L’integrazione vuol dire anche salute. Cosa non scontata per i migranti sul nostro territorio, dove il diritto alle cure è garantito per legge a tutti, al massimo tocca alle Regioni stabilirne le modalità. Ma c’è più di un problema con chi è in Italia da irregolare o con un permesso di soggiorno scaduto, che è diffidente verso le istituzioni anche se sanitarie. Gli effetti di questo problema sono stati studiati dal Naga, un’associazione di volontariato laica e apartitica, che a Milano offre servizi di assistenza sanitaria di base e specialistica a chiunque ne abbia bisogno. Lo studio è stato effettuato da giugno dello scorso anno a febbraio di quest’anno su 90 pazienti stranieri irregolari affetti da patologie croniche non infettive.
Spiega il medico del Naga Guglielmo Meregalli che ha coordinato la ricerca: “Nel corso della nostra indagine abbiamo incontrato pazienti con patologie croniche rilevanti che necessitano di terapie continuative, dall’asma al diabete, dall’epilessia alle psicosi croniche e alle cardiopatie, ma che vivono in un contesto abitativo e lavorativo precario, con gravi conseguenze sulle loro condizioni di salute”.

I dati emersi danno un quadro assai preoccupante, a partire dalle condizioni in cui vivono i migranti: il 20% di loro è senza fissa dimora, l’80% non ha una fonte di reddito fissa, il 62% non ha mai avuto contatti con una struttura sanitaria. Più in dettaglio: 14 pazienti ipertesi non hanno mai fatto un elettrocardiogramma, 12 asmatici non hanno mai eseguito una spirometria, 10 diabetici non controllano la glicemia da 6 mesi. Le ricadute sulla salute dei pazienti sono evidenti: il 23% dei migranti ipertesi ha valori di pressione fuori controllo e nel 40% dei casi i pazienti diabetici hanno un livello di glicemia superiore a 200, invece di 80-130 come previsto nei pazienti con diabete mellito sotto controllo.
Pietro Massarotto, il presidente del Naga, tira le conclusioni: “Siamo di fronte a un caso grave e addirittura grottesco: tutti gli elementi analizzati dal nostro studio rendono evidente che i pazienti più fragili sono anche quelli meno tutelati e che vivono in situazioni peggiori. Andrebbe completamente ripensato l’intero approccio al fenomeno migratorio. Un dato su tutti: il campione dell’indagine è in Italia da oltre 9 anni e il 30% è in Italia da 15 o più anni fino ad un massimo di 31 anni: ciò dimostra chiaramente l’inefficacia del meccanismo di ingresso in Italia e soprattutto l’impossibilità di regolarizzarsi una volta sul territorio. Di fatto è la normativa stessa a creare irregolarità e, di conseguenza, violazioni di diritti fondamentali come l’accesso alle cure”. Per il presidente del Naga, qualsiasi processo di integrazione si deve risolvere affrontando le criticità che ci sono a livello sanitario: “Basterebbe consentire l’iscrizione al SSN dei cittadini irregolarmente presenti sul territorio nazionale, l’assegnazione di una quota di cittadini stranieri irregolari a ogni medico di medicina generale, il riconoscimento della residenza fittizia ai senza fissa dimora, il riconoscimento del permesso di soggiorno ai cittadini stranieri presenti sul territorio e affetti da patologia cronica”. Lo chiedono i medici del Naga. Se lo aspettano i migranti. Ai politici tocca la risposta.

 

 

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