Basta pronunciare la parola Bollywood, per evocare lustrini, balletti, estro ed eccentricità. Una trappola, rivestita di stravaganza: quel che in Italia è diventato il simbolo del cinema indiano, altro non è che il suo volto più commerciale e metropolitano (Bollywood deriva dall’incrocio del nome della città Bombay e Hollywood), frammento patinato di un’industria cinematografica variegata e prolifica quanto l’intero subcontinente.
Questo cerca di spiegare, da 20 anni a questa parte, Selvaggia Velo, che da altrettanti anni dirige River to River Florence Indian Film Festival, il principale appuntamento italiano dedicato alla cinematografia di qualità indiana, che quest’anno si terrà virtualmente tra il 3 e l’8 dicembre.
Innovazione e pandemia
Negli ultimi anni River to River, raccontando omosessualità e diritti delle donne, gap sociali e innovazioni tecnologiche, contadini e grandi manager, elezioni e movimenti sociali, ha svelato il cuore di una cultura spesso ridotta a mero regno di yoga e spezie, per approfondire un’attualità ben più complessa, che vede l’India moderna protagonista della geopolitica regionale, se non mondiale. Anche nel pieno della pandemia:
Quest’anno festeggiamo i nostri vent’anni e lo faremo online, una modalità che ci consentirà di allargare gli orizzonti del River to River e condividerlo con un pubblico ancora più ampio», spiega Selvaggia Velo
«Ovviamente il ‘calore della sala’ e il contatto diretto con le persone durante un festival resta per noi importante, per questo stiamo lavorando per celebrare questo traguardo con una 3 giorni di proiezioni e eventi speciali, al cinema La Compagnia di Firenze, appena sarà possibile assistere ad eventi in presenza».
Il programma
Lungometraggi, documentari, e cortometraggi in anteprima italiana ed europea, nel corso del festival, metteranno in scena storie di riscatto, rapporti con intelligenze artificiali e vicende sospese in realtà e ambientazioni inusuali e lontane nel tempo. Come nel film Cargo di Arati Kadav (sabato 5, ore 20.30), ambientato su un’astronave, che parla con grande ironia del tema della reincarnazione. Oppure le vite parallele di due sconosciuti che si incrociano durante i casting di un reality show in Without Strings di Atanu Ghosh (domenica 6, ore 20.30). Si parlerà di tabù sociali e differenze di casta nel delicato Sir – Cenerentola a Mumbai di Rohena Gera (venerdì 4, ore 22.00), mentre un assaggio di Bollywood arriva con la commedia romantica Manmarziyaan di Anurag Kashyap (sabato 5, ore 15.00) con protagonista la star Abhishek Bachchan, che nella vita reale è il marito dell’attrice ex miss Universo Aishwarya Rai ed è figlio di una delle più grandi star di Bollywood, Amitabh Bachchan – anch’esso ospite virtuale del festival, come del resto l’immortale Sandokan, Kabir Bedi, e la grande regista indo-canadese Deepa Mehta.
Dal Covid alle seconde generazioni
Numerosi i focus della rassegna, che arriverà sulle vaste montagne dell’Himalaya, in un remoto monastero di montagna, per consegnare una antica statua di bronzo di Buddha, protagonista del documentario Buddha of the Chadar di Sean Whitaker (domenica 6 dicembre alle ore 11.15). Sabato 5 dicembre alle ore 11.00 prevista invece la prima italiana del documentario The Geshema is Born di Malati Rao, lo straordinario percorso di Namdol Phuntsok, prima donna ad aver mai raggiunto il Geshema, il più alto grado della filosofia tibetana, che fino a quel momento era precluso alle donne. Ancora, venerdì 4 saranno trasmesse le due stagioni della fortunata serie Four more shots please!, considerato il Sex and the City indiano, che vede protagoniste quattro amiche di Mumbai, in grado di fornire uno spaccato reale della vita sfidante, ma anche mondana ed entusiasmante, della classe media che popola le metropoli indiane. Nuove tecnologie e relazioni di coppia sono al centro di The Newly Weds di Prataya Saha, (venerdì 4 alle 15.15). L’attualità di questo 2020 entra poi a gamba tesa in programma con il corto animato Photograph dell’illustratore indiano Ashutosh Pathak (giovedì 3 ore 22.30), che ci racconta l’India ai tempi del Covid. Non mancherà poi un focus che guarda ad una delle fette più appassionate del pubblico di questo festival, quello delle seconde generazioni: ed è proprio il ritorno alle sue origini che spinge Abu, protagonista di Berlin to Bombay, dei registi Marco Hülser e Daniel Popat (venerdì 4 dicembre, ore 16.00, quest’ultimo tedesco di seconda generazione), in viaggio dalla Germania verso Mumbai nella speranza di sfondare a Bollywood.
I grandi omaggi
Infine, i grandi omaggi, momenti apprezzati sia dalla comunità indiana in Italia, sia dal vasto pubblico di appassionati: ospite d’onore di questa edizione sarà la scrittrice e attivista Tara Gandhi Bhattacharjee, nipote del Mahatma Gandhi, nonché presidente del National Gandhi Museum: martedì 8 dicembre alle ore 12.00 prenderà virtualmente parte all’incontro Il khadi come tessuto simbolo dell’eleganza e dell’indipendenza indiana. In cartellone anche un omaggio al grandissimo Irrfan Khan (domenica 6 e lunedì 7 dicembre), recentemente scomparso, con una selezione di film che lo vedono protagonista, come lo straordinario Lunchbox o l’irresistibile commedia on the road Karwaan. Il suo volto caratteristico, che gli italiani hanno imparato a conosce in Vita di Pi o Jurassic Park, è l’emblema di un tentativo di uscire dagli schemi e dalle letture precostituite, che per anni hanno imbrigliato la cinematografia indiana e la sua lettura da parte del resto del mondo, come amava ricordare: «Il mio compito è solo uno: intrattenere, ma con sostanza».
Info
L’intero programma dei film è accessibile con un unico abbonamento da 9,90 euro su Mymovies.it L’apertura e la chiusura dell’evento, gli incontri live con i registi e gli ospiti – i River to River Chai Time – sono visibili gratuitamente sulla pagina Facebook e sul canale YouTube del Festival.
Foto: Ufficio Stampa River to River