Quando Mohamed Ibrahim è arrivato in Italia dal Cairo più di dieci anni fa per visitare i suoi fratelli, era uno studente universitario di informatica e doveva restare solo per un periodo. E invece la sua intraprendenza, passo dopo passo, lo ha portato alla sua passione innata per il cinema. E a fondare una società di distribuzione cinematografica, Il Nero distribution. E a portare nella sale di Milano e Roma il film Hepta, sette stadi d’amore che in Egitto ha avuto molto successo nel 2016. Ed è stato anche criticato per via della libertà dei protagonisti e dell’emancipazione delle donne (spesso senza velo). Considerato troppo occidentale. La trama appare semplice: durante la sua ultima conferenza in pubblico, il professore Shokry Mokhtar, specialista di psicologia sociale e appassionato di cultura greca, illustra i sette stadi di cui si compone l’amore attraverso il racconto di quattro storie. Le vicende di Shadi, Karim, Rami e Yousseff e l’inaspettato intrecciarsi degli eventi conducono lo spettatore in un viaggio di riflessione sulla complessità dei sentimenti. Uscirà oggi, giovedì 13 dicembre. Si tratta di una storia delicata e drammatica che parla di amore, del libero arbitrio, delle chance che la vita ci concede e non vanno sprecate, ma anche dei cambiamenti che diventano irreversibili. Niente politica né religione, se non solo sottintese. Mohamed Ibrahim ci ha messo due anni a portarlo in Italia, doppiato. Fuori dai circuiti d’essai. Lo ha fatto con una doppia motivazione: dimostrare che l’Egitto ha una lunga storia cinematografica e far passare anche un messaggio di libertà. E infatti non è un caso che l’io narrante del film, che intreccia le diverse storie di coppie che rappresentano in realtà un’unica storia divisa per stadi, dica a un certo punto che l’amore non dovrebbe portare a cercare di modificare l’altro. «Se ti sei innamorato di lei quando lei non aveva i velo, perché adesso vuoi che lo indossi?», chiede l’attore nelle vesti di conferenziere che spiega gli stadi dell’amore.
Mohamed Ibrahim ha trentun anni. «Ogni volta che ho intrapreso un’attività, l’ho considerata un gradino di apprendimento», racconta a NuoveRadici.World. Ha fatto di tutto un po’ prima di arrivare al cinema: ha gestito un locale, ha fatto il barista, il buttafuori e ha lavorato alla reception di un albergo. «Nello stesso giorno può accadere che uno straniero aggredisca una donna e un altro salvi un italiano dai rapinatori. Non si deve ignorare l’illegalità diffusa, ci mancherebbe, ma è necessario raccontare i molti talenti che stanno affiorando fra le nuove generazioni di immigrati. Altrimenti si impone una sola narrazione e si cede alla demagogia che crea ostilità verso gli stranieri», ci ha raccontato. Mohamed Ibrahim diventerà cittadino italiano. Perché anche lui qui ha conosciuto gli stadi dell’amore. E si è innamorato di una napoletana con cui ha fatto una figlia, Nadia. «È giusto mostrare modelli positivi di integrazione, senza eccedere con il buonismo», riflette. «Soprattutto in questa fase in cui il colore della pelle crea tanta ostilità». Mohamed ama l’Italia, anche se diversi anni fa è stato oggetto di una discriminazione piuttosto grave, di cui preferisce non parlare ora per guardare al futuro che si sta costruendo. «La parola chiave è il lavoro. Se gli italiani vedono che lavori, che sei intraprendente, cambiano idea sugli stranieri. Anche chi ha pregiudizi, cambia idea. Sembra una banalità, ma non lo è». E l’Italia, dove è arrivato in aereo, mica in barcone, lasciandosi alle spalle gli studi di informatica, è stata per lui un’occasione di opportunità professionale. Quando ha visto come veniva raccontato in modo distorto il tema dell’integrazione, si è messo in testa di raccontarne i diversi stadi, che sono molti più di sette.