(foto di Julia Le Duc per AP)

L’ennesimo fallimento dell’Europa è lungo 16 righe. Quante sono bastate ai giudici della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo per respingere il ricorso della comandante della Sea Watch Carola Rackete e dei 42 migranti alla deriva da giorni nel Mediterraneo. Dopo il no dell’Olanda che in linea con il ministro Matteo Salvini ha chiuso i suoi porti, il pronunciamento dei giudici di Strasburgo, città assai lontana da ogni mare, colpisce per alcune motivazioni. Non tanto per la determinazione della territorialità delle acque in cui naviga la Sea Watch, internazionali e dunque non di competenza dell’Italia. Quanto per quella frase che riportiamo per intero: «Le persone non sono esposte a danni irreparabili».

Come dire che se sono vive non corrono nell’immediato il rischio di morire. È la negazione leguleia della realtà di ogni migrazione.

Ce lo ricorda il quotidiano messicano La Jornada che ha pubblicato questa foto di Julia Le Duc, in cui si vedono un padre e una figlia morti a faccia in giù nel Rio Grande mentre cercavano illegalmente di entrare negli Stati Uniti. Lui si chiamava Óscar, sua figlia di appena 23 mesi Valeria. Di loro non sappiamo altro. Solo che volevano lasciare il Messico sognando una vita migliore. Óscar con la maglietta nera avvolge come a proteggere la piccola Valeria della quale vediamo i pantaloncini rossi. Una foto che evoca la morte di un altro bambino, il piccolo Alan morto sulla spiaggia di Bodrum in Turchia. Quella foto divenne virale. Questa di Óscar e Valeria per ora ha avuto poco eco. O siamo diventati assuefatti o siamo distratti. Oppure pensiamo come i giudici di Strasburgo che i «danni irreparabili» per i migranti, alla fine  sono solo un’eccezione.