Viaggio ancora. Non mi sono ancora stancato di farlo. Un po’ per imparare qualche cosa di questo mondo difficile. In gran parte perché mi ricorda l’infanzia.
A settembre ho comprato una macchina usata. A fine ottobre, ho preso un paio di settimane di ferie. Quel gran genio del mio amico me l’ha tagliandata (grazie Riadh). Volevo fare un viaggio con la mia compagna.
Le periferie francesi, da una finestra, sembrano tutte uguali. Un architetto mi direbbe che è riflesso del loro modo di ragionare. Appartamenti lo specchio gli uni degli altri. Così come la gente, che pare sempre di fretta. Come nelle nostre grandi città d’altronde. I francesi – un poco tamarri a Sud – mi fanno pensare a noi italiani, sempre più provinciali.
Siamo andati a vedere il meridione della Francia, obiettivo lo Chateau d’If. Per vedere dal vivo il castello che ha ispirato la favola del Montecristo. Nonostante si tratti quest’ultima di un romanzo inventato, il castello è realtà e fu una fortezza ed una prigione.
Dall’isola dove sta il forte, la vista è splendida: un mare scuro. Attorno ha queste poche isole che paiono appoggiate lì, quasi per caso. Alle spalle a nord, Marsiglia – presidiata da Nostra Signora della Guardia – imponente. I palazzi razionali, quasi mostruosi. Enormi termitai costruiti sulla costa. Una città che sembra contenere tanta gente. Il meridione francese, che al contrario del nostro, è quello più sviluppato dal punto di vista economico. Tuttavia, confina con il nostro settentrione: allora tutto torna.
Però, dallo Chateau, guardare a sud è molto meglio.
Non ho trovato nessuno con cui parlare in arabo. I vari Azeddine e Yamine lo capivano (forse), ma non sapevano rispondermi. Con il loro bel accento francese masticato, sur mer come le città dove abitano. Mi parevano azzerati.
Ricordo bene i viaggi da bambino con mio padre, in Francia. Dove più che andare a Marseille sembrava andassimo ad Algeri. È ancora così, dirà qualcuno. Qualcun altro dice che oramai non ci sente più a casa in Europa. Che siamo circondati. Ma i Cro-Magnon sono in Europa da sempre.
Qui le periferie sono uno stile di vita, un meticcio incontrollabile. Usi e costumi a tratti sono fotocopie di quelli aldilà del mare. Oriente ed Occidente sembrano lo stesso essere. Giovani che hanno codificato la realtà nella stessa maniera. Con una fame insaziabile. In preda alle velleità del capitalismo; sistema che non comprendono e rischia di distruggerli.
Parlando invece delle nostre periferie? Strisce Adidas e TMax sembrano rispettivamente divise e mezzi di trasporto preferiti. Questo sognano gli adolescenti oggi, attraverso le canzoni che sono sempre più egemoni in tutta Europa.
Tutti sembrano avere le chiavi per affrontare le piccole giungle urbane del vecchio continente. Le nostre periferie, costruite da mani meridionali, mentre i settentrionali spesso erano in Francia a costruire gli agglomerati periferici nordeuropei.
Da Marsiglia a Bologna
Tornato nel centro di Bologna, vado in giro per i vecchi mercati della mia città. Osservo le botteghe antiche e “rimodernizzate”. Abitate spesso da persone che non riescono più a lavorare. Anziani che vedono la loro città ed il loro Paese cambiare radicalmente. Nei costumi, nelle televisioni, nei gesti. Alcuni con il cambiamento non hanno un bel rapporto. Hanno paura. Sentimento perfettamente umano. Ed è normale che questa paura diventi odio.
Queste persone abitano i palazzi vicino al mio.
A volte incrociamo gli sguardi. Affacciati alle finestre interne ai cortili – ci osserviamo dalle fenditure esterne che guardano le vie. Cosa vedono nei miei occhi? Non so.
Io invece vedo alcune persone che tengono con i denti il ricordo di quelli che erano gli anni d’oro. Dove l’edonismo ha avuto l’apice estremo. Gli anni figli della fatica degli operai, che erano andati a costruire le città d’altri. Però erano riusciti a tornare a casa. Sono riusciti a costruire davvero il futuro migliore che si erano immaginati.
Questo per dire che Milano, Parigi, Genova, Napoli, sono lo scheletro di una Europa che ha rapporti millenari – città che si condizionano a vicenda. Questa Europa che muta, cresce e assorbe gli echi culturali figli del boom post bellico. Più recentemente, inoltre, ingloba dentro di sé quello che stanno vivendo i giovani in Oriente e nel Sub-Sahara.
È una Europa che sta cambiando e cambia tutta insieme. Lentamente. In fretta: Marsiglia, per me, sta nel mezzo.
Foto: Ewan Harvey / Unsplash