Sul sito del ministero dell’Interno c’è una pagina dedicata alla “cittadinanza” nella quale si legge, tra le altre cose, che «la cittadinanza italiana si acquista iure sanguinis, cioè se si nasce o si è adottati da cittadini italiani. (…) La cittadinanza può essere richiesta anche dagli stranieri che risiedono in Italia da almeno dieci anni e sono in possesso di determinati requisiti. In particolare il richiedente deve dimostrare di avere redditi sufficienti al sostentamento, di non avere precedenti penali, di non essere in possesso di motivi ostativi per la sicurezza della Repubblica. Si può diventare cittadini italiani anche per matrimonio».
Ciò che da queste righe non si comprende è la difficoltà di acquisire la cittadinanza dopo il decreto legge n. 113/2018 (cosiddetto decreto sicurezza), convertito in legge n. 132/2018.
Questo provvedimento ha raddoppiato i termini per la conclusione dei procedimenti relativi alla concessione della cittadinanza, vale a dire dai 730 giorni previsti in precedenza (Dpr 362/1994) agli attuali 48 mesi. Inoltre, mentre la normativa prima in vigore disponeva che, decorsi inutilmente due anni dalla richiesta di acquisizione della cittadinanza per matrimonio, fosse preclusa l’emanazione del decreto di rigetto (l. n. 91/1991), ora al superamento del limite dei quattro anni la cittadinanza potrebbe essere comunque negata.
A ciò si aggiunga che, come disposto dalla circolare 2019 n. 666 del 25 gennaio 2019, il nuovo termine di 48 mesi per la definizione delle domande si applica a tutti i procedimenti in corso e non ancora definiti con un provvedimento espresso al 5 ottobre 2018, data del decreto legge.
Perciò a differenza di altre norme del decreto, quelle in tema di cittadinanza sono retroattive, cioè incidono anche sui procedimenti già avviati e, quindi, sulle legittime aspettative degli stranieri circa la conclusione dell’iter nella metà del tempo. Il decreto ha altresì previsto un limite di sei mesi, a decorrere dalla data di presentazione della richiesta, per il rilascio degli estratti e dei certificati di stato civile occorrenti ai fini del riconoscimento della cittadinanza italiana (estratti e certificati che, invece, agli italiani vengono di solito dati a vista). Infine, il provvedimento ha aumentato il contributo a carico dello stranieri per l’acquisizione della cittadinanza italiana passato da 200 a 250 euro (con 16 euro di marca da bollo).
In questi mesi i media hanno riportato diverse testimonianze di ragazzi stranieri che lamentavano la perdita di opportunità lavorative o di studio a causa dell’allungamento dei tempi previsti e della maggiore onerosità dei procedimenti per la concessione della cittadinanza. Perché, se l’ottenimento della cittadinanza non è un diritto, di certo le nuove norme sono volte a rendere la vita più difficile a chi risiede legalmente Italia, paga le tasse ed è integrato nella società italiana. In questo modo, mentre si predica l’integrazione, si crea scientemente una discriminazione nei riguardi di chi vive, studia e lavora onestamente in Italia.