Potresti essere la prima, ma assicurati di non essere l’ultima, le ripeteva sua madre. Kamala Harris, la donna dei primati, ne ha fatto il suo motto politico. Prima donna vicepresidente degli Stati Uniti. Prima vicepresidente di colore e la prima indo-americana. Prima vicepresidente che è anche una matrigna. Prima donna di colore ad essere eletta procuratore nella storia della California, prima senatrice indiana americana. Prima vicepresidente che annovera Prince e l’hiphop tra i suoi amori musicali. Prima vicepresidente con first husband al seguito.

Facile capire perché su Kamala Harris, all’indomani di quella che probabilmente verrà ricordata come la più attesa, dibattuta e contestata tornata elettorale nella storia degli States, sia stata concentrata probabilmente più attenzione che sul presidente stesso, Joe Biden. La sua è la storia tipica del sogno americano, ricordano i suoi ammiratori: figlia di una ricercatrice indiana e un economista giamaicano, i suoi genitori si sono incontrati alla prestigiosa Berkeley, uniti dalla passione comune per il movimento per i diritti civili.

È stata chiamata Kamala in omaggio alle sue radici indiane (significa loto, ed è anche un dei nomi della dea induista Lakshmi) e all’emancipazione femminile. “Una cultura che adora le dee produce donne forti” le disse sua madre, Shyamala Gopalan

Il sogno americano

«Ho incontrato Kamala Harris un paio di volte. È socievole, aperta e amichevole. Al tempo stesso è molto concentrata, attenta, ti guarda direttamente negli occhi per ciò che stai dicendo e ti dà una risposta seria, ponderata. Le persone che hanno lavorato per lei l’adorano», ci racconta Ravi Mahalingam, avvocato di Los Angeles. Parte del merito, si dice, va alla biografia di Harris. Da bambina, ha vissuto in un quartiere prevalentemente nero e di classe medio-bassa di Oakland, ma studiava in una scuola situata in un prospero quartiere bianco.

Lo ha ricordato nel corso della campagna presidenziale (quando era in lizza per le primarie Dem) quando ha rimbrottato Joe Biden sulla sua posizione sugli autobus distrettuali: “C’era una bambina della California che faceva lezioni aggiuntive per integrare la formazione delle scuole pubbliche. E andava a scuola in autobus ogni giorno. Quella bambina ero io”

Si è spostata con la madre a Montreal, dove insieme alla sorella ha avviato una protesta contro una norma che vietava ai bambini di giocare sul prato. Poi è arrivata la prestigiosa (e storicamente nera) Howard University di Washington, dove si è laureata in Scienze politiche ed economia ed è entrata nella potente confraternita femminile Alpha Kappa Alpha, prima di volare a San Francisco per studiare Legge. «Harris è stata schietta sui temi dell’immigrazione, per tutta la sua carriera. In qualità di procuratore generale della California, ha affrontato questi problemi in prima persona. Al Senato degli Stati Uniti, si è distinta come critica delle dure politiche di immigrazione di tolleranza zero dell’amministrazione Trump. Il suo background di figlia di immigrati giamaicani e dell’Asia meridionale apporta credibilità e passione alla questione, ma anche alla sua carriera professionale» riassume Ravi Mahalingam. Eppure i latinos, ovvero gli elettori sudamericani, hanno votato in massa Trump, in Florida: «I democratici sono troppo a sinistra. Sono figlio di emigrati messicani, so che chi emigra è un essere umano e va trattato con umanità. Ma c’è un modo giusto per diventare cittadino americano, e un modo sbagliato. Ecco, Trump questo l’aveva capito» taglia corto Jason Hernandez, che gestisce un ristorante a Miami.

Luci e ombre

L’ascesa politica di Harris non è stata priva di chiaroscuri, come sottolineano oggi i suoi detrattori. «Lei è una politica, Trump non è nato come politico, non è stata la sua carriera. La pandemia ha fermato tutto, Trump avrebbe riavviato la ripresa economica» sbotta Hernandez. «Ora finirà come per Black Lives Matter, il Paese verrà messo tutto a ferro e fuoco, invece Trump è stato efficace contro le proteste». Chi l’ha votata, ovviamente, la pensa altrimenti: «Conosce bene la politica estera e quella interna. In questo senso, è una delle persone più qualificate per ricoprire il lavoro di vicepresidente» ribatte Mahalingam. «Altrettanto importante, è molto popolare tra la base del Partito democratico, in particolare tra i giovani elettori, le minoranze e le donne. Se Donald Trump ha rappresentato la vecchia guardia che cerca disperatamente di mantenere il potere, Kamala Harris rappresenta una nuova generazione a cui non verrà negata l’uguaglianza e un posto al tavolo decisionale». In effetti, Kamala Harris ha fatto della politica la sua vita. Dopo la laurea, ha deciso per una carriera di procuratore generale, nel 1990, arrivando alla carica di procuratore distrettuale di San Francisco, dove è riuscita a ridurre notevolmente i tassi di prostituzione adolescenziale, ma soprattutto a riorientare l’approccio delle forze dell’ordine, in modo che vedessero le ragazzine come vittime piuttosto che come criminali del sesso. Ma qui inizia la fase più dibattuta della sua lunga biografia.

Le controversie

«Continuano a dire che è una di noi, ma è una poliziotta, una che mette in carcere proprio gli immigrati. Basta vedere come sono andate le cose quando era procuratore in California. E aumenterà le tasse, perché così fa la sinistra» denuncia Jason Hernandez. Eppure, una delle decisioni più controverse che riguardano Harris è datata 2004, quando ha rifiutato di perseguire la pena di morte contro un uomo che uccise un agente di polizia, scatenando l’odio dei sindacati di polizia.

È vero anche il contrario: Harris decise di non investigare due casi di sparatorie da parte della polizia ai danni di due cittadini afro-americani, ed è stata accusata di non avere fatto abbastanza per affrontare la brutalità della polizia

Chi la difende, però, ricorda che è stata la prima negli Usa a imporre che la polizia indossasse telecamere: «A mio parere, le critiche sono fuori luogo. Durante il mandato di Harris in California la criminalità è diminuita, le carcerazioni sono diminuite e sono state emanate riforme della giustizia penale, alcune delle quali sono oggi un modello per gli interi Stati Uniti. A mio avviso, i critici mostrano un doppio standard razziale». Non a caso, forse, Obama ha più volte riconosciuto pubblicamente il valore politico di Harris: «Harris è l’erede naturale di Barack Obama. Entrambi sono politici carismatici, attenti e qualificati, hanno una base molto fedele di sostenitori, e rappresentano il cambio generazionale. Politicamente, sono molto allineati» spiega Mahalingam. Molti Dem vedono in lei già il futuro primo presidente donna degli Stati Uniti. «Harris è un politico molto affermato e capace. Non aveva bisogno di essere eletta vicepresidente per essere considerata un potenziale Presidente, in futuro».

Foto: Facebook / Kamala Harris