È minuta e scattante, nella danza come nella conversazione. Suhaee Abro, 27enne nata a Karachi, è un nome molto noto in Pakistan ma sconosciuto nella piccola Lodi, alle porte di Milano, dove risiede da una manciata di settimane. Ballerina, volto di numerose serie tv, è stata protagonista nel 2017 di My Pure Land, drammone diretto dall’anglo-pakistano Sarmad Masud, candidato agli Oscar come miglior film straniero di quell’anno dal Regno Unito – primo e unico caso nel quale la nazione di Sua Maestà ha presentato una pellicola in lingua urdu agli Academy.

È stata spesso in Europa, ma questa volta è arrivata per rimanere. Perché l’Italia, perché ora?

«C’è una ragione particolare: ho un fidanzato. Stiamo insieme da tre anni e vivendo in due Paesi così lontani è stato difficile portare avanti la relazione. Ma abbiamo deciso di sposarci, e per il momento viviamo a Lodi».

In Italia pochi la conoscono, ma in Pakistan il suo nome è famoso. Ci racconta la sua storia?

«Partiamo dai miei genitori. Sia mia madre, Attiya Dawood, sia mio padre, Khuda Bux Abro, provengono dal ceto medio pakistano. Mio padre è un graphic designer molto noto, mia madre una importante poetessa femminista: veniva da un villaggio, amava scrivere ma certo non pensava di farne una professione. Fortunatamente si spostò in città, a Karachi, qualcuno notò i suoi scritti e diventò velocemente una scrittrice affermata. E incontrò mio padre».

Come si incontrarono?

Tramite amici comuni. Piuttosto tardi, per gli standard pachistani: mio padre aveva 31 anni, mia madre 30. Si piacevano, si frequentavano, e dopo appena due settimane lei disse: “Stiamo bene insieme, andiamo d’accordo, sposiamoci!”. Lui tentennò, avrebbe voluto conoscerla meglio: “Non ho tempo per queste cose!” ribatteva lei. E vinse. Si sposarono e nove mesi dopo nacque mia sorella, Soonha. Nel frattempo mia madre finì di studiare: era già famosa, ma voleva completare la sua educazione, quindi ottenne un master in letteratura.

Dev’essere stata una famiglia stimolante.

«La ricchezza della mia famiglia si riassumeva in una casetta piccola, ma colma di quadri, libri, musicassette. Ci hanno sempre portato al cinema, a teatro, a spettacoli musicali o di ballo».

E così ha scoperto la danza?

«Mia nonna sostiene che la prima volta che mi hanno vista ballare ero in culla, non sapevo ancora camminare ma sentendo una base musicale mi sono tirata su e, aggrappata al lettino, ho iniziato a muovermi a tempo. Da allora la musica ha fatto parte di me».

Quando ha iniziato a fare sul serio?

«Subito. Vicino a dove abitavo c’era una insegnante di danza abbastanza nota, ma ammetteva a lezione solo le bambine dagli otto anni in su. Ero disperata, continuavo a insistere con mia madre, che a sua volta continuava a insistere con lei. Glielo chiese quando avevo quattro, cinque, sei anni. Alla fine si arrese e mi ammise a lezione, avevo sette anni».

Da lì in poi, è stato più semplice?

Al contrario. La gente guardava male i miei genitori, perché mi lasciavano danzare. Era considerato qualcosa di “sbagliato”. Una volta mi infortunai durante una lezione e mi portarono dal medico il quale, scoperto che facevo danza, osò chiedere a mia madre come mai mi permettesse di diventare una prostituta.

Il Pakistan non è un Paese per donne, ci dice la cronaca. Non ha mai avuto problemi più grossi?

«Una volta da bambina sono stata molestata da un membro della compagnia, ma credo che l’essere stata educata dai miei genitori a parlare sempre apertamente mi abbia aiutata, in quella e in altre occasioni. Andai da mia madre e dalla mia insegnate di danza, lo fecero cacciare. Spesso in Pakistan noi donne non siamo credute, ma non mi sono mai lasciata intimidire e ho sempre avuto la mia famiglia dalla mia parte».

Come è diventata una star della televisione?

«A 12 anni ho iniziato a lavorare anche come attrice professionista, in shooting per documentari o video musicali. A 16 sono arrivate le parti più commerciali: ero sempre la giovane donna intelligente ma brutta, perché troppo scura, e per questo non abbastanza amata dalla sua famiglia. Non ne potevo più. In alternativa mi toccavano ruoli di donne ammaliatrici, che danzano per sedurre un uomo. Mi sono detta, io fatico tanto per portare avanti la carriera di ballerina e di attrice, e qui riduciamo il tutto a puro entertainment?»

Appunto, la danza. Quando è tornata in ballo?

«Se avessi iniziato in India o in Europa le cose sarebbe estate diverse. In Pakistan per una ballerina ci sono poche occasioni di crescere, di fare passi avanti, di formarsi – e per un artista viaggiare, muoversi è fondamentale. Nel 2014 feci un’audizione a Berlino ma venni scartata perché non avevo una formazione classica. Era frustrante. Come potevo avere una formazione senza l’opportunità di formarmi? Tuttavia durante l’audizione ci furono tre giorni di workshop: un’esperienza fondamentale. Volevo a tutti i costi tornare in Germania, ma il mio visto venne rigettato e caddi in una fase depressiva. Era il 2015».

Come ne è uscita?

«Prima il ruolo in My Pure Land (basato sulla storia versa di una giovane pakistana che, nel mezzo ad una disputa familiare, riuscì a difendere con la madre e la sorella la sua terra, contro 200 mercenari armati, nrd). Appena finito di girare, sono stata ammessa ad un training di balletto di due settimane a Torino, che poi sono diventati tre mesi, e ho finito per restare un anno. È stata un’esperienza che ha cambiato la mia vita, oltre che il mio stile di danza».

E ha trovato l’amore.

«Ho incontrato il mio fidanzato, Andrea, dopo poco essere arrivata in Italia».

In pochi anni l’Italia è cambiata molto. Nessuna esperienza negativa?

«Ho vissuto principalmente a Torino, ero focalizzata sulla danza e sempre attorniata dagli amici, dal mio fidanzato e dalla sua famiglia. Sono sempre stati protettivi e calorosi, anche perché non parlo quasi per niente l’italiano. Qualche volta ho l’impressione che le persone ci osservino con curiosità, lui così chiaro, io così scura. E qualche sguardo strano, al supermercato, me lo sono sentita addosso. Ma nulla di più. Ora però inizia la vita vera: voglio imparare alla svelta l’italiano, diventare indipendente, trovare un lavoro. Ci saranno delle sorprese, sicuramente anche non belle, ma sono pronta».