Il suo comitato elettorale si trova nella stanza 607 del residence universitario di Santa Sofia, a pochi passi dall’università Statale di Milano dove Amir Atrous, nato in Sicilia da una coppia di tunisini, ha “reclutato” i suoi amici e compagni di studio all’università. Un team interculturale che lo ha aiutato a fare una doppia campagna elettorale rivolta sia ai maghrebini sia agli italiani nativi.
Amir ha 27 anni e sta finendo la specializzazione in Relazioni Internazionali. La sua social media manager, Jennifer Fawzi, è italoegiziana e si sta laureando in Lingue. Nella stanza ci sono, sparsi ovunque, i cartoni con le ultime lettere da imbustare e inviare prima che scatti l’ora del silenzio elettorale. Seduti chi sul letto, chi sulle sedie con le teste chine sui pc, gli studenti del suo comitato elettorale si chiedono se sia il caso di mandare anche migliaia di mail.
Dopo aver raccolto un data base piuttosto ampio, la squadra elettorale di Amir ha mandato 8 mila lettere ai capi famiglia maghrebini che hanno la cittadinanza e diritto di voto a Milano, con un testo bilingue e una traduzione in arabo in cui spiega di essere un giovane di seconda generazione e di avere a cuore le loro radici. Impegnandosi a difendere i loro valori morali (messaggio sotteso: quelli legati alla loro religione). «Il nostro sangue arabo è essenziale per lo sviluppo della nostra comunità e non un impedimento», ha scritto nella lettera nella quale ha spiegato anche come votare, nella speranza che chi non ha mai votato ora vada alle urne, perché c’è lui come candidato.
Nell’altra lettera, quella rivolta a tutti gli italiani, spiega invece di occuparsi di politica per passione, di essere militante di Forza Italia da molti anni e di essersi candidato perché crede in questo in Paese e perché, una volta arrivato a Bruxelles, vuole impegnarsi per affrontare il tema della disoccupazione giovanile. Promette di far abbassare le tasse, di garantire più sicurezza e di affrontare i temi migratori in maniera sensata.
In piedi nella sua stanza elettorale, racconta: «Non può immaginare quante persone di prima generazione siano indifferenti alla politica. Un po’ perché ancorati ai Paesi di origine, dove i governi sono regimi totalitari e quindi il voto non viene considerato un diritto, e un po’ perché sono rassegnati e non credono nel cambiamento. Non ha idea di quanti di loro erano stupefatti per aver ricevuto una lettera. Non si sentono considerati e sono molto preoccupati per il clima ostile agli immigrati».
Facendo questa campagna elettorale porta a porta mi sono reso conto di quanto sia enorme il bacino elettorale per noi giovani di seconda generazione. E noi che siamo nati in Italia rappresentiamo delle figure ponte per facilitare l’integrazione di tutte le generazioni.
Mentre parliamo arrivano dei “rider”: compagni di studio di tutte le nazionalità che recapitano le lettere. Amir Atrous ha uno spiccato senso del marketing e spera, indipendentemente dall’esito della sua campagna, di raccogliere un numero di preferenze significative per costruire una squadra che gli sarà utile in futuro per portare avanti la sua passione politica.
«Vorrei poter costituire un dipartimento per le Nuove Generazioni», ci anticipa mentre uno studente somalo che sta studiando Medicina all’università Statale di Milano annuisce. E a guardarli, si percepisce che loro hanno le idee chiare sul futuro della società italiana e dei cambiamenti in corso grazie all’aumento, anche qualitativo, dei nuovi cittadini.
Amir Atrous non sembra avere idee molto diverse dai suoi avversari politici: flussi migratori da accogliere e governare in modo organizzato, senza ricorrere al populismo. Ius culturae per chi è nato e cresciuto qui per favorire l’integrazione. E una politica estera che permetta all’Italia di essere più inserita nel contesto europeo e meno isolata.
Insomma, il candidato alle europee di Forza Italia usa con disinvoltura linguaggi diversi e differenzia i messaggi, a seconda dell’interlocutore. È andato nelle moschee, dove si è presentato come un giovane che difenderà l’integrità della famiglia e dei valori islamici, nelle piazze e nei mercati dove invece ha spiegato di essere sensibile al problema della sicurezza. Nei due diversi bacini elettorali ha trovato un fattore comune, che li lega: il lavoro. O meglio, il desiderio di un lavoro.
Vada come vada, una cosa è certa. Amir Atrous, raccogliendo intorno a sé molti nuovi cittadini, ha fatto un esperimento pilota di marketing elettorale. E dopo aver parlato con diversi candidati fra i nuovi italiani, una cosa è chiara: dalla destra moderata alla sinistra, i giovani cittadini vogliono essere protagonisti e guardano al futuro. I sondaggisti prendano appunti perché, piaccia o meno, dovranno farci i conti. In senso letterale.