Migrateful è una di quelle esperienze che fanno bene alla mente e al corpo, in particolare allo stomaco. Creata nel 2017 a Londra da Jess Thompson, è un’impresa sociale che organizza lezioni di cucina etnica tenute da rifugiati e richiedenti asilo, con all’attivo una squadra di 32 cuochi provenienti da Paesi di tutto mondo, come Gambia, Libano, Ecuador, Pakistan, Siria.
Si tratta di rifugiati ostacolati da barriere linguistiche e sociali, di migranti che in alcuni casi vivono in Gran Bretagna da anni ma non hanno altra opportunità di parlare inglese, oppure sono richiedenti asilo che, in attesa di documenti, non possono ancora lavorare.
L’obiettivo di Migrateful è di sostenere queste persone nel percorso di integrazione sociale, fornendo loro l’occasione di praticare la lingua, migliorare le proprie abilità comunicative e avere la possibilità di creare una rete di contatti che faccia da trampolino di lancio per la loro vita lavorativa.
La squadra di Migrateful si occupa di dare ai cuochi una formazione di base per diventare chef professionisti e garantire l’efficacia dei corsi. Le classi sono anche l’occasione di uno scambio culturale in cui i cuochi possono far conoscere le tradizioni dei loro Paesi d’origine attraverso la cucina e, allo stesso tempo, gettare le basi per costruire una rete di rapporti sociali.
La cucina di gruppo multiculturale, infatti, è un momento di aggregazione sociale che favorisce l’abbattimento di stereotipi e barriere. «Abbiamo sviluppato il modello dei nostri corsi proprio intorno alla teoria del contatto sociale, come spieghiamo nel nostro sito» ci racconta Anne Condé, Business Development Manager di Migrateful, «l’idea è quella di creare un contesto positivo in cui persone provenienti da differenti realtà possano conoscersi e comunicare in modo genuino attraverso la cucina».
La cucina virtuale
Dall’entrata in vigore delle misure restrittive per il Coronavirus, le lezioni in presenza si sono trasferite sulla piattaforma virtuale Zoom. In un articolo apparso sulla pagina Facebook di Migrateful, Jess Thompson racconta di essere stata colpita personalmente dal virus e che durante la permanenza in ospedale l’affetto degli chef è stato di vitale importanza e grande supporto per riprendersi dalla malattia. Grazie all’esperienza di queste persone e alle loro storie caratterizzate da continue sfide, Jess ha fatto il pieno del coraggio necessario per ripartire in tempi di incertezze come questi.
«Nel corso delle nostre lezioni in presenza c’è sempre un grande scambio umano ed eravamo preoccupati che nella versione online si perdesse quel tipo di energia» ci spiega Anne, «invece le lezioni virtuali stanno funzionando molto bene. Ora che siamo tutti rintanati nelle nostre case, si percepisce un gran bisogno di entrare in contatto con gli altri e condividere momenti di apprendimento e serenità. Tra l’altro stiamo notando che, stando ognuno nella cucina della propria casa, l’e-learning è molto efficace. Abbiamo avuto ottimi feedback sia da parte dei partecipanti sia dai cuochi».
Prima del collegamento via Zoom, a tutti i partecipanti viene inviata la ricetta del piatto protagonista della lezione, la lista con le dosi degli ingredienti e gli utensili necessari.
Lo chef guida la classe dall’inizio alla fine della preparazione, nel corso della quale è assolutamente consigliato fare domande e condividere aneddoti, in un clima disteso e stimolante animato anche dalla presenza di un mediatore culturale che facilita la comunicazione.
Le lezioni online sono a pagamento, come quelle in presenza, ma hanno un costo inferiore che parte da una donazione di 15 sterline a quota. Il numero di partecipanti può arrivare a un massimo di 12 per classe ed è possibile partecipare da qualsiasi parte del mondo, ci dice Anne con entusiasmo e noi lo prendiamo come un suggerimento: «I corsi sono aperti a chiunque abbia un livello di inglese sufficiente per seguire la lezione. Finora abbiamo avuto un pubblico internazionale dalla Francia, gli Stati Uniti e l’Australia ed è stato un successo».