Burmachach Tomoeva, per tutti Buma, è in Italia dal 2012. Ora sta frequentando il master di Management e design dei servizi all’Università Bicocca di Milano. Ha fondato l’Associazione Nazionale Kirghizistan Italia (ANKI) per riunire i kirghisi in Italia e per far conoscere agli italiani la loro cultura e il loro Paese.
Perché ha deciso di venire in Italia?
«Mio padre è morto mentre frequentavo l’università, io sono la figlia maggiore, mi sono sentita in dovere di aiutare mia madre e i miei fratelli. Mi avevano detto che in Italia avrei trovato lavoro. Durante il volo per l’Europa ho conosciuto una ragazza kirghisa che raggiungeva i suoi parenti a Napoli e mi ha detto che avrebbero potuto ospitarmi e aiutarmi. In Campania c’è una comunità kirghisa abbastanza numerosa. Sono rimasta lì quasi tre anni, presso una famiglia di Caserta. Intanto ho continuato a studiare, soprattutto l’italiano. Poi ho colto l’occasione di Expo 2015 e sono arrivata a Milano. È stato amore a prima vista con la città».
Cosa ha scatenato il suo amore per Milano?
Expo 2015 è stata un’occasione splendida per me. Lavoravo presso il padiglione di uno stato africano che confinava con quello del Kirghizistan, per cui è stato come riallacciare dei fili con la mia patria. Poi ho capito cosa significa essere in una città cosmopolita. Così mi sono fermata e ho iniziato anche a organizzare incontri con gli altri kirghisi. Fin da piccola ho avuto la capacità di aggregare le persone. Adesso che sono più grande, mi piace aggregarle attorno ad un progetto.
Un progetto come l’associazione che ha fondato?
«Sì, ho dato vita ad ANKI, Associazione Nazionale Kirghizistan Italia, per riunire i kirghisi che in Italia sono circa 6-7000 e per far conoscere agli italiani la nostra cultura e il nostro Paese. Vorrei anche aiutare le donne kirghise a ritrovare la loro autonomia. Organizzo tantissimi eventi, il più importante è la Festa di Primavera, a cui partecipa la famosa cantante kirghisa Gulnur Satylganova. Mi piace soprattutto mettere in rete i nostri artisti, farli conoscere in Italia e in Europa».
Lei è anche una delle pochissime modelle curvy di origine asiatica. Come è entrata nel mondo della moda?
«Ho una taglia 46, un giorno ho visto un evento organizzato da Laura Brioschi con modelle curvy che provenivano da molti Paesi, le ho scritto chiedendole se avesse bisogno di un ragazza asiatica che amava il suo impegno a favore delle diversity. Così mi ha scelto tra altre come modella asiatica. Ci siamo incontrate e ho partecipato al progetto di Laura in collaborazione con Le Perle di Pinna, “Pregi ok, Pregiudizi Away”. Da allora ho lavorato spesso con lei. Laura Brioschi per me è un esempio di professionalità e umanità. Il mondo della moda non è un mondo semplice, eppure lei lo rende accessibile, si intessa molto alle nostre vite e ascolta la nostra opinione. Io la adoro! Sfilo anche per il brand di Natasha Siassina e sostengo la sua battaglia per aiutare le donne vittime di violenza».
Lei è arrivata dal Kirghizistan in Italia nel 2012, ci può raccontare del suo Paese, di cui noi sappiamo poco, tranne che è una ex repubblica sovietica?
«Il Kirghizistan è diventato indipendente ventotto anni fa, quando sono nata. Forse è per questa coincidenza che sono una persona indipendente e libera dalle convenzioni, ancora molto radicate nella famiglia e nella cultura del mio Paese. Il Kirghizistan è molto bello, tanti italiani che sono andati a visitarlo ne sono tornati affascinati. Il mio sogno è essere un ponte fra i due Paesi e aiutare il turismo kirghiso».
Com’era la sua vita a Bakai-Ata, dove è nata?
«A Bakai-Ata, vivevo con i miei genitori, mia sorella e due fratelli. Mia nonna, mi ha fatto conoscere le usanze della mia terra, anche quelle religiose di quando ancora si pregava Dio attraverso la natura e i suoi fenomeni. Poi purtroppo una visione troppo radicale del Corano ha prevalso: ormai si vive solo seguendo le parole degli imam che impediscono alle donne di avere una vita libera».
Quando è andata via da Bakai-Ata?
«A Bakai-Ata spesso le ragazze venivano portate via. Se venivano prese di mira da un uomo e dalla sua famiglia, potevano essere rapite. Avevo capito che sarebbe successo anche a me, così pregai mio padre di farmi partire per la capitale e frequentare l’università. All’inizio era contrario, ma il mio pianto di disperazione l’ha convinto, così mi sono trasferita da mia zia a Biškek. Durante l’università mi sono mantenuta dando ripetizioni. Conosco l’inglese, il russo e adesso anche l’italiano, oltre ovviamente al kirghiso».
Quale sogno vuole realizzare, Buma?
«Aiutare il Kirghizistan ad uscire dalla povertà, convincendo i kirghisi che dopo tanti anni di lavoro in occidente devono aiutare i loro concittadini ad aprirsi alla cultura occidentale, perché è dallo scambio culturale che può nascere prosperità ovunque. Mi piacerebbe davvero rappresentare la comunità kirghisa in Europa e convincere il Kirghizistan ad avere una rappresentanza diplomatica in Italia, perché la più vicina è in Svizzera. Poi vorrei creare una mia linea di cosmetici».
Tornerà in Kirghizistan?
«Se mi facessero fare il ministro degli Affari esteri, perché no?».