Fare due chiacchiere con Simon Samaki Osagie è come essere trascinati da un fiume in piena che ti travolge di entusiasmo e di idee. Parla con orgoglio degli Speaker Box Street Party, le feste musicali che da un paio di anni accompagnano le manifestazioni di piazza a sostegno di diritti umani, sociali e civili. Uno degli ultimi eventi è stata la strapartecipata manifestazione milanese People. Prima le persone del 2 marzo 2019, dove Simon, in veste di dj, ha fatto scatenare nelle danze il corteo ed è anche apparso al fianco di Laura Boldrini e Giuseppe Sala.

Simon è nato ad Arezzo, dove i genitori si sono trasferiti dalla Nigeria negli anni ’80. Il padre, laureato in Economia e Commercio, e la madre, infermiera, hanno percorso diverse tappe nel Nord Italia fino a stabilirsi a Udine, dove Simon è cresciuto insieme alle due sorelle.

«I miei ricordano che quando sono arrivati il tessuto sociale era particolarmente accogliente e la gente ha dimostrato loro grande affetto e sostegno» racconta. A Udine ha iniziato a frequentare l’università ma temendo di non avere molte opportunità lavorative in Italia, ha deciso di spostarsi a Londra, e lì si è laureato alla London Metropolitan University in Relazioni Internazionali e Politica. Proprio durante gli anni universitari ha mosso i primi passi nel mondo della musica, collaborando per due anni con Verve Radio, un’emittente londinese che dà spazio agli stage per gli studenti. Qui ha gestito un programma che ha costruito su misura sulla sua personale idea di comunicazione come luogo di contaminazione tra cultura musicale e attivismo civile e politico, e in cui l’arte veicoli l’aggregazione delle energie e delle persone. Contemporaneamente all’esperienza radiofonica, è entrato in contatto con alcuni ragazzi di provenienze diverse ma con in comune la nascita in Italia: Justin Owusu, ghanese nato a Udine; Melissa Caprini, di origine magrebina; Ilaria Keyra, nata a Milano da madre peruviana e padre americano; Simonetta Rescina di Bari; Davide Pusceddu, metà sardo e metà brasiliano.

È con questa squadra che è nata l’idea degli Speaker Box Street Party, vere e proprie feste di strada in cui ritrovarsi e comunicare messaggi importanti divertendosi al ritmo di Michael Jackson, Queen, Marvin Gaye.

«Volevamo fare qualcosa di forte che utilizzasse l’arte per promuovere le nostre idee politiche e civili, per combattere qualsiasi forma di discriminazione e sostenere l’inclusione. La musica accomuna tutti, è un mezzo potente».

L’esordio ufficiale è avvenuto nel 2017 con un flash mob a Piccadilly Circus in collaborazione con l’associazione Italiani senza cittadinanza, una comunità fatta di “figli e figlie invisibili”, secondo le loro stesse parole. L’iniziativa ha preso piede anche a Londra e si è ripetuta in Italia prima nel 2018, a Roma, in occasione della Giornata dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza organizzata dall’Unicef, poi alla manifestazione People di marzo 2019 che ha consacrato il successo degli Speaker Box Street Party anche sulle pagine di molta stampa estera. A Londra, spiega Simon,
la manifestazione è stata percepita come un segnale forte da parte dei cittadini italiani che stanno lottando attivamente per cambiare le cose.

Mentre sta definendo i prossimi appuntamenti in piazza, oltre a dedicarsi alla musica Simon è impegnato come insegnante di sostegno per ragazzi con disabilità, un’attività che gli dà grande soddisfazione. Vive tuttora nella capitale britannica ma aspira a tornare nel suo Paese.
«Londra è una città molto aperta, che mi ha fatto vivere importanti esperienze formative e mi ha dato la possibilità di intraprendere una strada che, fortunatamente, mi sta riportando in Italia». Sogna un lavoro giusto, in cui vengano riconosciute le sue competenze e la sua formazione, e pensa a Milano come possibile base del suo nuovo capitolo italiano. La definisce una città dinamica, all’avanguardia e inclusiva che alimenta la politica dell’aggregazione. E invece, parlando di Italia, quali sono le tre parole che la descrivono meglio per Simon? Di fronte a questa domanda, il dj non ha un attimo di esitazione: «Home sweet home!».