E allora il Pd? Questa domanda è diventata un refrain, un tormentone, fonte di amarezza e talvolta di irritazione per i militanti e simpatizzanti del Partito democratico. Un interrogativo sarcastico e polemico per quanti hanno rimproverato al centrosinistra di non aver saputo intercettare la paura e il disagio che hanno portato al governo la coalizione giallo-verde. È da questa domanda che è partito un breve ciclo di interviste di NuoveRadici.World ai candidati che si contendono la segreteria del partito. Un ciclo iniziato con Francesco Boccia, prima che venisse escluso dalla competizione. Ora lo abbiamo chiesto al parlamentare Roberto Giachetti, candidato con la deputata Anna Ascani alle primarie con la mozione #SempreAvanti.

Come mai il centrosinistra non  è stato capace di costruire una narrazione alternativa a quella leghista sul tema dell’immigrazione? 

Mi spiace, ma devo contraddirla. Noi abbiamo certamente commesso alcuni errori di comunicazione, ma credo anche che a parlare siano i fatti, e in questo caso i fatti e le norme dovrebbero già di per sé interpretare le narrazioni che li sottendono. Un esempio su tutti: Marco Minniti da ministro dell’Interno i porti non li ha mai chiusi, non ha mai tenuto in ostaggio degli esseri umani peraltro provati dalle fatiche di una traversata e dall’orrore da cui scappavano. I nostri provvedimenti prevedevano cose chiare: da un lato —  sul piano della sicurezza —  la lotta ai trafficanti di esseri umani. Dall’altro —  nell’ottica di una effettiva integrazione —  il potenziamento dei centri di accoglienza diffusi sul territorio nazionale. A differenza di chi lucra sulla pelle di disperati per mero tornaconto elettorale, noi abbiamo sempre affrontato la questione provando a gestirla nel quadro della globalità del fenomeno. 

Non pensa che il dibattito sull’immigrazione sia eccessivamente polarizzato e prigioniero di una narrazione sfuocata?

Le cose da dire sarebbero tante. L’immigrazione è una delle grandi questioni globali e perciò andrebbe affrontata tenendo conto di tutte le sue complessità. Sono d’accordo con lei, il dibattito è polarizzato, però mi permetta di aggiungere che la polarizzazione di certe posizioni è figlia di un problema più grosso, che è la semplificazione talvolta isterica sul merito di una questione così profondamente articolata. Un fenomeno di questa portata non può ridursi all’enunciazione di slogan e non si governa a colpi di tweet. 

Insisto. Eppure non era difficile cambiare narrazione con 5 milioni e mezzo di stranieri, oltre 1 milione di nuovi italiani che stanno emergendo ovunque, non solo a Sanremo. Bastava forse raccontare il mosaico culturale che sta emergendo quasi con prepotenza? Perché non è stato fatto? 

Le migrazioni possono spaventare e non credo basti raccontare il mosaico culturale che sta emergendo, che pure è una parte del ragionamento da fare per rovesciare un messaggio sbagliato quale è quello del governo giallo-verde. L’immigrazione, se gestita in maniera corretta, cioè tenendo conto di legalità e umanità, è un’opportunità e sono convinto che l’Italia debba trovare il coraggio di investire sui nuovi italiani, valorizzando il contributo che danno alla società e abbattendo così i pregiudizi. 

Ho letto le vostre proposte concrete nella mozione #SempreAvanti su diritto di asilo, governo dei flussi migratori, come coniugare sicurezza e accoglienza, ma poco sulle politiche di integrazione in cui non abbiamo mai eccelso in Italia. Qual è la sua riflessione? 

Come ho avuto modo di dire più volte, chi arriva in Italia arriva in Europa. Va modificato il Regolamento di Dublino, va potenziata la gestione virtuosa degli SPRAR, va istituita un’Agenzia Europea che metta in condizione gli stati membri di verificare le condizioni per l’accoglimento delle richieste di asilo e parallelamente garantire canali regolari di accesso in Europa con mezzi sicuri, cosa che peraltro ridurrebbe l’immigrazione irregolare. Lo ius culturae, per dirne una, non è più rinviabile: un bambino che conclude un ciclo di studi in Italia è italiano e su questo non ci può più essere alcun tentennamento.

La mia impressione però è la seguente. Pur avendo giovani di seconda generazione che emergono nel Partito democratico, si tende a rimuovere la questione fondamentale dell’integrazione. E così ci si limita a criticare ciò che fa il ministro dell’Interno Matteo Salvini, invece di fare conti con la portata dei cambiamenti che un partito progressista dovrebbe intercettare.

Salvini ha individuato nei migranti un nemico da combattere e il centro della sua azione politica. Il decreto sicurezza genera se possibile più insicurezza e questo gli consente di tenere il Paese in continua fibrillazione, seminando risentimento e paura per riscuotere una manciata di voti. Noi abbiamo il diritto di denunciarlo tanto quanto abbiamo il dovere di rivendicare con orgoglio il lavoro fatto, continuando sulla strada che avevamo intrapreso insieme alle migliori energie del Paese e che prevedeva innanzitutto il rispetto dei diritti umani. I giovani di seconda generazione sono e devono essere una risorsa per il Partito democratico, nella consapevolezza di aver trovato non solo la loro casa, ma soprattutto un interlocutore che ne sappia esaltare il valore aggiunto di cui sono portatori.