Mi sono addormentato al cinema, mentre guardavo il film di Luca Pasquale Medici, alias Checco Zalone. Ci sono andato con il mio amico Lorenzo (il Lorenz da bravo giurista ha sempre un’opinione colta) ed entrambi ci siamo lamentati del biglietto a 9 euro del venerdì.

Ho dovuto dunque rivederlo. Per poter dare un giudizio completo e -soprattutto – tondo. Nonostante il dispendio di risorse, ho riso: trattandosi di un film comico è un grande obiettivo raggiunto.

L’ultima fatica del celebre comico parla di migrazione. Ma solo per convenienza. In queste ore Tolo tolo ha fatto molto parlare di sé per il numero di incassi e le critiche ricevute. Molti afroitaliani si sono sollevati in coro per la classica immagine, rappresentata volutamente in maniera banale, del nero o negro e per il ruolo cornice che hanno nel film.

Per questo forse fa ridere. Checco Zalone con un gran colpo di marketing, a partire dal trailer furbetto (con la canzone Immigrato), è riuscito a far parlare di sé e a riempire le sale.

La trama, le critiche

Il protagonista inventato dal Medici, Che Cozzalone (‘che tamarro’ in dialetto barese), è un imprenditore improvvisato, che si fa prestare i soldi per aprire un ristorante di dushe, per meglio dire sushi, a Spinazzola in Puglia. Il locale fallisce e obbliga il tamarro alla fuga in Africa, in un indefinito club vacanze, pieno di italiani. Dove, naturalmente, lavorano autoctoni. Anche se poi anche Che Cozzalone si trova a migrare verso l’Europa per via dei miliziani che attaccano il villaggio.

Le critiche non si sono risparmiate. Sui social ho visto un video in cui una ragazza sosteneva che non ci può essere un migrante appassionato di neorealismo italiano, riferendosi a uno dei compagni di viaggio di Che Cozzalone che attraversano il deserto e arrivano in Libia con lui. Affermando che il film fosse pro immigrazione.

In ciò sta la brillantezza di Zalone e del cosceneggiatore Virzì: aver sollevato critiche su temi che scaldano il pubblico. Com’è possibile che un migrante negro possa essere un intellettuale?

Senza fare troppi spoiler, si può dire che il prodotto di Zalone è un opera intelligente e coerente. Non lo paragonerei mai, come ho letto da qualche parte, a La vita è bella, sia per il genere cinematografico sia per la materia trattata. Il film però è denso di allusioni a questioni contemporanee, in particolare alla cronaca ed alla politica internazionale.

È la comicità a giustificare tutto. Anche i voluti e sottolineati stereotipi. È un film pop e si porta dentro tanto folklore. Becero… certo. Ma quello della maggioranza.

Il sogno d’amore di Checco

È un film che possono capire tutti, anche i bambini. Come la stizza del protagonista nei confronti dello stato italiano, ma soprattutto verso usi e costumi per lui alieni (quelli degli africani). O ancora: le frasi che Zalone rivolge inizialmente al bambino, trattandolo come un animale – a cui dà il nome del cane di Berlusconi – sembrano pensate per perculare gli italiani xenofobi che fanno spesso analogie fra i neri e gli animali e rispecchiare alcuni preconcetti del volgo. Infatti poi si ricrede (ma mai del tutto, dati gli strumenti culturali di cui è fornito), gli insegna a nuotare e lo porta sano e salvo in Italia.

Rappresenta atteggiamenti, comportamenti e simboli della nostra contemporaneità. Le immagini portano simboli che vediamo nei gesti e nelle parole dei personaggi. Simboli universali che riconosciamo e codifichiamo tutti. Ognuno a modo suo.

Soprattutto prevale la paura nelle parole del protagonista. La paura, sfaccettata nelle mille quotidianità dei diversi personaggi che, all’interno di un film caricaturale, mostrano una popolazione che guarda ad un fenomeno complesso senza riuscire a comprenderlo e quindi temendolo. Con la sensazione di fondo che i processi migratori di oggi si siano sviluppati apparentemente in poco tempo, comparendo quasi all’improvviso.

La verità è che i pomodori del foggiano c’erano anche negli anni Ottanta. Le fabbriche, il commercio e qualunque attività c’erano trentanni fa, e tanti di noi hanno avuto a che fare con migranti. Lo facciamo da lungo tempo. 

Oggi ci sembra di non capire come mai così tante persone vogliano tutte venire qui. E magari cambiarci la vita radicalmente, da un giorno all’altro. Il sogno d’amore di Che Cozzalone è mosso dalla paura. Lui, da maestro, ci scherza.  E chissà se questo ciarlare non ci risvegli (compreso il sottoscritto).

(Credit: nella foto, una scena del film)