Difendere i neri, difendere migranti e stranieri, di questi tempi è una priorità. Da qualunque Paese provengano, qualunque sia la loro condizione. È intollerabile che qualcuno minacci Agitu Ideo Gudeta, la giovane etiope scappata dal suo Paese in guerra che alleva capre in Val dei Mocheni in Trentino. Da giorni c’è chi la aggredisce con parole inqualificabili: «Ti uccido, te ne devi andare brutta negra. Questo non è il tuo posto». Ne hanno parlato i giornali, lei è finita in televisione, il suo aggressore continua indisturbato a scarpinare per le valli. È intollerabile che ci sia qualcuno, gli episodi si moltiplicano oramai in mezza Italia, che fa il tirassegno a pallini contro i migranti per strada, riconosciuti solo dal colore della pelle. Non tutti quelli che sparano vengono identificati. Gli episodi sono talmente tanti che sembra ci sia una certa assuefazione e la notizia finisce in coda ai telegiornali.

Ma negli stessi giorni c’è chi declina in modo sbagliato questo giusto sentimento di protezione di fronte ad episodi di razzismo. Difendere i neri non vuol dire considerarli come dei panda, una razza in via di estinzione e, comunque inferiore, al punto di dover essere protetta in ogni modo. In una memorabile gaffe di questo tipo è caduto in questi giorni l’assai rispettato Trinity College di Oxford in Gran Bretagna, un’istituzione accademica con una storia secolare che in nome del molto politicamente corretto è scivolata in un incidente di percorso che ha aperto un dibattito serrato nel mondo accademico anglosassone.

Avendo necessità di coprire la cattedra di Storia dell’Arte, il Trinity College ha pubblicato un bando di concorso in cui non solo venivano richiesti i normali titoli accademici, una certa esperienza e un palmares di pubblicazioni che qualificasse l’aspirante docente. Ma – veniva specificato espressamente nel bando – «sono benvenuti i candidati donne, black o esponenti di minorità etniche». Fondato nel 1555 il Trinity College ha dovuto aspettare due secoli prima di laureare una donna. Adesso ha preso la rincorsa e corre ad accorciare i tempi. E incentiva una specie di corsia preferenziale per donne, neri o minoranze etniche.

Già metterli tutti insieme ha un che di vagamente razzista. Si immagina, secondo questa logica, che una donna nera abbia qualche chance in più di un uomo nero. Ma dopo decenni in cui il dibattito sulle quote rosa sembra essere arrivato alla conclusione che la condizione femminile, pur discriminata in varie posizioni professionali, non può essere un elemento da calcolare nel punteggio dei meriti qualche domanda va fatta. Una specializzazione in Storia dell’Arte Antica è più o meno importante dell’appartenenza al genere femminile? Ai parrucconi di Oxford la risposta.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *