Il 24 gennaio è la Giornata internazionale degli Avvocati in pericolo. I legali di Ucraina e Russia, quel pericolo lo vivono due volte, come avvocati e come cittadini di due Paesi coinvolti in un conflitto che sembra non avere fine. Alcuni, ucraini soprattutto, hanno momentaneamente abbandonato la toga e il codice per mettersi una divisa e imbracciare il fucile. Altri, soprattutto in Russia, faticano a far rispettare i diritti civili, in un Paese dove Vladimir Putin regna col terrore. Le loro storie sono finite in questo libro pacifista, non c’è migliore parola per definirlo, scritto da Gennaro Grimolizzi, pubblicato da Guerini e Associati, dall’inequivocabile titolo Avvocati di guerra. Gennaro Grimolizzi, nato nel 1977, è un legale del Foro di Potenza e giornalista. Scrive su testate nazionali e riviste specializzate da oltre vent’anni. Collabora sin dalla sua fondazione con Il Dubbio, quotidiano dell’avvocatura italiana.
Nel volume che si legge come un romanzo, al centro ci sono i diritti – limitati, compressi, soppressi – degli avvocati ucraini e russi e la loro condizione di uomini e donne che vivono, nel ventunesimo secolo, la guerra nel cuore dell’Europa. Un conflitto armato che ripropone blocchi contrapposti. Come vivono questi avvocati che dovrebbero essere uniti e avere come unico obiettivo la difesa dei diritti? Il volume raccoglie le loro storie e le loro testimonianze. C’è la storia di Anna Kubarchuk, madre single impegnata sul fronte dei diritti umani e avvocata di uno studio di Kiev i cui uffici sono stati distrutti il 16 marzo 2022. «Vedere il nostri studio distrutto dagli effetti di un missile russo è stato scioccante. Ma finché il sistema giudiziario funziona, noi continuiamo a fare il nostro lavoro. Molti avvocati hanno fatto altre scelte, andando a sostenere le forze armate in prima linea. Alcune volte ho la sensazione che non tutti capiscano cosa sta succedendo nel mio Paese». Non dei missili per ora, ma della repressione russa, hanno paura i difensori che vivono sotto Putin. Racconta l’avvocato Vladimir Voronin: «Ogni giorno rischiamo di finire in carcere. Eppure il diritto a non combattere esiste. Chi come Navalny ha contestato il disegno putiniano è finito in carcere e colleziona condanne. La Russia non ha mai apprezzato i diritti umani. Non è un caso che la Russia non si attenga alle decisioni della Cedu, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Siamo ormai in caduta libera. La gente è scesa in piazza ma la repressione è stata durissima: almeno 1400 persone sono state subito arrestate». Se un giorno questa guerra dovesse finire, lo dovremo anche a loro, donne e uomini in toga, che credono nelle leggi e nella loro rigorosa applicazione, da qualunque parte del conflitto si trovino. Fabio Poletti
Gennaro Grimolizzi
Avvocati di guerra
Storie e testimonianze
da Ucraina e Russia
Guerini e Associati
pagine 184 euro 18,50
Per gentile concessione dell’autore Gennaro Grimolizzi e dell’editore Guerini e Associati pubblichiamo un estratto dal libro Avvocati di guerra
La storia di Alexei Baranovsky, legale con doppia cittadinanza (russa e ucraina), riflette la tensione che si vive con lo scoppio della guerra. Baranovsky è stato privato dello status di avvocato per aver criticato l’aggressione russa ai danni dell’Ucraina e per aver pubblicato alcuni articoli sull’esercito di Mosca. Un affronto intollerabile. Nell’ottobre 2022 l’avvocato Baranovsky ha subìto un provvedimento molto pesante che riguarda l’attività forense e quella giornalistica, svolte entrambe con impegno e passione.
Il professionista si trova in Ucraina e del suo caso si è interessato direttamente il ministero della Giustizia russo. Baranovsky è stato accusato di «sostenere idee contrarie ai princìpi base della professione forense e di un avvocato». La Commissione di qualificazione dell’Ordine di Mosca lo ha privato dello status di avvocato, muovendo nei suoi confronti accuse molto pesanti. Nel provvedimento di radiazione è stato scritto che «partecipa direttamente al conflitto contro le forze armate russe a sostegno delle formazioni nazionaliste ucraine». Alla gravità delle accuse nei confronti dell’avvocato-giornalista non corrispondono però contestazioni circostanziate. Alexei Baranovsky ha definito il provvedimento nei suoi confronti illegale, emesso con il solo intento di punire una persona libera.
Ma come è scattata la radiazione dall’Ordine degli avvocati? Tutto ha inizio nella primavera del 2022, alcune settimane dopo l’invasione dell’Ucraina, come racconta Lawyer Street, il giornale online indipendente degli avvocati russi, da sempre attivo nella difesa dei diritti umani. In una lettera firmata da un certo ‘Boris il Buono’, inviata alla Camera federale degli avvocati, Baranovsky viene descritto come un «soggetto pericoloso, schierato attivamente dalla parte del regime nazionalista di Kiev, impegnato a diffondere informazioni deliberatamente false sulle attività dell’esercito russo». In Russia sono di nuovo attivi e utili i delatori per individuare i nemici. Chi, invece, si schiera per esporre le proprie idee, difendendo anche il diritto degli altri a farlo, è considerato dal regime putiniano un pericolo.
Baranovsky non si meraviglia più di tanto per il provvedimento che lo ha riguardato. «Era atteso e prevedibile», mi ha riferito quando gli ho chiesto di raccontarmi le sue vicissitudini. Alexei non nasconde la delusione per la scarsa attenzione copia saggio dell’istituzione forense, allineatasi ormai alla politica. «L’avvocatura – evidenzia – era l’ultima istituzione indipendente della società civile in Russia, ma non esiste più. In Russia si è instaurato un regime che non ammette il dissenso. Il mio rimpianto è che i colleghi avvocati hanno sacrificato, senza combattere, l’indipendenza dell’avvocatura a favore di uno Stato fascista. Pertanto, sarà necessario creare in Russia una nuova avvocatura. Ripartire da zero dopo la rivoluzione. Di questa discutibile istituzione forense, che si è sottomessa al regime, non è rimasto più nulla. Penso che in futuro saremo impegnati nella costruzione di un nuovo Stato, perché il regime di Putin sarà distrutto da una rivoluzione».
Il diritto di difesa è stato ormai incatenato. «In Russia – sottolinea Baranovsky – non esiste da tempo ormai più la possibilità di difendere i diritti umani. Alcuni avvocati, miei degni colleghi, continuano a esercitare la professione legale semplicemente perché hanno bisogno di lavorare. Li comprendo bene. A volte è considerato un grande successo se il tuo cliente innocente è condannato non a quindici anni di prigione, ma a dieci, non a nove anni, ma a sette. Questa è, nella migliore delle ipotesi, una sorta di assistenza legale palliativa, ma non l’esercizio del diritto di difesa come esiste e come lo conosciamo nel resto del mondo. Questa situazione si viveva già prima dell’invasione dell’Ucraina, da almeno cinque anni. Con il totalitarismo e la dittatura militare abbiamo assistito alla formalizzazione della professione legale con funzione meramente decorativa».
Come tanti suoi connazionali, anche la vita di Alexei è cambiata. Scelte precise hanno connotato la sua nuova vita lontano dalla Russia. «Non mi hanno costretto ad andarmene – spiega –, ho deciso di andarmene volontariamente. Sono sposato con una donna ucraina e ho vissuto in entrambi i Paesi negli ultimi dieci anni, essendo abilitato a svolgere la profes- sione di avvocato sia in Russia che in Ucraina. In Russia ho assistito i prigionieri politici ucraini finiti nelle carceri di Putin. Nel febbraio 2022 mi trovavo per motivi di lavoro in Russia. Quando il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, iniziò a parlare ogni giorno di una possibile guerra, mi resi conto che la faccenda si faceva sempre più seria. Interruppi rapidamente il mio viaggio d’affari e tornai in Ucraina. Mi dissero che da un giorno all’altro la frontiera sul versante ucraino sarebbe stata chiusa e io sarei rimasto bloccato in Russia. Infatti, questo è proprio quello che è successo: sono entrato in Ucraina pochi giorni prima dell’invasione e il giorno dopo la frontiera è stata sbarrata. Pensai anche che se fosse iniziata una guerra su larga scala non sarei stato di alcuna utilità per la Russia».
In Ucraina la vita dell’avvocato Baranovsky ha preso un’altra direzione. Dallo studio legale e dalle aule del tribunale all’attività giornalistica. «Il primo mese – aggiunge – ho lavorato come fixer con diversi giornalisti stranieri. Ho contribuito a coprire le battaglie vicino a Kiev, poi mi sono unito alla difesa territoriale della capitale. Si tratta di un’unità di volontari che fa parte delle forze armate ucraine. Quando le truppe di Putin sono state sconfitte, ho lavorato come giornalista per diversi mesi. Ho avuto modo di documentare i crimini di guerra dell’esercito russo in vari territori, nelle regioni di Kiev, Donetsk, Kharkiv. Ora sono consulente per la comunicazione della Freedom of Russia Legion, un’unità armata di volontari russi che combatte per l’Ucraina contro l’esercito di Putin. Prendo parte anche ai lavori del parlamento russo ombra, il cosiddetto ‘Congresso dei deputati del popolo’, che si riunisce a Varsavia. Si tratta di deputati in esilio che hanno assunto una posizione anti-Putin e contro la guerra. Il parlamento ombra sta già lavorando alla legislazione della Russia dopo Putin. Quando ci sarà l’occasione, sono convinto che il regime di Putin verrà rovesciato. Il Congresso dei deputati del popolo sarà un parlamento di transizione fino allo svolgimento di nuove elezioni parlamentari libere».
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