Molti i candidati di origini straniere, soprattutto di seconde generazioni, che quest’anno saranno per la prima volta protagonisti delle elezioni amministrative nelle principali città italiane il 3 e 4 ottobre. NRW ha deciso di raccontarveli, di dare voce a storie di non ordinaria politica che stanno arricchendo il dibattito elettorale. Abbiamo intervistato Ntumba Wa Kalombo Jlunga e Marcus Pace, rispettivamente candidati nel Municipio 9 e nel Municipio 4 di Milano, in liste che sostengono il sindaco uscente Beppe Sala.
Ntumba Wa Kalombo Jlunga
«Non avrei accettato la candidatura se non credessi alla possibilità di essere eletta. La politica di testimonianza non mi interessa, come non mi interessa la retorica, io voglio esserci». Ntumba Wa Kalombo Jlunga è nata quarantasei anni fa a Milano perché, racconta, i suoi nonni materni si erano imposti sui genitori affinché almeno uno dei nipoti nascesse nella loro città, ma ha poi vissuto la sua primissima infanzia a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, dove il padre lavorava per il ministero dell’Economia.
A Milano è tornata a vivere due volte, la prima volta a quattordici e la seconda sette anni fa, sempre nella stessa zona, in quel corridoio a nord della circonvallazione che si estende dalla Bovisa a Niguarda
«In una traiettoria emotiva di luoghi vissuti nei quali mi riconosco», come si legge nella sua presentazione elettorale, dove gli altri abbondano di dettagli su chi sono e in che modo si sono dimostrati meritevoli di candidatura. Ntumba Wa Kalombo Jlunga affida a un’espressione poetica il compito di risuonare nella testa dei suoi possibili elettori, ma a domanda risponde «Lavoro in una cooperativa di Bareggio che si occupa di inserimenti lavorativi. Ero interessata al sociale ma non sapevo bene come entrarci e sono partita come volontaria quando – forse per il mio nome – avevo difficoltà a trovare lavoro. Poi è capitata una sostituzione di maternità e ora sono responsabile d’area», sorride senza falsa modestia.
Il percorso di Ntumba Wa Kalombo Jlunga
Di sé stessa dice di avere un atteggiamento quasi sfidante – solo quasi – ma è ciò che le ha permesso di far sentire la sua voce, dalla presidenza del comitato genitori in un paesino di ottomila abitanti dove era l’unica donna nera al circolo 30maggio di Sel a Dergano. «Per qualche tempo ho vissuto nel paese di mio marito, Cuggiono, verso Novara. Desideravo entrare nel tessuto sociale del posto e avevo deciso di candidarmi per presiedere il comitato dei genitori. C’era un altro candidato, che pensò di dirmi che avrei potuto fare la segretaria del presidente. Poi sono stata eletta io». E di quel periodo ricorda «Organizzavamo degli incontri tra genitori ed ero riuscita a convincere a venire una signora velata. Tre anni dopo risultò la più votata al consiglio di istituto. Non è certo merito mio ma con l’altro presidente forse non sarebbe successo».
A proposito della candidatura di oggi per entrare nel consiglio del Municipio 9 ha le idee chiare. «Non mi piace il termine seconda generazione, preferisco quello di generazione ponte, di cui faccio parte io e almeno altre tre candidate in lista, come me figlie di una coppia mista. Credo molto nell’affermazione delle donne e nella sorellanza. E sono convinta che sia venuto il momento per noi di esserci».
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Marcus Pace
Per Marcus Pace, italobrasiliano originario di Lavello (Potenza), «Vivere a Milano è stata una scelta dettata dal desiderio di avere più possibilità di lavoro e la candidatura al consiglio del Municipio 4 nasce dalla volontà di dare un contributo. Idee fresche per rispondere a tante esigenze personali che sono esigenze collettive». Marcus Pace aveva già superato i trent’anni quando è venuto a vivere al nord per frequentare un Master di secondo livello della 24Ore Business School. Ma non gli bastava. Si era messo in testa di imparare a confezionare il suo capo di abbigliamento preferito: la camicia. «La camicia è una questione di personalità e rispecchia chi la indossa più dell’abito. Il mondo della sartoria è veramente piccolo, ci conosciamo tutti. E volevo smentire chi era convinto che alla mia età non sarei riuscito a imparare a produrre qualcosa di alta qualità. Sono andato a bottega e oggi ho il mio marchio, l’Artisan M, con cui produco per una clientela selezionata».
Marcus Pace tra camiceria e informatica
Uno dei punti del suo programma elettorale è proprio la formazione dei mestieri d’arte: «A ottobre, a quasi due anni dalla prima programmazione, inizierò un corso con il Siam per la camiceria artigianale, ma se fossi eletto mi impegnerei per strutturare per un percorso di formazione». Ma la laurea in Informatica presa all’Università degli Studi di Salerno e il diploma di Master non sono rimasti appesi ai muri della bottega – oltre che di sartoria, Marcus Pace si occupa anche di Facility management per grandi condomini – e un altro dei suoi progetti per il Municipio riprende un’idea del passato. «Con altri cinque soci avevamo sviluppato un’idea per una start-up che non è mai partita veramente: andare a intercettare le eccedenze della grande distribuzione e ridistribuirle appoggiandosi alle associazioni che già si occupano di cibo e povertà. Che io vinca o meno cercherò comunque di portare questa idea in Municipio».
E a chi incautamente gli fa notare la stranezza di associare la camiceria artigianale all’informatica, Marcus Pace risponde: Anche la modellistica si basa su un sistema vettoriale. Si tratta sempre di avere elasticità mentale. Avere più possibilità e sfruttarle
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