Soltanto pochi anni fa, nel 2011, l’ISTAT calcolava che tra mezzo secolo, nel 2065, in Italia ci sarebbero stati 61,3 milioni abitanti, cioè pressappoco quanti ne conta oggi, grazie a un’ipotesi piuttosto ottimistica. Ossia prevedendo che il “saldo naturale” negativo (tra nascite e decessi) sarebbe stato più che compensato dalla “dinamica migratoria” positiva con l’estero. Sette anni dopo, la proiezione appare completamente diversa: rispetto al 2017 (60,6 milioni) si stima che nel 2045 ci saranno 1,6 milioni abitanti in meno e ben 6,5 milioni nel 2065, malgrado una quota annua di immigrati stimata tra le 337 mila e le 271 mila unità. Nello scenario cosiddetto “mediano” — cioè il più probabile secondo ISTAT — il Sud Italia e le Isole risulterebbero inoltre maggiormente penalizzate rispetto al Centro e al Nord. A scanso di equivoci, le probabilità che la popolazione aumenti, a fronte di valori eccezionalmente positivi in fertilità (già prevista in crescita da 1,34 a 1,59 figli), flussi migratori e/o mortalità, sarebbero pari a un misero 9%.
Nel complesso, la tendenza alla decrescita demografica ci avvicina a Germania, Polonia, e in generale all’Est Europa, paesi
con un serio problema di invecchiamento della popolazione, e ci allontana da paesi come Francia, Spagna e Regno Unito e della stessa
Svezia società orientate a crescere anche nel prossimo mezzo secolo.
E’ quello che emerge dalle proiezioni Eurostat, basate per metà sulle serie storiche, per metà sull’ipotesi che i fattori demografici rilevanti
– il tasso di natalità, la speranza di vita media e persino l’appeal del singolo paese per i lavoratori stranieri – siano destinati, almeno in parte,
ad uniformarsi nel lungo termine all’interno dell’Unione Europea.
Da notare che fattori non demografici rilevanti, come l’economia, il welfare e le politiche di accoglienza, non figurano nel modello,
anche se possono risultare indirettamente incorporati nella natalità più elevata dei francesi e degli svedesi.
[infogram id=”5fde71e0-39ad-4326-8c78-c8e3a40bbbdb” prefix=”2gS” format=”interactive” title=”Andamento della popolazione nei principali Paesi UE (2020-2080)”]
Del resto basta uno sguardo alla composizione della popolazione attualmente residente in Italia per rendersene conto: da un lato la popolazione con cittadinanza italiana, con un perimetro demografico più ampio nella fascia dei 40-50 anni e con una forte contribuzione (28%) di over 60, dall’altra gli oltre 5 milioni di residenti con diversa cittadinanza, dove la fascia “over” raggiunge appena il 6%.
[infogram id=”5d4b155b-2789-4c8a-8ec6-192b28723bb3″ prefix=”jEa” format=”interactive” title=”Composizione della popolazione italiana per cittadinanza e per et‡”]
[infogram id=”ed3a114c-5846-409b-86c3-809037774ac4″ prefix=”NZJ” format=”interactive” title=”Confronto cittadinanza italiana e non italiana per et‡”]