Mara Ndiaye, trentaseienne di Diourbel, senegalese, abita a Milano e lavora come videomaker e reporter, portando avanti la tv D24, una televisione online che trasmette in francese, wolof, italiano e inglese. Vive in Italia da 7 anni e quindi non ha ancora maturato il tempo di residenza necessario per chiedere la cittadinanza (per l’attuale legge italiana ci vogliono 10 anni). Anche se per lui sembra non essere un grosso problema: «Vado dove mi porta il mio lavoro».
Cosa l’ha portata in Italia?
«Forse il destino. Dapprima ho raggiunto mio fratello, che vive a Parigi da una ventina di anni, e ci sono stato per qualche mese. Poi sono andato a trovare mia sorella, in Sardegna. Dico il destino perché mentre ero lì, e stavo aspettando di capire quando tornare in Senegal insieme a lei, è arrivata la Sanatoria del luglio 2012, quindi sono rimasto».
Per quanto tempo ha vissuto in Sardegna?
«Sono stato a Sassari per 3 anni, poi per un anno a Padova. E dopo ho raggiunto un altro mio fratello ad Arezzo. Lì, grazie a mio fratello, ho conosciuto il direttore della televisione D24, Alioune Ndiaye. Mio fratello mi ha presentato a lui come una persona che lavorava nel campo della comunicazione, come reporter e videomaker. Era in cerca di quel tipo di figura. Così mi sono spostato a Milano, dove c’erano gli studi della televisione».
Dove ha lavorato come reporter?
«Quando me ne sono andato dal Senegal lavoravo come reporter per un giornale online: eravamo una redazione di cinque persone più il commerciale. Ero entrato come amministratore del sito, a Dakar avevo studiato informatica, però poi avevano bisogno di un fotoreporter. E siccome io già conoscevo molti artisti…».
E come mai conosceva molti artisti?
«Perché avevo collaborato con diversi rapper come tour manager, ho iniziato a farlo quando avevo diciassette anni. Anche nel 2014 ho lavorato all’uscita del disco di un musicista che sta a Bordeaux e fa reggae-dance, Boda Line. Ma, mentre studiavo per imparare la lingua, ho fatto di tutto, compreso lavorare nei campi e il lavapiatti. Per quanto invece riguardava il mio, di lavoro, a Sassari avevo conosciuto il fotografo Carlo Porcu. E con lui ho fatto dei corsi di approfondimento sulla fotografia e avevo anche iniziato a lavorare, prima di partire. Me ne sono andato perché, finita l’estate, il lavoro era poco».
Facciamo un veloce salto in avanti: cosa fa oggi?
«A un certo punto il direttore di D24 ha avuto l’idea di tornare in Senegal, per aprire un’altra tv. Sarà stato perché avrà visto quanto mi impegnavo, in ogni caso ha deciso di lasciarmi portare il progetto avanti con lo stesso nome e da allora è passato più di un anno: adesso è tutto sulle mie spalle. Lavoro anche con dei privati con la mia casa di produzione Diaryemou Records, per eventi o pubblicità o per la comunicazione aziendale. Per esempio, tra gli altri, collaboro con un’emittente locale di Brescia».
Era il suo obiettivo?
«Sì, quando facevo qualsiasi lavoro per mantenermi e quando non conoscevo ancora l’italiano – mentre adesso ho un B2 – mi dicevo che avrei dovuto ritrovare la mia strada. Poi capita ancora che qualcuno si stupisca che sia io a fare le riprese, a portare la videocamera e tutta la attrezzatura. Come quella giornalista che alla manifestazione del 25 aprile di un paio di anni fa mi aveva chiesto cosa ci facessi lì e se potesse farmi un paio di domande. Le ho chiesto se potevo fare altrettanto, ma lei si è girata senza rispondermi».