A ponente della Riviera Ligure, tra i carugi e la vecchia darsena del porto, la crisi connessa alla pandemia ha colpito in modo non molto diverso rispetto al resto d’Italia: «La nostra realtà ben diversa da quella di una grande città. Savona conta 60 mila abitanti. Il problema che abbiamo dovuto affrontare subito, appena è iniziata la quarantena nazionale, è stata la richiesta di cibo» spiega Natascia De Rosso, della Comunità di Sant’Egidio del comune ligure. «Pur non essendoci molte persone per strada, s’è presto creato il problema, perché con la chiusura di tutti esercizi commerciali, la rete di aiuto informale, di bar e negozi che regalavano l’invenduto e aiutavano i senzatetto, è sparita di colpo».  

A venire alla luce, nel mezzo del blocco nazionale, però, è stata una serie di nuove difficoltà. C’è stata, immediata, l’offerta di posti letto da parte della Caritas locale, spiega De Rosso, ma una trentina di persona sono rimaste per strada. Anzi, in spiaggia

La tendopoli dei minori

Si tratta prevalentemente di ex minori non accompagnati usciti dai circuiti dell’accoglienza. «Il tema è semplice, molti di quanti sostavano qui nel corso del viaggio verso Ventimiglia, sono rimasti bloccati in una piccola cittadina che non era certo attrezzata a fare fronte ad una situazione imprevista come questa». In spiaggia, ora, ci sono una decina di ragazzi, poco più che maggiorenni o neppure tali: «C’è stato un tentativo di sgombero, ma la diocesi ha preteso che venissero riaccolti nella rete di protezione e dell’accoglienza strutturata».

Una decina, nonostante questo, è rimasta fuori: molti di loro vengono da un percorso di accoglienza dal quale, probabilmente, sono usciti volontariamente: «Speravano di ricongiungersi con parenti e familiari passando Ventimiglia. Sono tutti francofoni, la maggior parte sono originari di Gambia, Guinea, Senegal. Hanno creato una piccola tendopoli che grazie all’intervento del vescovo non è stata toccata, ma ora agli stabilimenti è stato permesso di iniziare i lavori per riallestire e riaprire…». Nonostante i timori, però, per il momento non ci sono stati problemi: «Anzi, i ragazzi ci hanno raccontato che operai e addetti alla manutenzione sono molto gentili, tolleranti, hanno detto loro di non preoccuparsi».

Il piccolo Mohamed

Ma è De Rosso ad essere preoccupata, per quel gruppetto scalmanato: «Ho un figlio di poco più giovane di loro. Quando li guardo, sono sconvolta. Così giovani, così coraggiosi: giovani uomini con grandi doti di iniziativa, i migliori giovani che potremmo vedere in giro, sottoposti a eventi e fatiche terribili».

Tra di loro c’è Mohamed, piccolo ma ottimista, solo eppure sempre sorridente: «È iniziato il Ramadan e lui, che ci ha raccontato di venire da una famiglia musulmana e di aver perso i genitori, gira con un enorme rosario al collo: dice che così può mangiare i panini al salame. È di un’allegria smodata, considerata la sua situazione». Anche Mohamed, ora, inizia a vacillare. Lui racconta e non racconta, dice e non dice. Devi saperlo leggere tra le righe: «Ho intuito che, da minore non accompagnato, ha lasciato l’accoglienza prima della maggiore età, sperando che questo gli permettesse più facilmente di arrivare in Francia».

Non è stato così, è stato respinto e si è trovato bloccato qui, prima di poter ritentare. Il mio percorso non è finito, ripete. Ma sa di essere bloccato a Savona e il suo ottimismo vacilla. Cerca un modo per tenere le fila della sua vita, ma è dura: è come se il destino si accanisse ancora una volta.

È arrivato a Savona ancora coperto del sale e della sabbia che l’hanno avvolto una volta sbarcato a Lampedusa, senza scarpe, senza nessuno ad abbracciarlo per fargli coraggio: «Un viaggio penoso, aggravato dalla difficoltà del linguaggio. Anche ora, nonostante tutto, continua a spera di poter ricostruite il suo futuro», riflette De Rosso. Con i ragazzi la comunità di Sant’Egidio organizza due cene alla settimana, li va a trovare in spiaggia e lascia tutto nelle tende: «Oltre che la mancanza di cibo, vivono il deserto di relazioni. Ci aspettano per scambiare due parole, per sentire accanto a sé un contatto umano».

La sorpresa

Sono tante e diverse, le situazioni cui Sant’Egidio fa fronte, nella quieta Savona: badanti lasciate a casa dall’oggi al domani, senzatetto terrorizzati dal vuoto cittadino, che gli ha fatto temere l’arrivo di una guerra. Nonostante la sofferenza, De Rosso è rimasta colpita dalla risposta dei suoi concittadini. Positivamente: «In tanti anni, non mi era mai capitato che tante persone mi contattassero, chiedendomi cosa potessero fare. C’è stato un moto di generosità istintiva che non mi aspettavo, c’è chi ha chiesto al sindaco di organizzare posti di ristoro, altri di creare bagni pubblici. Fino ad oggi tutto quel che cuciniamo viene da donazioni. L’altro giorno ho detto a una signora che non avevamo schiuma da barba e lamette, oggi me ne ha portate una valanga».

L’esempio più evidente, poi, si racchiude in due parole: campo nomadi: «Sono dieci famiglie e non avevano mai chiesto il nostro aiuto prima d’ora, perché se la cavano con lavori occasionali. In passato proporre un aiuto per loro è sempre stato problematico. Ora i cittadini di Savona ci hanno riempiti di pacchi, c’è chi mi chiede come fare per portare le medicine per i bambini e il latte in polvere per neonati». Natascia De Rosso sa che quella in cui vive è una zona sulla quale la mancanza di turismo e dell’indotto delle crociere porterà forte crisi, ma ora sa di poter sperare ed essere ottimista, come fa il piccolo Mohamed: Nel pieno dell’emergenza ci siamo stretti per fare posto a nomadi e stranieri. Posso sperare che, finito tutto questo, ce ne ricorderemo ancora».

NRW ha deciso di sostenere i progetti di Sant’Egidio per aiutare le vittime collaterali della pandemia: i senzatetto, siano essi italiani o stranieri. Per partecipare attivamente, fare una donazione, qui trovate le istruzioni.