Mario Giro
Global Africa. La nuova realtà delle migrazioni: il volto di un continente in movimento
(Guerini e Associati editore, 2019)
Il 65% della popolazione africana ha meno di 40 anni. Nell’area subsahariana i minori di 25 anni sono il 40%. Questi dati, raccolti dall’Onu, da soli raccontano perché un continente così giovane, ricco di risorse ma mal distribuite, non possa che mettersi in cammino verso il Nord del mondo, alla ricerca di migliori condizioni di vita. È un processo irrefrenabile, figlio della globalizzazione, su cui ha indagato Mario Giro, uno dei più importanti conoscitori italiani dell’Africa, formatosi con la Comunità di Sant’Egidio, già viceministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale nei governi guidati da Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. In Global Africa, Mario Giro racconta da assai vicino il Continente in movimento. C’è chi si sposta dalle campagne alla città, chi va nei Paesi vicini – e sono la maggioranza, altro che Europa “invasa”, secondo la narrazione più superficiale – e chi a rischio della vita si spinge fino in Occidente. Chiedergli di fermarsi non è impossibile, è inutile. Figli della globalizzazione, hanno imparato anche loro a ragionare come individui e non come collettività. L’accesso al benessere diventa allora diritto primario irrinunciabile. Come dice l’autore di questo libro nessun muro, nessun porto chiuso, nessuna frontiera potrà fermarli: «Andranno dove vogliono». Sapendolo, questo spostamento non ci coglierà impreparati. Fabio Poletti
Per gentile concessione dell’autore Mario Giro e dell’editore Guerini e associati pubblichiamo un estratto del libro Global Africa.
L’Africa è già cambiata e non ce ne siamo accorti: potrebbe essere il sunto di queste pagine che cercano di delineare alcune trasformazioni già avvenute. Obnubilati dalle migrazioni e dall’annunciata apocalisse demografica, gli europei guardano al continente nero come ad una minaccia per la loro tranquillità. Siamo pigramente abituati a guardare all’Africa attraverso dei binomi semplificati: guerra/pace, sviluppo/sottosviluppo, malattie/povertà, migranti/frontiere, ordine/ disordine e così via. Questo continente ci pare diverso dagli altri e «speciale», dando a tale termine un’accezione in genere negativa. Ma l’Africa non è aliena, lenta o «non ancora entrata nella storia»: reagisce come tutti alla globalizzazione e alle sue conseguenze e percorre già nuove strade, rispondendo a modo suo. L’Africa non aspetta nessuno: una rivoluzione dell’io ha trasformata e resa molto differente dall’immagine che ce ne siamo fatti. Certamente vi sono conflitti, pandemie e crisi. Tuttavia questo non spiega tutto. La stessa vicenda migratoria – che tanto angoscia gli europei – viene vissuta dai giovani africani in maniera insolita rispetto all’idea prevalente. Si tratta piuttosto di un’«avventura» nell’oceano globalizzato e burrascoso delle relazioni internazionali: pionieri di una nuova fase, i giovani africani cercano un posto nella globalizzazione spinti da un inatteso protagonismo.
A tale riguardo è necessario che l’Europa (il vicino geografico e storico più prossimo) riformi il suo pensiero e il suo linguaggio alla ricerca di un partenariato nuovo, meno dipendente da interessi immediati e più lungimirante.
L’Africa è da sempre una terra di movimenti e in movimento. Ora sta vivendo la globalizzazione con l’impeto di chi parte alla ricerca di nuove opportunità (vicine o lontane) e con un animo positivo, mentre all’opposto l’Europa e l’Occidente hanno uno sguardo pessimistico sul nuovo ciclo, almeno dalla crisi del 2007-2008. Ciò crea un paradosso che mette in crisi le nostre convinzioni e cioè che l’Africa sia inattiva e sempre in ritardo. I giovani africani (la maggioranza della popolazione) si muovono in maniera individualistica e indipendente e non escludono nessuna opzione. È avvenuta una rivoluzione antropologica che sta profondamente cambiando la famiglia tradizionale e le relazioni tra età: urbanizzazione, facilità di trasporto, mutamenti sociali provocano acute trasformazioni. Ciò riguarda il rapporto tra generazioni, ma anche fenomeni come la guerra e i conflitti, la reazione davanti alla politica, lo sviluppo, l’organizzazione della società civile, la percezione della democrazia, il senso dello Stato e la religione. Nel cuore di tale cambiamento d’epoca si affermano le figure ambigue di nuovi «profeti» che indicano una strada tra due mondi: il vecchio che muore e il prossimo che è già nato. Per costoro la risposta sostanzialmente risiede in una nuova coscienza di sé, individuale e collettiva allo stesso tempo, basata sull’autostima e sulla capacità di strappare una parte della nuova prosperità.
Infatti non tutto ciò che sta cambiando è positivo: molto avviene in maniera drastica e violenta, intriso di un’intensa predicazione dell’«avidità» che si accompagna alla globalizzazione ad ogni latitudine.
© 2019 Edizioni Angelo Guerini e Associati srl