per fortuna piano piano li stiamo superando con la realizzazione di progetti al femminile. Il mio cruccio personale è che sembro giovane e quindi questa fanciullezza visiva mi fa apparire come inesperta o agli inizi del suo percorso lavorativo. Ma con professionalità e soprattutto ironia si supera ogni luogo comune».
Il 2021 cosa può portare alle giovani film maker? «Tante nuove sceneggiature che raccontino la realtà, che abbattano gli stereotipi di genere e culturali. Per fare un esempio, vorrei che il mio collega, l’attore Shi Yang Shi, non abbia sempre il ruolo dell’uomo di affari senza scrupoli, ma un ruolo che non sia ispirato a uno schema precostituito.
Si, questo nuovo anno deve darci nuove storie in cui riconoscerci e sperare.