«Patrick l’ho conosciuto per la prima volta qualche anno fa» racconta Alessandra Fabbretti, giornalista dell’agenzia Dire, esperta di esteri. «Abbiamo iniziato a sentirci a partire dal 2018, per via del suo lavoro con l’Egyptian initiative for personal rights (Eipr), organizzazione che sin dal 2002 si occupa dei prigionieri di coscienza in Egitto e che dal 2013 ha ovviamente rafforzato il suo impegno».
È uno dei tanti giovani attivisti che abbiamo conosciuto in questi anni che attraverso i loro studi e il loro impegno ci hanno raccontato l’Egitto che lavora per il cambiamento democratico, per costruire una società più equa, libera dall’oppressione.
Forte di una conoscenza consolidata, ma soprattutto di una attenzione di lunga data sul tema dei diritti umani violati in Egitto, l’agenzia Dire ha deciso di organizzare un dibattito dal titolo “Patrick Zaky – Cittadino del mondo Libero”, in programma per il prossimo lunedì 24 febbraio alle ore 18, presso la sua sede romana (Corso d’Italia 38/a).
Lo studente egiziano di 27 anni al momento del suo arresto all’aeroporto del Cairo, lo scorso 8 febbraio, era iscritto a un master dell’Università di Bologna, ma stava rientrando nel suo Paese per una breve pausa dagli studi. Nei suoi confronti, ricorda Fabbretti, è stata mossa l’accusa di diffusione di fake news sui social network, di incitamento alla protesta non autorizzata, di turbamento dell’ordine pubblico e di attentato alla stabilità delle istituzioni. «Si tratta un quadro che rientra normativa sull’anti-terrorismo varata nel corso del 2015 sull’onda degli attacchi terroristici che in quell’anno colpirono il Sinai, portando ad uno stato di emergenza comprensibile, se vogliamo, perché sappiamo che in Egitto esistono gruppi fondamentalisti e il Paese è stato colpito da diversi attacchi negli ultimi anni. Ma il problema è la nozione di terrorismo cui fa riferimento la normativa, così ampia da permette di colpire chiunque, soprattutto i dissidenti politici» spiega.
Per la medesima ragione, oltre ad essere esposto al rischio di lunghi anni di carcere, se non dell’ergastolo, fin dal momento dell’arresto di Patrick Zaky abbiamo assistito alla sospensione di alcune delle sue libertà costituzionali: «La legge del 2015 sospende il diritto dell’imputato di essere informato di una procedura penale in corso a suo carico, ovvero di ricevere quello che è l’equivalente del nostro avviso di garanzia. Non gli viene garantito il permesso di chiamare il suo avvocato e informare la propria famiglia, motivo per il quale ci sono casi di persone sparite nel nulla. Purtroppo, si stanno verificando persino casi di arresti tra avvocati stessi, che si trovano esposti a rischi sempre maggiori».
La questione fondamentale, spiega la giornalista, è tenere a mente che quello di Zaky non è un semplice caso di cronaca, ma uno scenario sul quale è fondamentale tenere alta l’attenzione: «Questa legge ha già portato dietro le sbarre oltre 50mila persone tra manifestanti, oppositori politici, attivisti, giornalisti, blogger e avvocati che hanno vissuto lo stesso iter di Patrick Zaky. Come comunità internazionale, come società civile, non lo possiamo permettere. L’Egitto ha intrapreso una lotta nei confronti dei gruppi fondamentalisti, ma deve prevalere l’assetto moderato: dobbiamo chiedere al nostro governo e all’Unione Europea il rispetto dei diritti umani, affinché si possa promuovere un cambiamento democratico».
In tema di diritti umani, a quattro anni dalla drammatica morte di Giulio Regeni, il sospetto che la sospensione dei diritti costituzionali abbia reso le violenze nei confronti degli impuntati una prassi è sempre più forte.
«Sabato scorso c’è stata l’udienza per l’appello presentato per ottenere la scarcerazione di Patrick, e quindi porre fine alla sua detenzione cautelativa – come sappiamo, purtroppo non è andata a buon fine. Ho parlato con la sua Ong e mi hanno riconfermato che sabato ha specificato di non aver subito violenze. I suoi avvocati avevano invece inizialmente dichiarato che era stato picchiato e sottoposto a elettroshock, credo che si riferissero alle prime ore di interrogatorio successive all’arresto, durato oltre 12 ore. Ma mi preme ricordare che dovremmo uscire dalla logica morbosa di quanto e cosa abbia patito Patrick: non dobbiamo arrivare al punto di dover dimostrare cosa ha subito e in quale misura. Il fatto che sia scomparso per 24 ore, che non abbia potuto chiamare la sua famiglia né informare il suo avvocato o non abbia avuto alcuna informazione del procedimento a suo carico sono di per sé una grave violazione del diritto della persona».
Patrick Zaky, ricorda Alessandra Fabbretti, era perfettamente consapevole del suo ruolo, del suo lavoro, del suo impegno. E dei rischi collegati: «Come tutti quelli che fanno questo tipo di lavoro, sapeva che era una eventualità e che poteva succedere. Il suo impegno era legato al dare voce ad una società civile silenziata e non aveva nulla a che fare con qualsivoglia gruppo estremista. Fra l’altro Patrick appartiene ad una famiglia di cristiani copti».
L’impegno del giovane ricercatore era legato allo sviluppo della società civile dove aveva sempre vissuto: «Aveva iniziato a studiare a Bologna a settembre, ma il suo obiettivo era quello di tornare in Egitto il prima possibile. Patrick tiene tantissimo a questo. Vuole diventare una rotella del cambiamento, ha sempre creduto di essere responsabile in prima persona del miglioramento delle condizioni di vita, anche molto pratiche, della società egiziana».
All’interno della sua organizzazione si batteva per questo, per i diritti di genere, per il diritto di informare, di andare contro la repressione del dissenso.
Patrick Zaky tornerà in tribunale il prossimo sabato 22 febbraio: «Nel corso dell’udienza si entrerà finalmente nel merito delle accuse più importanti, tra quelle a suo carico, e capiremo perché la procura ha mosso nei suoi confronti delle accuse così serie e gravi. Nel nostro appuntamento, lunedì prossimo, parleremo anche di questo, ma andremo anche oltre, cercando di fare il punto su una situazione ben più ampia, purtroppo».
Informazioni
Patrick Zaky – Cittadino del mondo Libero
22 febbraio ore 18
c/o agenzia Dire (Corso d’Italia 38/a)
Interverranno:
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia
Erasmo Palazzotto, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni
Sara Prestianni, del Programma Externalisation Policies Watch di Arci
Chiara Elefante, prorettrice dell’Università ‘Alma Mater Studiorum’ di Bologna
Introdurrà il dibattito il direttore della Dire, Nicola Perrone
L’incontro, ingresso libero fino ad esaurimento posti, sarà moderato dalla giornalista della Dire Alessandra Fabbretti. All’indirizzo esteri@dire.it è possibile confermare la partecipazione.
Immagine: Gianluca Costantini