Come si chiama, quanti anni ha e che lavoro fa?
«Mi chiamo Nico Perrone, ho 60 anni sono giornalista dal 1988. Sono il direttore dell’agenzia Dire».
Si descriva in tre aggettivi.
«Sono curioso, attento, innovativo».
Descriva il suo lavoro, in una frase.
«Seguire una pista fino alla verità».
Dove ha vissuto negli ultimi 10 anni?
«Ho sempre vissuto a Roma».
Cosa ha imparato dalla quarantena?
«Ho imparato che siamo tutti coraggiosi… fino a quando non spunta un virus».
Il Covid-19 ha fermato le aziende, ma non le menti: a quali progetti sta lavorando?
«Come giornalisti non abbiamo staccato mai. Sto pensando a come raccontare la ripartenza e quali innovazioni sono necessarie nel nuovo mondo in cui siamo adesso».
Allo specchio: quali sono i tre obiettivi che vuole raggiungere entro l’anno, nonostante il virus?
«Rendere l’ Agenzia Dire sempre più fonte di informazione attenta, attendibile e di servizio ai cittadini».
Questione di simboli: qual è l’immagine della ripartenza della sua attività, per lei?
«La moto che mi porta in redazione».
Il mondo post-Coronavirus: qual è l’abitudine che, nel bene o nel male, dovremo dimenticare?
«Dovremo smettere di pensare che siamo immortali e dovremo ricordare che dobbiamo rispettare di più l’ambiente – e che da soli non ce la faremo mai».
Parliamo di NRW: qual è la storia che l’ha colpita di più?
«Tutte le storie di chi è venuto qui per un futuro, che non si è arreso di fronte alle porte chiuse in faccia, che non ha tramutato la delusione in odio ma in ancora più voglia di farcela».