Editorialista e giornalista culturale del Corriere del Mezzogiorno, Felice Blasi è vicepresidente Corecom Puglia, ovvero il Comitato regionale per le comunicazioni che in questi giorni è partner istituzionale del Festival dei giornalisti del Mediterraneo di Otranto.
Partiamo dal binomio comunicazione e migrazione. In quanto giornalista, come valuta lo stato attuale? Quali passi vanno fatti e in quale direzione?
«Per raccontare i migranti, e in generale i popoli del bacino del Mediterraneo, bisogna riuscire a compiere un’operazione giornalistica che spezzi una tradizione di pensiero e di pratica anche giornalistica, di cui la “questione meridionale” è l’esempio storico più evidente. Questa tradizione ha fatto del Sud un oggetto di pensiero, un problema da affrontare, un tema da raccontare. Io credo che sia arrivato il momento di cambiare il paradigma giornalistico e trasformare il Sud da oggetto a soggetto di narrazione giornalistica».
Cosa propone, nello specifico?
«Il giornalismo, di fronte ai nuovi soggetti del Sud e del Mediterraneo, deve quasi negare se stesso come pratica di racconto per fare in modo che quei soggetti riescano finalmente a raccontarsi con la loro voce, col proprio pensiero. C’è in questo, secondo me, qualcosa di fortemente innovativo nel vostro progetto editoriale, perché comporta un ripensamento delle pratiche e delle routine del racconto giornalistico, dei sui strumenti, come le interviste e le inchieste».
Cosa intente per “negare se stesso”?
«Fare in modo che il racconto giornalistico neghi se stesso come un racconto dell’altro per diventare una soggettività che si racconta, questa è la sfida teorica e pratica del giornalismo del Mediterraneo. Altrimenti, il migrante, per esempio, continuerà a restare altro, nonostante tutte le buone intenzioni nei suoi confronti».
Quanto al suo ruolo nel Corecom, che cos’è e quali sono i suoi compiti?
«Il Comitato regionale per le comunicazioni è un organo di controllo previsto dalla legge Maccanico. Ogni Corecom, per la propria regione, è un organo di consulenza, di gestione e di controllo in materia di comunicazioni, dalle TV locali alla telefonia».
Ci fa qualche esempio pratico?
«Per quanto riguarda l’informazione locale in periodo elettorale garantisce sul rispetto della par condicio in periodo elettorale. Mentre per quanto riguarda la telefonia è anche ente di conciliazione tra i vari operatori e i cittadini».
Oltre ad un compito di controllo, avete anche interesse ad aiutare la buona informazione?
«La buona comunicazione ha tutti gli strumenti per esserlo, dai codici deontologici ai principi della nostra Costituzione e al Testo Unico della Radiotelevisione. Per questo considero un nostro dovere far conoscere prima di tutto questo patrimonio di testi fondamentali, attraverso attività di sensibilizzazione nelle scuole ed in ogni contesto».
Siamo in un momento storico in cui attraverso i social media tutti possono svolgere un’attività pubblicistica, senza avere minimamente coscienza di quanto possa essere pericoloso farlo senza conoscere le regole. Non si può fare affidamento solo ad una politica sanzionatoria.
A questo proposito Corecom Puglia è tra i partner istituzionali del Festival dei Giornalisti del Mediterraneo.
«All’art.3 del TUSMAR, ovvero Testo unico della Radiotelevisione che contiene i principi fondamentali della materia. Si legge: “salvaguarda l’imparzialità dell’informazione, l’apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche, sociali, culturali e religiose e la salvaguardia delle diversità etniche”. Far fede a questo articolo significa puntare sulla sensibilizzazione non solo del mondo dell’informazione ma anche su chi viene informato, per questo partecipiamo al Festival di Otranto, che sposa in pieno la nostra mission e i nostri principi».
Informazione imparziale significa anche contrastare quello che oggi chiamiamo hate speech, ovvero l’incitamento all’odio. Cosa ci può dire, a riguardo?
«Mi preme ricordare che quest’anno l’Agcom, con una delibera del 15 maggio 2019, ha adottato un “Regolamento recante disposizioni in materia di rispetto della dignità umana e del principio di non discriminazione e di contrasto all’hate speech“, che è il punto di arrivo di una serie di interventi da parte dell’Autorità negli ultimi anni sul tema delle discriminazioni legate all’appartenenza etnica».
Cosa contiene questo regolamento e cosa prevede?
«Prima di tutto ricorderei che, data la delicatezza e la complessità del tema, questo regolamento è stato sottoposto prima della sua adozione ad una consultazione pubblica, iniziata nel gennaio scorso. Quanto al contenuto, pur tenendo nel dovuto conto il rispetto della libertà editoriale di ogni emittente e del principio di libera manifestazione del pensiero, introduce disposizioni per contrastare l’utilizzo di espressioni d’odio nei servizi media audiovisivi e disciplina tutta una serie di attività di accertamento, vigilanza e sanzioni dell’Autorità in caso di mancato rispetto delle norme introdotte».
Oltre all’azione di contrasto, ci sono misure di promozione?
«Accanto a questo aspetto sanzionatorio, il regolamento prevede che i fornitori di contenuti dei servizi media promuovano l’inclusione sociale, la tolleranza e l’apertura alla diversità, attraverso specifici format, campagne di sensibilizzazione o altre iniziative dedicate all’inclusione e alla coesione sociale, della promozione della diversità. È un importante passo avanti nel sistema del diritto delle comunicazioni italiane».