Immagino che abbiate visto le recenti proteste avvenute in Russia. Cosa c’è da protestare? Perché la gente viene picchiata dalla polizia se stavano protestando pacificamente? Proviamo a vederlo insieme. 12.792 rubli (circa 140 euro) al mese di stipendio minimo sono sufficienti, secondo lo Stato, per vivere. Le tangenti arrivano al 30-40% del valore degli appalti e sono quasi sempre inevitabili. Non si indaga sulle catastrofi ecologiche. Solo nel 2020 ci sono stati due disastri ambientali, a Kamchatka e a Norilsk, ma non è mai stata avviata nessuna indagine. La gente ha protestato mesi per evitare lo scempio di una collina unica e rara per la sua struttura geologica, una collina che si chiama Kushtau e si trova in Bashkiria. Le proteste pacifiche sono fuori legge. Non si può criticare le istituzioni ufficiali online. Le parolacce sul web sono proibite dalla legge. La violenza sulle donne non è un reato.

E ancora: le persone con un cancro, o con una malattia genetica rara, spesso non sono curate gratuitamente dallo Stato e tocca agli altri cittadini donare e organizzare raccolte fondi per poterli assistere all’estero. Un matrimonio è l’unione tra un uomo e una donna, le coppie gay sono fuori discussione, così dice la Costituzione russa, rivista nel luglio 2020. Un’associazione no profit che lavora con le vittime di violenza sessuale e maltrattamenti viene ostacolata ed è ora costretta a pagare delle multe a causa del proprio lavoro.

Non è lo scenario di un nuovo libro distopico. Questo elenco è solo una piccola parte della realtà della Russia di oggi. I miei sono solo esempi, i casi sono tanti ed è difficile scegliere quelli più importanti. Se fino a poco tempo fa almeno l’economia era in crescita ora invece sembra che tutti i settori siano in crisi: industrie, PMI, no-profit, istruzioni, collaborazioni internazionali, medicina, scienza

L’opposizione a Mr. Putin

Negli ultimi venti anni, Mr. Putin ha continuato non solo ad ignorare l’opposizione e gli interessi dei propri cittadini, ma ha cercato di proibire formalmente e legalmente qualsiasi strumento della società civile per potersi esprimere in modo democratico. Sono state riformate o rese sostanzialmente illegali elezioni, leggi internazionali, e ogni forma di protesta. Nella Russia di oggi non si può scendere in piazza e protestare in modo civile e democratico, i comuni delle città non danno quasi mai i permessi, se non per riunioni pro-governative. Le ultime proteste, quelle del 23 e 31 gennaio, erano relative l’arresto di Alexei Navalny: sul suo avvelenamento non è mai stata aperta un’indagine, ma non solo. Migliaia di persone sono uscite nelle piazze di tante città, consapevoli di poter finire in carcere o essere picchiate dalla polizia. Non è bastato a fermarli, era troppo importante far vedere che ci sono molti russi a cui non va bene la situazione attuale del Paese. Il 19 gennaio è uscito anche il documentario sul palazzo di Putin che ha scatenato la rabbia della folla.

Il palazzo del Presidente russo è costato oltre un miliardo, mentre 1/7 dei russi non arriva a fine mese, con il proprio stipendio. Poi ci sono i diritti umani, la libertà di espressione, la democrazia, le mancate elezioni. Ogni manifestante è uscito per un motivo diverso ma che lo accomuna al malcontento generale

 

Proteste globali

Anche i russi che vivono in altre parti del mondo sono usciti nelle loro città per protestare. Mentre a Mosca la polizia arrestava e picchiava i manifestanti, tra cui tanti minorenni, i russi che vivono nelle città europee sono potuti scendere in piazza pacificamente. Il 23, il 31 gennaio e il 6 febbraio siamo usciti anche noi per protestare, una piccola comunità russa liberale che vive a Milano. Siamo pochi, a dir la verità, e tra noi non ci conoscevamo. L’età media è tra i 25 e i 40 anni, tanti studenti o neolaureati. Nonostante fossimo pochi e avessimo portato striscioni e cartelli fatti in casa, la comunità russa milanese pro-Putin, più numerosa, ha dichiarato che siamo stati pagati dagli USA per organizzare questa campagna.

Nonostante il numero dei cittadini pro-Putin sia in discesa, i suoi sostenitori sono ancora molto numerosi. Spesso anche quelli che lo criticano lo voterebbero ancora per paura di eventuali ripercussioni negative o per l’assenza di un vero  e proprio avversario politico. Lo stesso Navalny ha parecchi lati oscuri. Bisogna, infine, considerare la formazione “sovietica” della popolazione, soprattutto per quanto riguarda le generazioni più anziane, a cui è purtroppo mancata una educazione al critical thinking, che in Europa viene data per scontata ma non lo è altrove.

Bella Shakhmirza

La discendenza da Gengis Khan

E chi sono io che vi racconto tutto questo? Mi chiamo Bella Shakhmirza, classe ’89, generazione Wind of Change, per intenderci. Laureata a Mosca e a Milano, sono una giornalista freelance, interprete, mamma. Ho collaborato a diversi progetti sociali su orfanotrofi, clown therapy, torture, schiavitù, xenophobia. Ho ideato e realizzato due progetti no-profit. Vivo a Milano dal 2014.

Perché tengo alle proteste? Appartengo all’etnia Noghai e sono nata in un paese piccolo di nome Erkin Khalk, nel Caucaso del Nord, che si traduce come “Popolo libero”. Magari è questo il motivo per cui ho sempre apprezzato la libertà in tutte le sue declinazioni. Sono venuta in Italia nel 2014 perché studiavo l’italiano dal 2006, lavoravo come interprete, scrivevo in italiano e collaboravo con i media, tra cui la RAI a Mosca. Poi a maggio 2014 mi sono laureata a Mosca in giornalismo, e a giugno quasi per caso ho fatto una richiesta per la Statale di Milano. E così a settembre mi sono trasferita. Ho scoperto dopo che quell’anno dalla Russia se ne è andata via tanta gente. Inoltre, ho sempre fatto parte di una minoranza, etnica e religiosa. Dopo aver vissuto certe esperienze negative non voglio più sentirmi trattata male solo perché non sono una russa slava o perché non sono ortodossa. La Russia è grande, è quasi un continente, ed è normale che sia abitata da gente diversa. Non è invece normale che troppe persone vengano considerate delle minoranze, e questo mi ha portato a essere molto sensibile agli argomenti dei diritti umani e delle minoranze.

Non mi piace Alexei Navalny perché è stato da sempre contro la mia gente e le altre minoranze non-slave, utilizzando spesso toni xenofobi, ma non credo sia giusto che una persona possa finire in prigione per una causa inventata, contro ogni legge e morale. Io farò del mio meglio per far diventare la Russia un Paese libero, aperto e con uno stato di diritto che tuteli la società civile

Foto Unsplash/Ignat Arapov