La prima volta che ci aveva scritto la sua storia, quasi all’inizio del nostro viaggio nell’integrazione, aveva esordito così: «In un supermercato di Modena, mi avvicino alla cassiera per chiedere un’informazione, lei mi risponde declinando tutti i verbi all’infinito, allora le spiego di essere italiana e di conoscere e di conseguenza capire la lingua del mio Paese. Che cosa è successo? Semplicemente, la cassiera si è basata sul colore della mia pelle. Mi chiamo Layla Yusuf e sono nata in Somalia. Sono arrivata in Italia nel 1991, dopo essermi rifugiata, per un anno, con la mia famiglia in Kenya. Fummo costretti a fuggire dalla Somalia a causa della guerra civile. Per tre anni, grazie ad una borsa di studio, ho condotto ricerche presso l’Università di Padova, nel dipartimento di Chimica analitica strumentale. Le mie ricerche riguardavano l’identificazione di idrocarburi polinucleari aromatici, relativi all’inquinamento dei gas di scarico attraverso HPLC. Come si dice, “tanta roba”».

Ora che è candidata nel collegio Nord Est alle europee con Più Europa, si presenta in questo modo: «Mi chiamo Layla Yusuf, vivo come te a Bagnolo, abito in zona Valle Fiorita, qui lavoro e qui ho cresciuto mia figlia Muna. Da anni mi occupo di commercio e sviluppo internazionale tra Italia-Africa-Cina. Parlo correttamente italiano, inglese e arabo. Sono da sempre attivista per i diritti delle donne, combatto perché nessuna donna subisca più violenze e per l’emancipazione economica e sociale».

Non cerco soldi o potere, mi sono candidata per rappresentarti al Parlamento Europeo perché devo molto all’Italia e a Bagnolo che mi hanno accolto e perché sono stanca di questa politica piena di odio e slogan vuoti. Penso davvero che con un’Europa migliore e diversa possiamo stare meglio tutti.

La cosa che colpisce di più non è il suo cv da urlo, ma il fatto che finalmente
— malgrado il tentativo governativo di frenare il cambiamento con ulteriori paletti per poter acquisire la cittadinanza per cittadini stranieri
— alle elezioni europee ed amministrative ci siano per la prima volta diversi candidati di prima e seconda generazione. Persone semplicemente nate o cresciute qui che ci ostiniamo a chiamare nuovi italiani perché non troviamo mai il termine adatto per definirli con una sintesi. Layla Yusuf ha militato per anni nel Partito democratico, tessera di un circolo ancora in tasca, ora ha scelto Più Europa per diverse ragioni. «È stata la delusione sia per la mancata legge dello ius soli sia per la mancata abrogazione della Bossi-Fini. Troppi veti interni Pd ci impedivano di progredire e a me stare ferma mette ansia», racconta. «Inoltre ho aderito con convinzione all’idea degli Stati Uniti d’Europa, ma soprattutto mi stanno a cuore i diritti civili. Non si tratta solo della campagna Ero straniero per aiutare i migranti che si sono integrati a superare la precarietà: ho scelto Più Europa perché sono più attenti ai diritti civili, che in questo momento hanno bisogno di essere difesi più che mai. Inoltre, come manager, condivido anche la prospettiva economica liberale di Più Europa».

Chi è Layla Yusuf? Lo si capisce guardando un video di pochi secondi in cui vengono presentati i candidati del suo collegio. All’inizio si mostra esitante, con un turbante africano in testa che le hanno dato per evidenziare la sua identità, o meglio le sue origini. Sguardo accigliato per qualche frazione di secondo finché non decide di togliersi il turbante e scrollare il capo per scogliere la chioma. Con un espressione sollevata, inforca gli occhiali e guarda in camera con un sorriso beato. L’immagine della libertà. Questa è Layla Yusuf. Guardatela.

«Con un gruppo di amici e professionisti abbiamo fondato il gruppo di Più Europa a Reggio Emilia. All’inizio eravamo in dodici, come gli apostoli», ride, «Poi sono arrivati altri delusi sia dal Pd, sia dal M5S. Ora sono coordinatrice della provincia e, dopo il congresso anche membro dell’assemblea nazionale. Su cinque collegi, ci sono tre candidati di origine straniera. Mi pare un passo avanti. L’Europa deve unificare le normative per la cittadinanza perché siamo italiani e figli dell’Europa. In ogni caso a me stanno a cuore i diritti di tutte le minoranze».

Come ricordo a tutti gli incontri, sono da sempre attivista per i diritti delle donne, combatto perché nessuna donna subisca più violenze e per l’emancipazione economica e sociale. Con la mia testimonianza, voglio far germogliare idee ed essere di esempio per molti migranti rimasti nell’ombra. Non si può più stare a guardare e subire la tensione sociale, le campagne d’odio. Bisogna agire e spero che la mia testimonianza possa essere utile.

E il turbante? L’ha tolto, ci spiega ridendo, perché era assurdo indossarlo. «Non l’ho mai messo neanche in Somalia, non si capisce perché dovevo farlo ora per una campagna elettorale e sposare gli stereotipi». Più Europa, più lavoro, più parità di genere, più libero scambio, più Erasmus per giovani, più stranieri che possano diventare italiani anche sulla carta. Il programma di Layla Yusuf che potete trovare qui è una lunga sequela di più.