Negli Anni Settanta, il Libano era la Svizzera del Medioriente, con la torre con l’orologio Rolex alto cinque metri davanti al Parlamento, le donne ingioiellate e rifatte sedute nei ristoranti all’aperto sulla Corniche. La guerra civile, oltre quattro milioni di profughi fuggiti dalla Siria, una crisi economica che ha pochi precedenti nell’area e non solo, hanno cancellato per sempre l’immagine di un Paese dorato, dove cristiano maroniti e musulmani un tempo vivevano in pace, fumando narghilè e bevendo gli ottimi chardonnay della valle della Bekaa. Quei profumi e quelle atmosfere, e tutto quello che sarebbe venuto dopo, rivivono nelle pagine de Il tumulto, scritto da Sélim Nassib e pubblicato dalle Edizioni e/o. Giornalista e scrittore tradotto in molte lingue, Selim Nassib e nato e cresciuto a Beirut in una famiglia ebraica di origine siriana. È stato inviato speciale del quotidiano francese Liberation durante la guerra del Libano. Oltre a Ti ho amata per la tua voce, sulla grande cantante egiziana Umm Kalthum, le Edizioni e/o hanno pubblicato anche il romanzo L’amante palestinese e i racconti Una sera qualsiasi a Beirut. Nel 2024, sempre per le Edizioni e/o, è uscito La ribelle di Gaza scritto insieme ad Asmaa Alghoul. La trama di questo suo ultimo libro segue passo a passo la vita di Youssef. Tra un padre che gioca a poker e una madre timida, Youssef vive a Beirut in un mondo impregnato di sensualità e mistero. Le melodie dell’ebraico che sente in casa si mischiano alle sonorità arabe della strada. La crisi di Suez e un’eco lontana, al centro dei suoi pensieri c’è il risveglio del sesso, il tumulto di paura e desiderio che sente crescere in se. Dieci anni dopo, nel maggio ‘68, si impegna in politica per conoscere ragazze, ma la Storia lo prende sul serio, Youssef si ritrova in prigione e scopre che una vera e propria guerra civile sta covando nelle viscere del Paese. Quando l’esercito israeliano invade il Libano per scacciarne i combattenti palestinesi, Youssef lascia Parigi, in cui è diventato giornalista, per tornare a Beirut e raccontare dall’interno l’assedio della sua citta. Tra le strade devastate e le case sventrate dalla guerra si riannodano i fili del suo destino. Canto d’amore per una citta mitica, Il tumulto descrive il miscuglio di tragico e picaresco che contrassegna uno degli ultimi grandi conflitti del ventesimo secolo. Fabio Poletti
Sélim Nassib
Il tumulto
traduzione dal francese di Alberto Bracci Testasecca
2024 Edizioni e/o
pagine 384 euro 19,50
Per gentile concessione dell’autore Sélim Nassib e dell’editore e/o pubblichiamo un estratto dal libro Il tumulto
Ho visto Jana per strada mentre andavo alla prima riunione del movimento femminista di Beirut. Era scesa da una vecchia Dodge americana guidata da un autista e camminava con un leccalecca in bocca. Camicetta castigata e gonna a pieghe: una ragazzina, avevo pensato. Non avevo la minima intenzione di seguirla, ma stava andando anche lei verso l’edificio in cui mi stavo dirigendo io, poi verso lo stesso appartamento del pianterreno. I capelli neri corti rivelavano una nuca struggente. Aveva bussato. Anne aveva aperto e ci aveva accolto come se fossimo insieme. Allora Jana si era voltata a guardarmi. Occhi neri che le divorano il viso, occhi immensi che mi cercano tipo vamp, in contrasto totale con il suo faccino quasi infantile, la sua aria sbarazzina, il suo nasino all’insù ravvivato da alcune lentiggini da una parte e dall’altra. Colpo al cuore.
Il movimento femminista era ovviamente un’idea di Rocco, non perché prima degli altri fosse stato sensibile alla condizione della donna, ma perché cercava di aggiungere al suo campo d’azione un nuovo bacino di reclutamento. Anne aveva raccontato una panzana alla madre, la casa era a nostra dispo- sizione per tutto il pomeriggio. Eccitati dal profumo di proibito leggermente erotico dell’incontro, una ventina di giovani tra ragazzi e ragazze aveva risposto all’appello. Seduti in cerchio su morbide poltrone Luigi XV, noi dell’organizzazione, lupi travestiti da pecore, tenevamo un basso profilo. Heiny, la nostra garante femminista dura e pura, avrebbe dovuto aprire il dibattito con un commento al Secondo sesso di Simone de Beauvoir, ma prima ci teneva a sottolineare di essere contraria alle riunioni miste che Rocco aveva invece voluto a tutti i costi, che interesse c’era sennò? Con un caffè in mano, Rocco aveva sostenuto che la stessa Simone de Beauvoir aveva scritto che l’emancipazione avrebbe avuto successo grazie alla volontà comune di uomini e donne. A quanto pare Heiny aveva perso in partenza, ma non me ne importava niente, affascinato com’ero dalla ragazza seduta di fronte a me. Le parole della Beauvoir svolazzavano come un rumore di fondo, la mia testa era altrove.
Uscendo dalla riunione Jana mi aveva chiesto con la massima naturalezza di accompagnarla a casa, il tipo di cose che non mi chiedono mai. Camminavamo quindi fianco a fianco, ma non sapevo assolutamente più cosa dirle. Era venuta in mio aiuto con molta semplicità. Sottovoce, come se facesse seguito a una vecchia conversazione, mi aveva raccontato di sé, di dove abitasse e di cosa facesse. Aveva vent’anni e studiava entomologia all’Università americana. Studiava cosa?
«Entomologia, una branca della biologia… In questo momento, per esempio, sto studiando la metamorfosi degli insetti».
Devo aver fatto una faccia strana, perché si è messa a ridere con quella sua risata sconvolgente che sentivo per la prima volta. L’argomento mi ha subito appassionato, vai a sapere perché, non tanto la metamorfosi quanto la sua origine. Non si è fatta pregare per darmi spiegazioni. La metamorfosi, ha detto, è una delle strategie di vita più diffuse tra gli animali, che non sarebbero mai sopravvissuti senza. Mi ha fatto l’esempio dei tisanuri (pesciolini d’argento), degli odonati (libellule) e degli ortotteri (grilli e cavallette). Non chiedevo tanto, ma per niente al mondo l’avrei interrotta. Ha continuato parlando degli anfibi, vertebrati dalla pelle nuda situati al crocevia tra l’habitat acquatico e quello terrestre, i primi a essersi davvero avventurati fuori dall’acqua… trecentocinquanta milioni di anni fa! Io avevo solo voglia di abbracciarla e baciarla.
Siamo arrivati ai piedi di casa sua senza che lei avesse smesso di parlare. Raccontare le aveva scaldato le guance, riprendeva fiato a ogni frase. Poi a un certo punto è stata colta da un dubbio.
«Ma… ti interessa veramente?».
Non ho avuto bisogno di risponderle, mi brillavano gli occhi.
«Se vuoi…» ha aggiunto un po’ esitante, «cioè, se hai tempo… puoi venire a trovarmi al laboratorio in cui lavoro… all’università… Vedrai, ti mostrerò tutto».
Il giorno dopo ho rifilato a Robert la riunione del cerchio d’avanguardia che dovevo presiedere e sono andato di corsa al mio appuntamento. L’Università americana è il paradiso, un campus di vari ettari che degrada dolcemente verso il mare, edifici in pietra bianca immersi in una vegetazione lussureg- giante, tutto pulito, tutto calmo, americano. Jana lavorava in un laboratorio composto da un’unica grande stanza buia tutta in lunghezza immersa in una luce azzurra prodotta da minuscole lampadine che illuminavano varie file di barattoli di vetro in cui strane creature sguazzavano nella formalina. Per me, il più bel luogo del mondo. E in quell’intima penombra percorsa da riflessi Jana ha perseverato con fervore nella mia istruzione. Eravamo soli. Mi ha parlato dell’incredibile numero di insetti che non esistono in nessun’altra parte del pianeta, solo nella zona di Biblo in cui è nata lei, trentacinque chilometri a nord di Beirut. Mi ha fatto vedere una pietra detta “ambra libanese” scoperta nella stessa area in cui era intrappolato un insetto risalente a centoventicinque milioni di anni prima… La ascoltavo a malapena.
A un certo punto mi è venuto un leggero capogiro, non sgradevole, ma che minacciava di farmi perdere conoscenza. Vedendomi pallido mi ha toccato la fronte con il palmo fresco.
Certe volte l’odore di formalina fa quest’effetto, ha detto, vieni, andiamo a prendere una boccata d’aria. Poco dopo cam- minavamo su un sentiero ombroso del campus con il Mediterraneo ai nostri piedi. Sole radioso, luce dorata e la mano di Jana che si posa delicatamente sulla mia spalla. Mi giro verso di lei. Ha fatto quel gesto per sostenermi o…? Ha gli occhi umidi e il respiro corto. Per un secondo mi vedo afferrarla alla vita e stringerla a me, vedo il suo corpo magnifico seguire senza resistere il movimento che gli imprimo e che ci trascina con naturalezza verso i cespugli, ma non ho fatto niente, perché tutto era soltanto illusione, il riflesso ingannevole di una bolla di sapone che sarebbe scoppiata se avessi allungato la mano per prenderla.
Titolo originale: Le tumulte
© Editions de l’Olivier, 2022
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