Quanti compleanni abbiamo festeggiato in quarantena, pensando che non doveva finire così, che quel traguardo avrebbe potuto essere tagliato in modo diverso? E così anche noi, che ogni giorno pensiamo, immaginiamo, scriviamo, progettiamo NuoveRadici.World (o NRW) con uno sguardo al futuro, abbiamo raggiunto la quota cento. Cento newsletter, cento settimane di spericolata narrazione in contromano per demolire cliché e stereotipi sull’immigrazione e sulle nuove generazioni di italiani. Avremmo voluto una festa affollata, in una felice e consapevole promiscuità per guardarvi negli occhi, senza la barriera delle mascherine, per raccontarvi tutto quello che abbiamo fatto con fatica e tenacia, allegria ed entusiasmo. E un (im)pegno da rinnovare per altre cento settimane. Ma, come tutti, siamo ancora in balia della tempesta e quindi non ci resta che scrivervi. E mettere i pensieri di tutti quelli che hanno reso questo progetto possibile in una bottiglia. Leggeteli con calma, ora che avete più tempo per riflettere. E scoprite come e perché siamo arrivati fin qui, per andare oltre.

Mi sono innamorato di Nuove Radici non appena l’ho vista. E sono stato onorato quando, circa un anno fa, mi è stato chiesto di diventare presidente dell’associazione che deve promuovere e sostenere questo progetto culturale ed editoriale. L’ho incontrata in un improbabile dibattito elettorale per le regionali lombarde del 4 marzo 2018: di fronte a me, a parlare di immigrazione davanti a un pubblico sordo e indisponibile a mutare una sola idea o un solo voto, un candidato leghista (Gianmarco Senna) ed uno della lista Gori (Stefano Golfari). Ecco che nel mezzo di questo dibattito impossibile, inutile, incapace di risultati pratici, ho letto il disegno utopico di un mondo dove si realizzi il miracolo della Pentecoste in cui gente diversa, con lingue diverse riesce a capirsi. Nuove Radici parla di un mondo multiculturale che c’è già ma che qualcuno vuole demonizzare invece di coglierne la ricchezza e positività. Lo fa con spirito giornalistico d’inchiesta, andando a cercare ciò che è in ombra, narrando storie che nessuno racconta, su cui cade la polvere ancor prima del tempo. In questo momento di “arresti domiciliari” è lecito sognare un mondo più affettuoso, più fraterno, più libero.
Piervito Antoniazzi, presidente dell’Associazione Nuove Radici

I giornalisti sono un po’ come i marinai. Soprattutto di questi tempi devono navigare verso porti sicuri, affrontando il mare infido delle false notizie e della propaganda spacciata per verità. Come due anni fa, quando l’Onu mise sotto sorveglianza l’Italia per gravi comportamenti razzisti. Una scelta senza precedenti, al centro di feroci polemiche. Bastava invece guardare i dati ufficiali delle denunce di crimini d’odio di Francia e soprattutto Gran Bretagna, per scoprire che l’Italia non era il peggio. Alla fine NRW è l’approdo sicuro dove vorremmo far arrivare una narrazione senza pregiudizi. Sia che si parli di invasione dei migranti, di diversità delle razze, degli stranieri che vengono qui e non sanno fare niente, degli italiani che parlano italiano, come tutti gli italiani, perché sono nati qui e non importa se hanno un colore diverso della pelle. Fino al racconto di oggi. Per smentire, purtroppo per loro, che gli stranieri non si ammalano.
Sindbad il Marinaio, contributor e polemista

La redazione

In questo strano tempo sospeso che siamo costretti a vivere, la newsletter di NRW è arrivata al numero cento. Vorrei però fare un passo indietro e ricordare quando Cristina Giudici mi sommerse di un fiume di parole per raccontarmi di un progetto che aveva come obiettivo quello di scrivere di “integrazione senza pregiudizi”. La mia vita, all’epoca, era sospesa. Pensavo di aver già fatto un percorso lavorativo soddisfacente e, alla vigilia dei sessant’anni, ero sospesa fra una nuova casa, nuovi e vecchi lutti. Ero insomma convinta che raccontare altre storie non fosse più il mio compito, ma invece di fermare quel fiume di parole le dissi: «Ci sto, iniziamo». E così è iniziata. Shi Yang Shi, scrittore e attore italocinese, mi mandò una foto della vegetazione che cresce lungo la ferrovia, scrivendomi che quelle radici erano talmente intrecciate fra loro da non poter più vivere una senza l’altra. Grazie a quella immagine ho capito che il futuro era già iniziato e che aveva solo bisogno di un racconto. Anche se in questo momento stiamo vivendo sospesi, ho imparato che nulla è immobile, che molto futuro dovrà ancora arrivare ed essere raccontato da NRW.
Giulia Parini Bruno, giornalista, coordinatrice delle partnership e delle pubbliche relazioni

Radici e poi NRW per me corrispondono a migliaia di telefonate. La prima me la fece Giulia, che una mattina di fine marzo di due anni fa mi chiamò per chiedermi di andare a lavorare a certi testi che la sua amica Cristina Giudici aveva messo insieme per quella che sarebbe poi stata la newsletter numero 1 di Radici, un giornale nuovo che voleva raccontare le seconde generazioni. Ci scambiammo i numeri e da allora non abbiamo più smesso di stare al telefono. Per le virgole da spostare, i nomi e i dati da verificare, i corsivi e frasi che non giravano. Lavoravamo di lima su ogni testo da remoto (sì, esisteva anche prima del Coronavirus) e andavamo online il giovedì. Abbiamo cambiato nome e sito e iniziato a uscire ogni giorno, la squadra si è allargata (per lo più di altre donne, va detto) e le telefonate si sono intensificate. E quello che vorrei per i prossimi cento numeri è continuare a comprare e cestinare auricolari perché aumentano i titoli da discutere e i sommari da rendere leggibili”.
Elisa Mariani, redattrice

Ho incontrato Cristina Giudici per la prima volta a distanza, in una trasmissione televisiva. Io intervenivo da Londra e lei da Milano. Quando ha parlato del suo progetto che stava per nascere, che ai tempi si chiamava solo “Radici”, mi sono subito interessata e l’ho contattata. Mi riconoscevo nel concetto di NRW, io che cercavo una vita futura possibile lontana dal Regno Unito, dove avevo vissuto quasi un quarto di secolo da migrante, per tornare a vivere in “patria”. Da migrante per scelta, volevo occuparmi di integrazione ma non sapevo dove cominciare. Essere accolta in NRW ha attutito lo shock culturale del rientro in Italia e mi ha aiutata a conoscere risvolti di questo Paese a me sconosciuti. Io figliola prodiga, cervello che naviga controcorrente e che cerca di capire chi è davvero confrontandosi con chi, come me, ha diverse identità e radici.
Costanza De Toma, contributor

NRW è karma, direbbero i miei antenati indiani. Mi trovavo a Lugano, reduce da una giornata di seminari su bufale e migrazione, quando l’ufficio stampa mi chiese di condividere il taxi per la stazione con tre colleghe. Il mio primo incontro con NRW, con la zazzera fulminante di Cristina, con il sorriso sospeso di Elisa, con l’aria svagata di Giulia. Il loro biglietto di visita color porpora ha stazionato sulla mia scrivania per mesi, mentre leggevo di navi bloccate in porto, di assistenza negata agli ultimi, di crimini contro l’umanità in Libia. Il Paese sprofondava tra i richiami più subdoli del razzismo e io mi sono trovata a desiderare di scrivere delle incredibili sfumature che chiunque abbia molteplici radici può donare alla società. Volevo provarlo, volevo dimostrare quali frutti regala, un albero genealogico come il mio, in grado di ramificarsi tra le risaie di un umido villaggetto del sud India e i campi di asparagi dell’operosa Brianza. NRW ha risposto alla mia chiamata, mi ha accolta, ascoltata, motivata. Ora mi sopporta, persino. Ma quel bigliettino da visita resta nel portafogli, a ricordarmi quanto ancora ci sia da dire, da provare, da raccontare. Non so se farlo sia nel mio karma, ma di certo è nelle mie (nuove) Radici.
Cristina Piotti, caporedattrice

La redazione

Non tutti atterrano in piedi. Anzi, molti in questa vita ci sono arrivati di sguincio, di traverso, sottosopra, più per botta di fortuna che per altro. Altri ci sono arrivati tutto sommato dal verso giusto, ma portano sulle spalle i ricordi di una generazione che la vita l’ha dovuta conquistare col proprio sangue, con i propri sacrifici, con svilenti compromessi. Ciò che spesso li accomuna è la fame di rivalsa che li spinge a ritagliare il proprio pezzetto di successo, per gratitudine, riscatto, ambizione che sia. E poi ci siamo noi, il team di NRW, ostinatamente convinti di potere raccontarlo. Le storie che narriamo sono storie che scavano, trovano frammenti di vita che altrimenti rischierebbero di rimanere sommersi, immeritevolmente sconosciuti ai più. Il dono più grande che mi ha dato questo progetto è quello di poter abbattere le barriere, far sì che non esista più un loro, un noi. Ogni storia diventa in parte la mia, e la mia, di storia, diventa in parte la loro. Quel che ne resta è un sentimento comunitario, di appartenenza a un progetto comune, con quel che di ironia, la giusta empatia, e la capacità di raccontare la quotidianità anche nei suoi aspetti più difficili, con spirito costruttivo. Sarò un po’ naïve, ma credo che raccontare quanto di bello e di nuovo si celi nelle pieghe di una società interculturale sia il punto di partenza vincente per un mondo che si è fermato e adesso deve reinventarsi. E quando accadrà, quando usciremo dalle sabbie mobili del presente per ripensare al futuro, noi saremo lì ad aspettarvi.
Margherita De Gasperis, redattrice

Quando ho incontrato NRW un anno fa, mi sono sentita gasata come quando in una nuova amicizia scopri di avere mille cose in comune. Già solo per il nome, che parla di quelle radici che io per prima metto e assesto in continuazione come fosse il pane in tavola. Avendo cambiato spesso direzione nella vita, mi sono convinta che si può ricominciare, sempre. Sono state soprattutto le persone che ho incontrato a mostrarmi come si fa. Tra le tante, penso ai migranti a cui insegno italiano da qualche anno, con i loro bellissimi accenti e gli sguardi che hanno visto cose che noi non possiamo sapere, sballottati nel mondo in cerca di fortuna. Chi ricomincia ha bisogno di gambe forti ma anche di strumenti, come la lingua o la formazione, e di un terreno fertile dove far crescere le nuove possibilità. Con NRW mi sembra che stiamo contribuendo a creare il terreno e a seminarlo, anche in questa strana primavera in cui siamo tutti apparentemente bloccati ma invece, guardando fuori dalle finestre, nuovi germogli stanno spuntando.
Mariarosa Porcelli, contributor

NRW per me è una lente d’ingrandimento. Un mezzo attraverso il quale vedere con maggiore nitidezza le storie delle persone di cui parliamo, a metà tra due o più culture. Guardarle da vicino significa eliminare ogni possibilità di stereotipizzare l’altro, di vederlo per quello che è, al di là di un colore o di un capo d’abbigliamento. NRW sono io, Sara, con la mia pelle scura, il mio accento milanese e la mia passione di raccontare, attraverso le parole e le immagini. È Maria, una bambina nera che è stata adottata da neonata, che recita Leopardi a scuola e fa danza classica il pomeriggio. È Momo, sui documenti Mohamed, che è nato a Roma, gioca a calcio e sogna di entrare nella nazionale azzurra. Attraverso questa lente vediamo che loro non corrispondono affatto ad uno stereotipo. Ogni personalità che inquadriamo è la somma delle esperienze fatte ed il riflesso della propria unicità. NRW del futuro sarà una lente panoramica che ci permetterà di vedere la nuova società nella sua interezza, a tutto tondo. Una società formata da radici diverse che hanno in comune uno stesso cielo.
Sara Lemlem, contributor e videomaker