Diversity è diventata una parola di linguaggio comune. Di questi tempi magari si fa un po’ fatica a assimilarne il concetto. Diversity è parola che sa di appartenenza, di comunità, di origini e di gender. In questo Sotto gli alberi di Udala pubblicato dalle Edizioni e/o, Chinelo Okparanta affronta il tema della diversity su piani diversi, quello dell’Africa e della sua cultura ancestrale e quello delle rivendicazioni del mondo LGBTQ+ che vuole essere sempre più ascoltato. Chinelo Okparanta è una scrittrice nigeriano-americana. È nata a Port Harcourt, in Nigeria, nel 1981 dove è cresciuta fino ai 10 anni per emigrare poi negli Stati Uniti insieme alla sua famiglia. Ha studiato alla Pennsylvania State University e attualmente è professore associato di inglese e scrittura creativa alla Bucknell University, a Lewisburg. Ha esordito nel 2013 con la raccolta di racconti La felicità è come l’acqua pubblicato da Racconti Edizioni, a cui ha fatto seguito nel 2015 questo suo romanzo d’esordio, Sotto gli alberi di Udala. Nel 2017 la rivista Granta l’ha selezionata come una dei migliori 21 autori americani sotto i 40 anni. Nel 2014 ha ricevuto l’O. Henry Award ed è stata premiata due volte con il Lambda Literary Award. Sotto gli alberi di Udala è un romanzo sul desiderio, sull’identità di genere e sulle sofferenze per i diritti negati. Rimasta orfana di padre durante la guerra civile nigeriana, negli anni ‘60, la giovanissima Ijeoma viene affidata dalla madre a una coppia di amici di famiglia disposta a pagarle gli studi in cambio di una mano nei lavori domestici. Lontana dalla religiosissima madre, Ijeoma diventa adulta esplorando la propria identità sessuale e innamorandosi di una ragazza della sua età. In una Nigeria ancora più religiosa della madre, verrà separata dall’amata e indottrinata dalla madre, convinta che l’omosessualità sia di per sé sbagliata e un male da combattere. Anni dopo, nuovamente innamorata di una donna, Ijeoma verrà costretta a una nuova separazione e a mettere in piedi una parvenza di famiglia tradizionale sposando un amico d’infanzia che la ama e dando alla luce una bambina che più di ogni altra cosa la aiuterà a riprendere possesso della propria identità sessuale e a battersi per un futuro migliore per se stessa e per la figlia. Dalla sua pubblicazione negli Stati Uniti, Sotto gli alberi di Udala è entrato nel canone della letteratura LGBTQ+, mescolando la storia recente dell’Africa, e in particolare della Nigeria, coming of age e sessualità. Fabio Poletti Chinelo Okparanta Sotto gli alberi di Udala traduzione dall’inglese di Tiziana Lo Porto 2023 Edizioni e/o pagine 336 euro 18
Per gentile concessione dell’autrice Chinelo Okparanta e delle Edizioni e/o pubblichiamo un estratto dal libro Sotto gli alberi di Udala.
Dicono che il legno già toccato dal fuoco non sia difficile da incendiare. Avevamo finito la nostra cena, un po’ di garri e zuppa di verdure. Così eravamo uscite in cortile, sulla lastra di cemento a lato della baracca, per lavarci per la notte. Vicino al secchio, all’angolo della lastra di cemento, c’era uno sgabello che avevamo lasciato lì la mattina. Sullo sgabello c’erano il pettine che condividevamo, alcune forcine, la nostra crema per il corpo e un piccolo specchio. Ci eravamo appena asciugate con gli asciugamani quando Amina ha sollevato lo specchio. Gli asciugamani erano legati intorno al petto, coprendoci fino alle cosce. Si è chinata in modo che il suo viso si avvicinasse alla lampada a cherosene. I raggi le hanno illuminato il viso. Ha tirato le trecce sciolte sulla testa. «Ti sembrano a posto?» ha chiesto. Mi sono avvicinata e ho fatto scorrere le dita tra le trecce. Erano le trecce che le avevo intrecciato proprio quella mattina. Le ho preso il viso tra i palmi delle mani e ho finto di ispezionarle i capelli. Ho annuito e sorriso. Lei ha ricambiato il sorriso. C’erano i soliti rumori notturni: cavallette che saltellavano, lucciole che ronzavano, grilli che cantavano le loro canzoni, foglie che frusciavano nella brezza. Ho fatto scorrere le mani su e giù lungo le trecce di Amina, su e giù per le braccia. E Amina ha fatto lo stesso con me. Tornate nella baracca, i nostri asciugamani sono caduti a terra. Nella quasi oscurità, le nostre mani si sono mosse sui nostri corpi. Abbiamo racchiuso con le dita le curve della nostra carne, i solchi. Le nostre mani sembravano parlare al posto delle nostre voci. I nostri respiri si mescolavano ai suoni della notte. Alla fine le nostre labbra si sono incontrate. È stato l’inizio, i nostri corpi sono stati toccati dal fuoco della carne dell’una e dell’altra. Potremmo anche essere sposate» ha detto un giorno Amina. Dopo un istante ho avuto un pensiero. Ho chiesto, «Vuoi dire l’una con l’altra? O con altre persone?». Ha alzato gli occhi al cielo verso di me. «Certo che voglio dire l’una con l’altra. Voglio dire che sarebbe bello essere sposata con te». «Sarebbe bello anche essere sposata con te» ho detto. Silenzio. «Ma non è così che funziona il matrimonio, ecco» ho detto. «E comunque siamo ancora troppo giovani per sposarci». Altro silenzio. «Avevi mai baciato qualcuno prima?» ho chiesto. Lei ha scosso la testa. «No. Mai. Dove mai avrei potuto baciare qualcuno?» mi ha guardato scettica. «E tu? Avevi mai baciato qualcuno prima d’ora?». Continuavo a pensarci, ecco perché avevo tirato fuori l’argomento. Per tutto questo tempo mi aveva preoccupato, sentendolo un po’ come un tradimento. Forse mi avrebbe odiato per questo, per aver fatto questa cosa che avevamo fatto, questa cosa che doveva essere speciale e solo tra noi, con qualcun altro. Ma le dovevo la verità. Ho detto, «Qualcuno mi ha baciato una volta. Il mio migliore amico di Ojoto. Ma non è stato come con te». «Il tuo migliore amico?» ha chiesto. «Sì» ho detto. «Che razza di migliore amico è?». «Solo un amico» ho detto. «È successo solo una volta?». «È successo solo una volta». «Mi prometti che non è stato bello come con me?». Era una domanda buffa, la cui risposta era ovvia per me, così ho riso un po’. Poi, molto onestamente, ho detto, «Ti pro- metto che non è stato bello come con te». Dopo un po’ mi ha chiesto, «Come è esattamente baciare me?». Ci ho pensato. Come potevo descriverlo? Non riuscivo a pensare alle parole. Alla fine ho detto solo, «Eccitante, buono e come se tutto nel mondo fosse perfetto». Ha sorriso. «Ma forse eri troppo giovane per sentirlo con il tuo migliore amico» ha detto. «Forse» ho detto. «Pensi che avresti potuto sposarlo?». «No» ho detto. «Se comunque sono troppo giovane per sposarmi adesso, allora all’epoca ero davvero troppo giovane per farlo». «Non fai che dire che sei troppo giovane per sposarti» ha detto. «Lo penso davvero» ho risposto. © 2015, Chinelo Okparanta © 2023 by Edizioni e/o