Come si chiama e quanti anni ha?
SYS: «Shi Yang Shi, 41».
AYCS: «Angelo Yezael Cruciani Shi, quasi 42 anni».

Si descriva in tre aggettivi.
SYS: «Complesso, generoso, conflittuale».
AYCS: «Coraggioso, creativo, generoso».

Descriva il suo lavoro, in una frase
SYS: «Sono un attore sinoitaliano che cerca in Italia di raccontare e raccontarsi, e si occupa di fare comunicare persone con idee diverse, oltre che lingue diverse, anche quando le posizioni possono essere opposte o inconciliabili».
AYCS: «Sono un creativo che cerca di dare spunti di riflessione positivi alle persone».

Dove ha vissuto negli ultimi 10 anni?
SYS: «Dal 2010 all’inizio del 2016 ho fatto avanti indietro da Prato per il progetto di teatro indipendente del Compost, ma la mia casa è sempre stata a Milano, dove attualmente risiedo».
AYCS: «A cavallo tra Milano e Shanghai».

Dove sta trascorrendo la quarantena?
SYS: «Qui a casa a Milano, in zona Lima, con mio marito Angelo, con Ghemon lo yorki, con Palla la gatta sfuggente – che lascia il pelo ovunque – e Natalie, la gatta che è onnipresente. C’è anche Bìju, la tartarughina di cui non sappiamo il sesso».
AYCS: «A Milano, in casa con mio marito e 4 animali».

Il Covid-19 ha fermato le aziende, ma non le menti: a quali progetti sta lavorando?
SYS: «È ancora top secret, posso dire solo che riguarda le dipendenze, quali lo scoprirete. Ed è la prima volta che qui in Italia in teatro si affronta questo tema. Ed è anche una prima volta che un sinoitaliano affronta tale tema pubblicamente. Una certezza: non vorrei essere più da solo in scena coi tanti personaggi. Spero sia un lavoro corale, che parli di noi e dei nostri comportamenti compulsivi in quell’angolo della nostra vita».
AYCS: «Il Covid-19 non ha fermato l’ufficio creativo che dirigo. Collegati 10 ore al giorno su Skype, abbiamo continuato a produrre e soprattutto a produrre dando più tempo alla qualità delle idee e delle scelte. Purtroppo sono saltati tutti i flashmob che avevo in programma per la primavera, ma sono pronti per essere realizzati non appena sarà possibile eliminare queste distanze forzate».

Allo specchio: quali sono i tre obiettivi che vuole raggiungere entro l’anno, nonostante il virus?
SYS: «Non ci avevo proprio pensato. Non ho neanche un obiettivo da raggiungere entro fine anno. Uno ne avrei da raggiungere entro la morte, ovvero morire sereno e senza rammarico, in qualsiasi momento ovviamente questa arrivi. Quindi, mi sento un po’ in ritardo. Se la domanda fosse “Quali sono i tre obiettivi che vuole raggiungere entro l’anno se dovesse morire il 31 dicembre” allora direi:

  1. Finire il testo e metterlo in scena con almeno una prima in teatro con persone a cui vorrei raccontare questa storia, conoscenti o sconosciuti;
  2. Arrivare a Lhasa al Potala Palace oppure al Tashilhunpo Monastery, ma poiché mentre lo scrivo mi sembra impossibile, sarebbe bellissimo soggiornare e pregare dentro l’Albagnano Healing Meditation Center sopra il lago Maggiore;
  3. Riuscire a salutare il maggior numero possibile delle persone a me più care, trasmettendo loro una certa dose di positività e serenità».

AYCS: «Presentare la nuova collezione a Parigi, firmare nuove collaborazioni con brand, un nuovo programma tv in America».

Questione di simboli: qual è l’immagine della ripartenza della sua attività, per lei?
SYS: «La svastica tibetana e l’immagine del mio guru spirituale Lama Gangchen. La svastica spaventa gli occidentali per ovvie ragioni ma all’origine era un simbolo di benessere e prosperità. Domani, 25 aprile, sarebbe la ricorrenza della prima settimana dalla data in cui Lama Gangchen ha lasciato il corpo. Stiamo pregando perché “quick return” e quindi torni presto con noi discepoli con la sua prossima reincarnazione. Un terzo simbolo legato ai primi due riguarda le foglioline di ravanello spuntate nel vaso sull’altarino in soggiorno: un simbolo di rinascita, per quanto fragile ma pieno di vitalità, che diventa poi alimento».
AYCS: «L’ Uomo vitruviano di Leonardo è l’immagine nelle mie speranze: un nuovo rinascimento che necessariamente deve ripartire».

Il mondo post-Coronavirus: qual è l’abitudine che, nel bene o nel male, dovremo dimenticare?
SYS: «Se è un’abitudine buona è meglio non dimenticarla, anzi, andrebbe coltivata. Tipo il dialogo coi familiari, quelli con cui ci siamo trovati a passare in quarantena più tempo. Dovremmo riuscire a non tornare al tran tran di tutti i giorni per dedicarci così poco tempo di qualità da passare tra di noi. Un’abitudine di cui volentieri farei a meno è il trinomio gelato-divano-Netflix».
AYCS: «Le abitudini sviluppate nei decenni passati: l’egoismo ed egocentrismo che imperano nei nostri stili di vita, la convinzione di essere proprietari del pianeta e della vita di tutto ciò che lo abita».

Parliamo di NRW: qual è la storia che l’ha colpita di più?
SYS: «In questo periodo di esplosione di infotainment cerco di documentarmi il giusto necessario. Il vostro sito richiede attenzione e amore per l’approfondimento e mi scuso se spesso lo metto tra i compiti da fare e confesso di non aver letto tutto tutto. Mi ricordo che però l’intervista di Boris Veliz mi ha colpito. Uno perché lui è bello. Due perché è un altro come me, mi sono riconosciuto in lui. Tre perché lo segnalerò all’amico colombiano in America, all’amica pugliese sposata con ecuadoriano e all’amico messicano maritato a Londra».
AYCS: «Ultimamente, l’articolo sull’Intelligenza culturale: essere chiusi in casa credo sia un ottima possibilità per aprire meglio le porte di mente, cuore e anima».