In Italia abbiamo un pessimo vizio: politicizzare tutto. Il 25 aprile, le Foibe, e anche la Shoah purtroppo non sfugge alla legge dell’utilizzo dei morti a fini politici. Lo sterminio di 6 milioni di ebrei, in particolare, viene sempre più spesso piegato a interessi di parte. Senza rispetto per la Storia di chi è scomparso. Personalmente credo che tutte queste strumentalizzazioni indeboliscano la Memoria, banalizzandola. E già ne vediamo alcuni effetti. La Giornata del 27 gennaio nasce per ricordare quanto è successo agli ebrei, e possiamo vedere come da anni viene utilizzato da taluni contro gli ebrei (paragonando Israele ai nazisti e i palestinesi agli ebrei, stravolgendo la realtà di un Paese democratico come Israele dove gli arabi hanno diritti che in altre parti del Medio Oriente possono solo sognarsi).
Un paragone tanto più odioso in quanto veicola l’odio antiebraico soprattutto nel mondo islamico europeo, dove già c’è un diffuso antigiudaismo. Lo vediamo per esempio in Francia, dove oltre la metà di tutti gli atti razzisti che si verificano colpiscono la comunità ebraica, che rappresenta appena l’1 per cento della popolazione complessiva. Ricordiamo un solo dato, per capire la gravità della situazione francese: non ci sono più bimbi ebrei nelle scuole pubbliche, poiché venivano continuamente aggrediti dai loro coetanei musulmani. E ovviamente non è certo colpa dei bambini, ma di quello che sentono dai loro genitori. Se un senatore 5 Stelle evoca il libro antisemitia dei Savi di Sion sul proprio profilo Facebook la cosa fa giustamente scandalo, ma non il fatto che nel mondo arabo esiste una serie tv ispirata a quelle pagine giudeofobiche mandato in onda durante il Ramadan, momento di maggiore ascolto. Di fronte a tutto questo, nel Giorno della Memoria taluni preferiscono parlare d’altro.
Ultimamente poi si fanno spesso paragoni che tirano in ballo i migranti. Se da un lato è sbagliato paragonare i musulmani ai nuovi nazisti, è altrettanto sbagliato fare intendere che il dramma dei barconi nel Mediterraneo sia lo stesso di Auschwitz. Leonardo Sciascia diceva che se tutto è mafia, nulla è mafia. Credo lo stesso principio valga per lo sterminio scientifico e industriale di 6 milioni di persone.
Lo ha detto la stessa ex deportata Liliana Segre in una recente intervista al Corriere del Ticino: «Prima di tutto non ha niente a che fare con la nostra fuga. I paragoni sono inaccettabili perché ogni persona in fuga ha un problema. Può essere che dall’altra parte ci sia la morte, come nel nostro caso. O può essere che qualcuno vada verso una vita migliore, abbandonando posti poverissimi nella speranza di avere più fortuna da un’altra parte».
Insomma, nessuno nega il dramma né la sofferenza dei migranti. Ma se si pensa di paragonarli ad Auschwitz allora significa che non si è capito cosa è stato il nazifascismo e le vette di mostruosità raggiunte.
I soldati che vengono a prendere a casa te e tutta la tua famiglia (anziani e bambini compresi), i cospicui premi in denaro per chi denunciava gli ebrei, essere braccati, catturati, stipati in un vagone bestiame in piedi per giorni, gli esperimenti di Mengele, i forni crematori, le camere a gas, le pance delle donne ebree squarciate per uccidere anche il feto, le fucilazioni di massa, il calcolo delle calorie giornaliere per fare in modo che i deportati morissero. Tutto questo e molto altro è stata la Shoah, e se ancora si fanno paragoni significa che c’è molto da lavorare.
Eppure sembra proprio difficile che nella Giornata della Memoria si possa parlare solo di antisemitismo o delle altre minoranze perseguitate: dai Rom ai malati psichiatrici. Ogni volta c’è un nuovo argomento, un nuovo parallelo. In Svizzera addirittura un’organizzazione di insegnanti ha deciso di parlare il 27 gennaio del massacro dei nativi americani, invece che degli ebrei. Eppure non mancano le giornate Onu dedicate alle tante tragedie: curioso che lo stesso riflesso di parlare d’altro non avvenga in occasione di qualunque altra giornata. Per esempio quella Contro la Discriminazione (1 marzo), per i Diritti Umani (24 marzo), contro la Tratta degli Schiavi (25 marzo), per ricordare il Genocidio dei Tutsi in Rwanda (7 aprile), per i caduti della Seconda Guerra Mondiale (8-9 maggio), per il Bambino vittime di aggressioni (4 giugno), contro il Lavoro Minorile (12 giugno), contro la violenza sessuale nei conflitti (19 giugno), per i rifugiati (20 giugno), per le vittime di torture (26 giugno), contro la Tratta di Esseri Umani (30 luglio), per l’Aiuto Umanitario (19 agosto), per la Solidarietà con il Popolo Palestinese (29 novembre), per i Migranti (18 dicembre) o della Solidarietà Umana (20 dicembre). In nessuna di queste giornate si cerca di parlare di un argomento diverso. E dunque il dubbio viene: siamo certi che chi vuole parlare di altri argomenti proprio il Giorno della Memoria della Shoah sia davvero in buona fede?