Mentre nei palazzi romani si tratta fra veti e controveti per costituire una nuova maggioranza di governo e già impazza il toto-nomine sui futuri ministri, irrompe l’allarme raccolto da Alarm Phone: un nuovo naufragio al largo delle coste di Al Khoms, in Libia.
Altri 101 naufraghi sono ora a bordo della nave Eleonore della Ong tedesca Lifeline che ha chiesto all’Italia l’autorizzazione all’approdo. E invece Matteo Salvini, ministro dell’Interno del governo dimissionario, ha firmato il divieto di ingresso, transito e sosta nelle acque italiane che è stato approvato e controfirmato anche dal ministro della Difesa Elisabetta Trenta e dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli come previsto dal decreto sicurezza bis. Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Associazione per gli Studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), ci spiega cosa può accadere ora.
Il governo è dimissionario, ma il decreto sicurezza bis è in vigore. Cosa ipotizza davanti a questa ennesima tragedia?
«Sono sconcertato. Il soccorso è stato effettuato in area Sar libica, che non offre alcun porto sicuro alle navi e che quindi non sono obbligate a dirigersi verso la Libia. Come già successo con la nave di Open Arms, si stanno violando le regole internazionali del soccorso. Qualunque cosa succeda a questa nave, chi ha rallentato i soccorsi, che devono essere tempestivi, dovrà assumersene la responsabilità».
Eppure è già accaduto con Open Arms, la cui odissea si è conclusa, dopo 19 giorni, grazie a un intervento del Tar e della procura di Agrigento.
«Proprio per questo motivo è incomprensibile questo ulteriore provvedimento di diniego. Il Tar del Lazio, a cui aveva fatto ricorso Open Arms, aveva evidenziato che il diniego all’accesso alle acque territoriali era privo di adeguate motivazioni giuridiche: il soccorso e la richiesta di portare i migranti nel porto sicuro più vicino non rappresentavano alcun problema di ordine pubblico né violavano la legge sull’immigrazione. E inoltre era intervenuta successivamente anche la procura di Agrigento».
Ancora più incomprensibile e inaccettabile che tale divieto venga firmato da un governo dimissionario oggi, davanti alla richiesta di aiuto per portare in salvo dei naufraghi.
Cosa potrebbe succedere e come si potrebbe risolvere questo ennesimo dramma dei soccorsi?
«La nave di Lifeline potrebbe fare ricorso al Tar, come ha fatto Open Arms. Oppure si può confidare in una soluzione internazionale e cioè che la Commissione Europea chieda agli stati membri di ricollocare i migranti salvati in diversi Paesi. E se venisse accolta questa richiesta, mi preme sottolinearlo, i migranti diventerebbero richiedenti asilo e non clandestini, come invece vengono definiti dalla propaganda di Salvini, che usa una comunicazione aggressiva per alterare la realtà. Infine si può ipotizzare una soluzione estrema di blocco navale per stato di necessità, ma questo dipende dalle condizioni dei migranti a bordo. A mio avviso sarebbe più auspicabile una soluzione condivisa dall’Unione Europea oppure, alla luce del caso di Open Arms, il ricorso al Tar che è, ricordiamolo, vincolante».
Resta da capire perché firmare il diniego all’approdo in Italia nel mezzo della crisi di governo da ministri dimissionari.
«Il ministro dell’Interno vuole continuare a mostrare i muscoli per ragioni di consenso personale e far vedere ai suoi elettori che fino alla fine ha difeso i confini italiani. Non capisco la scelta di firmare il diniego da parte degli altri ministri, ma pare chiaro che, purtroppo, davanti alla tragedia dei naufraghi, hanno prevalso manovre di Palazzo».