Per Redouane Niraoui, 46 anni, marocchino di Casablanca, impiegato postale a Torino e attore teatrale, la sua vera vita è sul palcoscenico: «Lavoro molto con i bambini, italiani e stranieri di origini. Cerco di non fare dimenticare la nostra cultura, ma loro sono italiani a tutti gli effetti. La loro vita è qui», ci ha raccontato.
Perché è venuto in Italia?
«Ho una laurea in legge ma per motivi politici non potevo esercitare nel mio Paese. Alla fine ho aperto un negozio di alimentari a Casablanca. Era vicino a un orfanotrofio. Non era il mio lavoro, non mi facevo pagare, se una mamma mi chiedeva un cioccolatino per suo figlio glielo davo, se un bambino voleva un biscotto glielo davo. Ma questa è stata la mia fortuna».
In che senso?
«Un ragazzino, che aveva già cercato altre volte di venire in Europa, mi disse che mi avrebbe portato in Italia al posto di pagarmi. L’ho seguito, sono salito su una nave verso Salerno, come un turista qualsiasi».
Come un irregolare…
«All’inizio è stata dura. Non conoscevo nessuno. Insieme ad altri duemila marocchini ho dormito per mesi in una fabbrica dismessa. Lavoravo nei campi, raccoglievo i pomodori. Io che non avevo mai visto una zappa in vita mia. Poi ho lavorato in un campeggio, sempre in nero, senza documenti. Ma era solo l’inizio».
Come tanti, avrà fatto mille lavori…
Un amico mi ha convinto a seguirlo a Rimini per fare il lavapiatti. Ho una laurea in Giurisprudenza, ho studiato tutti questi anni per fare il lavapiatti? Sei mesi dopo sono andato a Biella, mi occupavo della manutenzione di auto e macchinari industriali. Era una società tedesca, volevano assumermi, portarmi in Germania, ma io non ero in regola, avevo i documenti di un altro. Poi finalmente c’è stata la sanatoria nel 2003».
Quando ha ottenuto la cittadinanza?
«Con il matrimonio, ho sposato un’italiana, abbiamo tre figli».
La passione per il teatro quando le è venuta?
«Alle scuole elementari a Casablanca. Nel mio quartiere o facevi il calciatore o facevi l’attore. Ho scelto di fare l’attore».
Teatro e cinema…
Ho fatto due film. Un cortometraggio italo marocchino nel 2006, Un giorno particolare, sulla vita di un venditore di strada. E, nel 2012, Il debito del mare, su un migrante che perde il fratello durante una traversata. Poi compaio in alcuni video clip musicali.
Attore ma anche insegnante di teatro per bambini.
«Ho iniziato a Biella, in un centro islamico. I bambini amano fare teatro. Facciamo teatro moderno ma anche classico».
Anche testi occcidentali?
«Opere del mio Paese per non dimenticare da dove veniamo, ma pure Shakespeare. I bambini partono da un testo classico e lo adattano alle loro esigenze, cambiandolo in modo radicale. Ci sono bambini italiani di origini straniere e italiani e basta».
Come si trovano tra di loro?
«Sono compagni di scuola. Si sentono solo bambini, non ci sono marocchini e italiani. È come dovrebbe essere normalmente. Io, anche se ho la cittadinanza italiana, sarò sempre un marocchino».
E i suoi figli che sono nati qui?
«I nostri figli invece sono italiani e basta. Al massimo hanno paura di non essere né italiani né marocchini. Ho tre figli, cerco di fargli capire che questa è la loro terra, il Marocco quella del loro padre e del nonno. Non possono fermarsi alla nostra storia».