L’immigrazione sarà ovviamente al centro delle prossime elezioni europee che si terranno nel maggio del 2019. In campo scenderanno i conservatori del PPE, i socialdemocratici, i verdi ed i liberali contrapposti alle nuove forze del fronte sovranista euro-scettico di Matteo Salvini e di Marina Le Pen e ad un’alleanza progressista che per la prima volta comprenderà partiti transnazionali, come per esempio il DieM25 di Yanis Varoufakis e Volt, il movimento della generazione dell’Erasmus, che invece puntano a riformare l’Europa dall’interno.
Oltre all’elezione di 750 eurodeputati dai 27 Paesi dell’Unione, tra maggio e novembre 2019 verranno rinnovati anche i presidenti del Parlamento europeo, della Commissione, del Consiglio e anche l’Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza. Si tratta di un cambio ai vertici europei che ribalterà le dinamiche di potere instaurate da Jean- Claude Juncker, Donald Tusk, Antonio Tajani e Federica Mogherini e avrà un impatto determinante per la direzione futura dell’Ue. Una cosa è certa: l’immigrazione ed il ruolo dell’Unione europea nel controllo dei flussi migratori saranno tema scomodi con cui tutti i candidati dovranno confrontarsi.
Alcuni dati sull’affluenza
Secondo i dati ufficiali del Parlamento europeo, l’affluenza alle elezioni europee del 2014 (42.6%) è stata la più bassa dal 1979. Questo dato nasconde però notevoli variazioni a livello nazionale da un massimo in Belgio del 90%, al 57% in Italia, fino ad un minimo del 13% in Slovacchia. Complessivamente, alle urne sono andati più gli uomini che le donne e gli over-55. I giovani, le minoranze etniche, ed i disoccupati sono stati i grandi assenti al voto di cinque anni fa, principalmente a causa di una mancanza di fiducia nei politici e nel ruolo del Parlamento europeo. Questo dato è più rilevante soprattutto fra i giovani, di cui solo il 28% ha votato. Nel 2014 i temi più importanti per gli elettori sono stati la disoccupazione, la scarsa ripresa dell’Unione dopo la crisi economica e l’immigrazione.
Cosa possiamo aspettarci nel maggio del 2019? I dati di “Democracy on the move” di Eurobarometer possono darci alcune indicazioni sulle percezioni attuali tra i cittadini europei. Nell’epoca delle fake news, dopo il referendum nel Regno Unito che ha innescato la Brexit, e nonostante l’avvento dei sovranisti, il sondaggio rivela il più alto livello di sostegno dei cittadini per l’Unione europea dal 1983 (67%). Sorprendentemente, il 48% degli europei pensa anche che la propria voce sia ascoltata dall’Ue ma associa la propria intenzione di voto ad un dibattito necessario sul futuro dell’Unione europea.
Per quanto riguarda le tematiche, in seguito alla “emergenza immigrazione”, non sorprende che i cittadini oggi mettano la sicurezza e l’immigrazione al primo posto, seguita dal benessere economico. In contrapposizione ad alcune percezioni negative però, una nuova indagine di Eurobarometer, condotta nei Paesi dell’Eurozona e pubblicata questa settimana? , rivela che tre cittadini su quattro vedono l’Euro come una cosa positiva. Anche tra gli italiani, apparentemente, il 57% pensa che l’Euro sia un bene per l’Italia, il 12% in più rispetto al 2017.
Gli Spitzenkandidaten
Una delle novità che più piace agli europei, secondo l’Eurobarometer, è la procedura, varata nel 2014, degli “Spitzenkandidaten”. Questi sono candidati sovranazionali alla presidenza della Commissione europea, nominati dai partiti politici europei. Gli obiettivi sono la mobilitazione dell’elettorato per contrastare la percezione di una Commissione poco trasparente e distante dai cittadini, nonché il rafforzamento del Parlamento europeo a scapito però del Consiglio europeo, che ora è chiamato a nominare il candidato del partito che ha vinto più seggi nelle elezioni europee. Per questa ragione, la procedura è stata criticata da alcuni leader europei quali, per esempio, Emmanuel Macron. Anche i liberali europei guidati da Guy Verhofstadt, si sono rifiutati di selezionare un solo Spitzenkandidat e contano di presentare una lista di candidati per le varie poltrone in gioco a Bruxelles nel 2019.
Gli altri partiti invece stanno già schierando i propri Spitzenkandidaten. L’europarlamentare conservatore tedesco Manfred Weber eletto dal PPE, attualmente il più grande partito al Parlamento europeo, al socialdemocratico olandese, nonché vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans. Il pragmatico Weber dovrà tenere a bada il compagno di partito Viktor Orban che al recente Congresso del PPE a Helsinki ha dichiarato che l’Europa deve prendersi le sue responsabilità per non essere riuscita a «tenere dentro i Britannici e fuori gli immigrati». Il nome di Timmermans invece è indissolubilmente legato al controverso accordo sui migranti che ha concluso per l’Unione europea nel 2016 con la Turchia.
Si è parlato anche del vicepremier Matteo Salvini come possibile Spitzenkandidat del fronte sovranista, ma non c’è ancora una conferma. I Verdi europei invece hanno selezionato i loro due candidati il 25 novembre al congresso di Berlino: l’olandese Bas Eickhout e la tedesca Ska Keller, tutti e due eurodeputati. Ska Keller, già selezionata come Spitzenkandidat dei Verdi nel 2014, è divenuta negli ultimi anni una voce importante del movimento ecologista e sociale europeo. Paladina dei migranti e dei rifugiati, in quanto portavoce dei Verdi europei sull’immigrazione, ha apertamente criticato l’Ungheria e la Slovacchia perché si sono rifiutate di accettare i migranti provenienti dalla Grecia e dall’Italia.
Infine, rimarrà da vedere chi si insedierà al posto di Donald Tusk a capo di un Consiglio europeo sempre più difficile da condurre; e chi al posto di Federica Mogherini, figura emblematica della (mala?) gestione da parte dell’Ue dei flussi migratori in Europa dal 2014.
NuoveRadici.World seguirà la campagna elettorale che si avvicina, tutta incentrata sui temi dell’immigrazione e l’integrazione.