Discriminazioni razziali e/o religiose. Aggressioni xenofobe alla persona ma anche furti, danni alla proprietà. Incitamento all’odio, atti di violenza fisica e/o verbale. Sono solo alcune delle fattispecie criminose che fanno da sfondo alle statistiche sul razzismo che oggi, non solo in Italia, registriamo in costante aumento. Numeri e statistiche da maneggiare con cura, se non con le proverbiali molle. Anche quando si tratta di dati ufficiali, spesso aggregati e classificati con criteri di raccolta non omogenei da Paese a Paese, persino all’interno della stessa area UE.
Ce lo conferma un’istituzione prestigiosa come l’OSCE (Organization for Security and Co-operation in Europe), che da 10 anni attraverso l’ODIHR, il suo ufficio per i diritti umani, aggiorna il report annuale sui crimini d’odio in 57 Paesi. Basato sulle denunce raccolte dalle polizie di stato o da agenzie governative come l’italiana OSCAD (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori), i dati ufficiali riflettono inevitabilmente il grado di civiltà giuridica di un Paese e, in pratica, le diverse garanzie per la vittima che denuncia l’aggressore: apprezzabili al Nord, che si tratti di Svezia o Regno Unito, assai meno diffuse in Francia e Italia, specie per i reati minori. I dati che arrivano all’ODIHR sono inoltre spesso incompleti della fattispecie penale (aggressioni) con criteri di raccolta che possono variare di anno in anno e da un Paese all’altro. Qualcuno utilizza criteri molteplici (pregiudizi religiosi o etnici ad esempio) per il medesimo episodio, mentre altri, come la Francia, focalizzano da sempre orientamenti specifici come antisemitismo e islamofobia.
Stando alle denunce, l’Italia invece vede i crimini d’odio a sfondo xenofobo o religioso di nuovo in crescita a partire dal 2016. Nel 2017 (ultimo dato OSCE disponibile) i reati legati alla violenza razzista risultano addirittura quintuplicati rispetto all’anno precedente.
Una conferma indiretta arriva da Cronache di Ordinario Razzismo, l’osservatorio legato all’associazione Lunaria che dal 2007 monitora e classifica gli episodi di discriminazione e di xenofoba apparsi sul media. Nel 2018 nel radar dell’osservatorio sono più che raddoppiate (da 46 a 126) le violenze fisiche, ossia la punta più visibile dell’iceberg intolleranza.
«Il nostro osservatorio — chiarisce la coordinatrice, Grazia Naletto — non ha alcuna pretesa di fornire una rappresentazione statistica del fenomeno: il nostro ruolo è quello di raccontare e denunciare l’evoluzione del razzismo quotidiano per renderlo visibile e contestare la tesi di coloro che tendono a negarne l’esistenza. Riteniamo d’altra parte che sia essenziale comprendere le radici storiche, politiche, sociali e culturali di ciò che succede oggi, più che proporne una rappresentazione quantitativa sensazionalistica».
Siamo davvero davanti a un’emergenza? Secondo l’associazione Lunaria i dati sono oscillanti ed è improprio parlare di emergenza.
«Denunciamo da molto tempo il rischio di una propagazione di atti e comportamenti discriminatori e razzisti. Riteniamo che il discorso pubblico intriso di xenofobia e di razzismo, che alimenta una spirale di comportamenti sociali discriminatori e violenti, risalga, purtroppo, a ben prima dell’inizio dell’attuale legislatura e non sia stato considerato con la dovuta attenzione da parte delle istituzioni, delle forze politiche democratiche e degli operatori mediatici. Per questi motivi ci sembra improprio parlare di un’ impennata o di definire il razzismo di oggi un’emergenza. Fatta questa premessa, dal 2007 al 2018 le violenze razziste da noi documentate hanno avuto un andamento molto oscillante: nel 2009, ad esempio, avevamo già registrato 129 violenze razziste, pressoché dimezzate l’anno successivo. Nel 2011 i casi documentati sono di nuovo cresciuti, per poi sviluppare una tendenza alla diminuzione sino al 2016, tornata a risalire nel 2017 e nel 2018».